Martinengo. In carcere a Bergamo chiede di sua figlia, 5 anni appena. “Come sta? Come sta?”. Giovedì sera, intorno alle 23.30, la piccola dormiva nella sua stanzetta. Non si sarebbe accorta di nulla, mentre nella camera da letto a fianco si stava consumando l’omicidio del papà Diego Rota, falegname di 56 anni, aggredito alle spalle e ucciso con almeno dieci coltellate (solo l’autopsia potrà stabilire con esattezza quante) tra l’addome e la gola dalla moglie Caryl Menghetti, dieci anni più giovane.
Quella mattina, il marito l’aveva accompagnata in ospedale a Treviglio in preda ad allucinazioni, frasi sconnesse e deliranti. Alcune delle quali rivolte proprie al coniuge, verso il quale aveva maturato strane e bizzarre convinzioni (temeva potesse far del male alla bimba) secondo i carabinieri del tutto prive di fondamento. L’uomo, incensurato – spiegano fonti investigative – trattava bene la moglie e nel loro passato non ci sarebbero tracce di maltrattamenti o violenze.
La donna era stata dimessa nel primo pomeriggio dal reparto di Psichiatria con una terapia farmacologica e l’indicazione di rivolgersi al medico di base. Poche ore dopo è maturato l’omicidio nell’ultima villetta in fondo a via Cascina Lombarda, una stradina affacciata su un campo a ridosso della zona industriale del paese.
A lanciare l’allarme sarebbe stata la sorella di Caryl, la stessa che la 46enne avrebbe videochiamato dopo avere ucciso il marito. Sul posto sono arrivati i carabinieri di Treviglio che hanno effettuato l’arresto e, su indicazione del pubblico ministero Laura Cocucci, posto sotto sequestro l’immobile, dove al piano di sopra alloggiano anche i genitori di lei, una coppia di giostrai.
Caryl Menghetti, originaria di Vercelli, in passato aveva aperto un’attività di estetista in via Isonzo a Romano di Lombardia, non lontano dal supermercato Conad. Attività che poi avrebbe ceduto per dedicarsi successivamente alla gestione di un chiosco all’interno del Parco Suardi a Bergamo. Qualcosa, però, non deve essere andato per il verso giusto (si parla di una revoca della licenza) ponendo fine a quell’esperienza.
La 46enne aveva già avuto problemi psichici: non risultava in cura presso alcun Cps, ma nel 2020 era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tuttavia, proprio i presunti problemi sul lavoro, a distanza di anni, avrebbero nuovamente compromesso la stabilità emotiva della donna. Fino al tragico epilogo.
L’accusa è di omicidio volontario aggravato. Ancora da fissare la data dell’interrogatorio di convalida.
Vuoi rimanere sempre aggiornato con le ultime notizie di Bergamonews? Clicca su questo link ed entra nel nostro canale Whatsapp, dove potrai ricevere le news più importanti della giornata.
commenta