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Al teatro donizetti

“Ci vuole orecchio”, ma anche cuore per interpretare Jannacci

Elio omaggia un artista che ama e che conosce molto bene. Il pubblico bergamasco applaude generosamente

Bergamo. “Jannacci, arrenditi, sei circondato, vieni fuori dall’edificio e rientra nel sistema…”

Inizia così, con Elio al megafono che intima al geniaccio milanese di tornare tre le righe, lo spettacolo “Ci vuole orecchio” che ha debuttato nel 2021 con la regia di Giorgio Gallione, direttore del Teatro dell’Archivolto di Genova che ha già portato in scena, tra le altre cose, Snaporaz di Fellini, Borges, Bukowski con Haber, Crozza e Il Grigio di Gaber e Luporini (proprio con Elio).

“Se vieni fuori con le mani alzate Evitiamo un inutile spargimento di sangue Jannacci, non abbiamo neanche il tuo gruppo” (sanguigno, ndr). La citazione è tratta da uno splendido album del 1977 “Secondo te…Che gusto c’è?” ed è un inizio azzeccato che permette subito a Elio di togliere qualsiasi ambiguità: quello che porta in scena non è una brutta copia di un concerto del cantautore milanese.

Elio non è Enzo, tanto per intenderci, né tantomeno vuole esserlo. Lo spettacolo è piuttosto un omaggio sincero all’artista per il quale il cantante de Le Storie Tese ha sempre avuto una grande ammirazione. “Ne ho sentito parlare fin dalla nascita – ha dichiarato Elio in un intervista – e dalla nascita ne ho ascoltato le canzoni”.

 

Elio Jannacci Donizetti

 

Suo padre, come se non bastasse, è stato anche compagno di classe di Enzo Jannacci al liceo Berchet di Milano; ma le affinità tra i due artisti non finiscono qua. Entrambi milanesi, entrambi “di periferia”, entrambi laureati in discipline che poco hanno a che fare con la musica, ma soprattutto entrambi amanti dell’assurdo, del grottesco e dell’ironia come strumenti per raccontare situazioni, anche drammatiche, che fanno ridere e piangere insieme. O piangere dal ridere o ridere per non piangere.

Lo spettacolo è ben architettato ed Elio è supportato da una band talentuosa, giovane e variopinta, composta da Alberto Tafuri al piano, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al contrabbasso, Sophia Tomelleri al sax e il giovanissimo Giulio Tullio al trombone. Una sorta di orchestrina jazz, proprio come quelle in cui esordì Jannacci a vent’anni con degli “sconosciuti” come Tony Dall’Ara, Adriano Celentano e Giorgio Gaber.

Tra un brano e l’altro Elio propone, a modo suo, alcune letture tratte da diversi autori come Umberto Eco, Michele Serra, Cesare Zavattini o Beppe Viola mantenendo sempre uno stretto contatto con il pubblico che apprezza, ride, applaude e gioca insieme al cantante ed ai suoi musicisti coinvolti, anche a livello teatrale, nell’interpretazione di alcuni brani. Ne sono un esempio Son scioppaa o Aveva un taxi nero, tanto per citarne alcuni.

Un’ora e mezza scorre veloce ascoltando brani come Silvano, Faceva il palo, La Luna e la lampadina, ed è un peccato quando sul palco si sentono le prime note di “Quando il sipario calerà”, una sorta di canzone-testamento che ci ricorda che Enzo ci ha lasciati da quasi 11 anni e che lo spettacolo sta per volgere al termine.

Per fortuna c’è ancora tempo per un bis. Ne avremmo ascoltati volentieri anche di più, perché lo sappiamo che… “L’importante è esagerare”!.

 

Elio Jannacci Donizetti
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