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Gli indici

Borsa, ottava settimana negativa, flessione nella manifattura e nei servizi

Terna e Mediobanca migliori titoli degli ultimi 7 giorni, male per Iveco Group, Stmicroelectronics e Stellantis

Ottava settimana negativa per gli tutti gli indici in una settimana che ha visto diversi dati macroeconomici negativi. Il FTSE MIB lascia sul campo l’1,2%, il FTSE ITALIA STAR l’1,4% e il FTSE ITALIA GROWTH l’1,3%.

Dati negativi dicevamo, a cominciare dai PMI dell’Europa di luglio, che evidenziano una flessione nella componente manifatturiera e in quella dei servizi e indicano la fatica dell’economia a riprendere slancio, soprattutto nei settori manifatturieri.

Positiva (se vogliamo anche troppo) la prima lettura del PIL degli Stati Uniti del 2024, crescita a sorpresa del 2,8% (2% le attese degli analisti e 1,4% la crescita del 1Q24). I dati rendono più difficile la vita della Fed: difficile infatti sostenere una riduzione dei tassi di interesse se l’economia continua a marciare a questi ritmi. Contrastanti invece i diversi PMI di luglio dove, a fronte di una ulteriore crescita dei servizi, si evidenzia un’ulteriore una debolezza dei settori manifatturieri il cui indice PMI è sceso sotto la soglia dei 50 punti che indica recessione.

Tra i tre migliori titoli della settimana troviamo due utilities, settore che i gestori cominciano a riconsiderare man mano che si avvicina l’ulteriore taglio del tassi della BCE.

Miglior titolo della settimana, Terna che guadagna il 3,9% grazie alla crescita del risultati del 1H24: i ricavi sono cresciuti del 18,1% a 1,75 miliardi di euro, l’Ebitda è crescito del 23,4% a 1,25 miliardi di euro e l’utile netto di gruppo è cresciuto del 32,4% a 544,8 milioni di euro.

Seconda posizione per Mediobanca che guadagna il 3,6% nonostante la sostanziale assenza di notizie. Rumors di mercato danno Mediobanca quale regista di possibili operazioni nel settore del risparmio gestito. Con un guadagno del 3,5% Erg è il terzo miglior titolo della settimana. Al mercato continua a piacerel’impegno della società nella generazione e distribuzione di energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso i segmenti eolico, solare, termoelettrico.

Peggior titolo della settimana Iveco Group, che lascia sul campo il 20,7%. Al mercato non sono piaciuti i risultati del 2Q24 che ha visto una flessione del 5% dei ricavi a 3,92 miliardi di euro (-5,8% quelli industriali), nonostante si siano rivelati migliori rispetto alle attese degli analisti. Ebit adjusted in flessione del 5,4% a 295 milioni di euro, ma utile netto in crescita dell’8% a 162 milioni di euro.

Secondo peggior titolo Stmicroelectronics (-17,4%), dopo la comunicazione del risultati del 2Q24 che ha visto una flessione del 6,7% dei ricavi a 3,2 miliardi di dollari, del profitto lordo del 10,2% a 1,29 miliardi di dollari e dell’utile netto del 31,2% a 353 milioni di dollari.

Male la settimana anche per Stellantis che perde il 13,2%. Anche in questo caso la causa sono stati i risultati che hanno visto i ricavi del 1H24 scendere del 14% a 85 miliardi di euro, l’Ebit adjusted del 40% a 14,1 miliardi di euro l’utile netto del 48,2% a 5,65 miliardi di euro. Inoltre, il flusso di cassa disponibile industriale del 1H24 è stato negativo per 392 milioni di euro, penalizzato anche dal capitale circolante negativo e da maggiori investimenti.

La discussione che continua a tenere banco negli Stati Uniti, tra le altre, è l’aumento dei salari medi, pari ad aprile al 4,9% che non è compatibile con l’obiettivo di inflazione del 2% stabilito dalla Fed. Nella variazione dei salari occorre tuttavia tenere conto dell’aumento di produttività, passato ma soprattutto atteso.

Per quanto riguarda il passato, nell’analisi seguente faremo riferimento a due periodi diversi. Mentre per il futuro c’è da chiedersi se il massiccio uso dell’AI sia effettivamente in grado di aumentare la produttività  nel medio e lungo periodo. Ma perché è importante cercare di capire se la produttività è in fase crescente.

Perché se questa aumenta è probabile che la Fed possa accettare un incremento dei salari superiore (anche se non di tanto) rispetto all’inflazione (il gap sarebbe colmato dall’incremento della produttività).

L’aumento reale dei salari stimolerebbe i consumi e per questa via sosterrebbe il PIL. Ma anche i profitti delle aziende tenderebbero ad aumentare, sostenendo gli indici delle Borse. Se tuttavia guardiamo al passato notiamo come negli ultimi quindici anni, nonostante le innovazioni tecnologiche e organizzative, la produttività del lavoro misurata come valore aggiunto per ora lavorata, sia diminuita.

Questo rallentamento è stato particolarmente netto nel settore manifatturiero, che storicamente è stato un settore leader nel guidare la produttività dell'economia statunitense aggregata. Ciò che rende questo rallentamento particolarmente sconcertante è il fatto che la produzione rappresenta la maggior parte della spesa per ricerca e sviluppo degli Stati Uniti. Nonostante diversi studi recenti, molto resta ancora da scoprire sulla natura di questo rallentamento. Oggi vorremmo indagare più da vicino il rallentamento della produttività, che sembra essere pervasivo in tutti i settori e in tutte le aziende di varie
dimensioni.

