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Il commento

Half time: il commento tecnico e irriverente della prima serata del Festival di Sanremo

La rubrica che dopo ogni puntata analizza senza scrupoli quanto successo durante la puntata

Ho visto l’apertura dell’edizione numero 74 del Festival Della Canzone Italiana con mia nonna. Una consuetudine utile a celebrare l’amore sconfinato nei confronti di un fenomeno culturale unico nel suo genere.

Questo è Half Time, commento tecnico e senza scrupoli a cavallo di una serata e l’altra. Riviviamo la prima con 6 pillole mica da ridere:

Primafestival: La carrellata di sponsor e le gag non funzionano, Paola e Chiara ingessate che leggono il gobbo e non guardano mai negli occhi, poi cantano un jingle dei loro. La scorsa edizione sembrava aver trovato un format degno di aprire il festivalone, quella del 2024 si smentisce. Peccato perché ce n’è bisogno. È il momento che precede la nota di prova dell’orchestra e poi la sigla. L’attimo esatto in cui si respira che si sta per cominciare.

Le conferenze stampa sono il vero format: in un periodo storico dove la “festivalizzazione degli eventi” è al centro di qualsiasi grande manifestazione anche quest’anno Sanremo si rivela una matrioska. Dentro la gara ci sono una miriade di altre attivazioni. Commerciali, giornalistiche, culturali. Quello che è certo è che il momento del mezzogiorno dedicato ai media è uno degli appuntamenti collaterali più seguiti. Tutti in attesa della domanda scomoda, a maggior ragione se chi risponde veste anche lì i panni del personaggio. Alla Rai va dato merito di aver dato vita ancora una volta ad una macchina produttiva che in Italia non ha uguali.

I brani al primo ascolto: le canzoni quest’anno quasi tutte molto simili. Un favore comprensibile a Spotify che però non pareggia la qualità complessiva dello scorso anno. I direttori d’orchestra si scambiano come i ciclisti durante le gare. I cognomi degli autori vengono ripetuti senza tentennamenti. Sembra lo scherzo di uno smemorato che gioca a farti credere che non c’è altro da sapere o ricordare. Un passo indietro?

La moda passa lo stile resta: quella italiana rappresenta uno dei linguaggi più potenti a disposizione della società. Tuttavia una felpa sul prestigioso palco dell’Ariston procura ancora non poca allergia.

Nel mezzo: I Festival belli sono quelli in cui le canzoni servono ad andare a prendersi da bere. Ibra a caso, il dramma, Mengoni a LOL, Toto Cutugno olografico si salva, la Brignone nonsense: ma quanto ci ha odiato il Direttore Artistico mentre aspettavamo che si esibissero altri 20 cantanti in gara? Si rifarà stasera. È certo.

Altri numeri: il pubblico fino ai 24 anni registra il 74% di share, un dato impressionante che conferma l’eccezionale lavoro degli ultimi 5 anni. 670.000 device unici collegati durante la serata, 1 su 2 sono utenti under 34 connessi da piccolo schermo (in questo caso da Telefono, pc o simili). Dati che si sommano alla fruizione lineare, quella sulla televisione per intenderci. Stiamo parlando di un prodotto pop di quelli che oggi se ne vedono pochi.

La forza della visione di Amadeus e Fiorello è irresistibile. Ed è la stessa che fino a qui tiene in piedi una kermesse che all’episodio di partenza si presenta più scarica delle quattro precedenti. D’altronde era Costanzo a dire che la prevedibilità equivale alla morte della tivù, noi commentatori da divano restiamo dunque in attesa di qualche colpo di scena alla Sanremo. Half time termina qui, tra poche ore si torna in campo.

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