La produttività del lavoro del settore manifatturiero statunitense dal 1987 al 2007, in base ai dati di settore del Bureau of Labor Statistics è mediamente aumentata del 3,4%, mentre risulta in flessione dello 0,5% dal 2010 al 2022, il che implica un rallentamento di 3,9 punti percentuali l’anno.

Una prima naturale domanda è se questo rallentamento derivi da un graduale spostamento della produzione verso settori manifatturieri sottoperformanti o se il rallentamento si stia verificando; interno di ciascun settore manifatturiero. Dai risultati di diverse analisi risulta che il rallentamento si verifica sia nei settori a più rapida crescita che in quelli a crescita più lenta.

Quando valutiamo i quattro settori a più rapida crescita in termini di produttività del lavoro dal 1987 al 2007 (computer ed elettronica, fabbriche tessili, attrezzature per il trasporto e apparecchiature elettriche), notiamo come questi mostrino una crescita della prudittività del 6,5% tra il 1987 e il 2007, ma una flessione del -0,6% dal 2010 al 2022 nel periodo successivo.

Pertanto, la maggior parte delle industrie manifatturiere, anche quelle che hanno mostrato guadagni di produttività stellari negli anni, hanno subìto un rallentamento sostenuto dopo la grande recessione. Questo fatto è particolarmente sconcertante alla luce dell’adozione diffusa di macchinari e robot di automazione, dal quale sarebbe lecito aspettarsi un aumento della produttività del lavoro.

Come sappiamo, uno dei principali fattori trainanti la produttività del lavoro è la quantità di capitale produttivo disponibile per ogni lavoratore impiegato in ogni settore. Il calo della produttività del lavoro manifatturiero è un sottoprodotto di investimenti di capitale potenzialmente più deboli nel settore? Per indagare questa questione, esaminiamo le tendenze della produttività totale dei fattori (TFP) manifatturiera, che è una misura della produttività del lavoro che va oltre ciò che può essere spiegato dalla
quantità e dalla qualità del capitale e dalla qualità del lavoro. Se il rallentamento della produttività del lavoro è guidato solo da investimenti di capitale deboli, allora la TFP dovrebbe comunque crescere.

Diverse analisi evidenziano come tra il 1987 e il 2022, troviamo ancora un netto contrasto tra i tassi di crescita osservati nel TFP prima e dopo la grande recessione. La crescita media annua del TFP scende dall’1,4% dal 1987-2007 allo 0,1% dal 2010-22.
Molte delle spiegazioni proposte per il rallentamento della produttività indicano un aumento della concentrazione all’interno del settore e l’emergere di aziende superstar. Ad esempio, una teoria si concentra su un divario di produttività tra le aziende di frontiera e la maggior parte delle altre aziende.

L’idea è che, mentre le aziende leader continuano a innovare e crescere in produttività e dimensioni, la maggior parte delle aziende rimanenti è caduta in una stagnazione della produttività. Il divario tra le aziende leader e quelle ritardatarie alla fine mina gli incentivi delle aziende di frontiera a continuare a sostenere una rapida crescita della produttività, poiché le prospettive di concorrenza delle altre aziende svaniscono a causa della loro stagnazione.

Finora abbiamo misurato la produttività del lavoro come valore aggiunto prodotto per ora lavorata. Così facendo osserviamo tuttavia solo l’output a livello di impresa in termini di fatturato (una misura dell’output lordo anziché del valore aggiunto) e gli input di lavoro a livello di impresa in termini di numero di lavoratori.

L’analisi evidenzia che anche le tendenze della produttività del lavoro manifatturiero in base all’output lordo per lavoratore rispecchiano da vicino quelle trovate utilizzando il valore aggiunto per ora.

Le aziende leader sembrano aver avuto un ruolo più importante nel boom della produttività degli anni ’90. Per queste aziende, la crescita media della produttività del lavoro nel periodo 1987-2007 è stata del +3,7%, mentre le aziende follower hanno registrato una crescita del +2,9% nello stesso periodo. Dal 2010 al 2022, sia le aziende leader che le aziende follower hanno tuttavia registrato cali della produttività.

Le aziende leader mostrano un tasso di crescita medio del -0,5% nel secondo periodo, una riduzione di 4,2 punti percentuali, mentre le aziende follower hanno registrato una crescita del -1,3%, con una riduzione di 4,2 punti percentuali. Pertanto, il rallentamento della produttività sembra essere un fenomeno ampio che colpisce tutti i settori e tutte le aziende in ciascun settore.
Il rallentamento della produttività del lavoro nel settore manifatturiero è uno dei problemi più importanti a lungo termine negli Stati Uniti che continua a lasciare perplessi economisti e decisori politici. Questa dinamica è comune a tutti i settori e le aziende, persino i settori in più rapida crescita e le aziende più grandi stanno sperimentando il rallentamento. Spetta agli accademici e ai decisori politici chiarire il mistero sui fattori alla base dell’onnipresente rallentamento della produttività.

 

Generico luglio 2024
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