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La testimonianza

Così in Tenaris l’intelligenza artificiale ha portato al top le performance e azzerato gli imprevisti

Computer vision, digital twin, macchine capaci di predire un guasto o un fermo: Vincenzo Manzoni, direttore Data Science aziendale, spiega un programma nato nel 2017 ma che affonda radici addirittura nel 2002

Dalmine. Parlare di intelligenza artificiale nel 2002 era quasi da visionari. Eppure un processo di raccolta del dato iniziato ormai 22 anni fa, in modo soltanto più analogico rispetto a quanto avviene attualmente, si è rivelato fondamentale per riuscire a garantire oggi performance in termini di produzione, qualità e sicurezza che permettono a Tenaris di mantenere ben salda la leadership globale tra i produttori e fornitori di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas.

Una quantità impressionante di numeri riguardo i processi aziendali, sintomo di una visione e programmazione a lungo termine che ha sempre messo la misurazione prima dell’azione, che i dipartimenti di automazione e IT danno “in pasto” a Vincenzo Manzoni, direttore Data Science aziendale che guida un team cresciuto rapidamente dal 2017 e che conta una decina di professionisti.

Partito dall’applicazione pratica di piccoli componenti di intelligenza artificiale è riuscito a dimostrare al top management i grandi vantaggi in termini di performance e che oggi sono stati allargati praticamente a ogni ambito: quello produttivo, ovviamente, ma anche nel campo del controllo qualità e nelle risorse umane.

“Ogni richiesta che arriva dai nostri stabilimenti viene inserita in una long list, sulla quale poi lavoriamo in termini di priorità in base all’impatto  che genera – spiega Manzoni – Quelle che riguardano la safety hanno la precedenza, poi vengono la qualità e il costo: nella nostra filosofia fare un prodotto di qualità è più importante che fare prodotti al minimo costo, anche se poi anche la minimizzazione della spesa ha la sua rilevanza”.

Nel campo dell’innovazione, infine, il prossimo passo riguarda il processo di review delle performance: “Raccogliamo tantissimi commenti sulla persona: dal supervisore, dai collaboratori, da tutti coloro che vi interagiscono. Abbiamo così una visione a 360 gradi, fatta in commenti testuali che abbiamo sempre analizzato superficialmente. Ora vogliamo sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale per arrivare allo stesso risultato”.

Sul rischio che un giorno le macchine possano sostituire le persone, Manzoni ha un’idea ben precisa: “Alcuni processi non sono sostituibili, ma gli strumenti che mettiamo a disposizione è come se dessero dei superpoteri, come quelli offerti dalla computer vision che mostra cose che altrimenti non potrebbero essere viste. Se è vero che le tecnologie miglioreranno la produttività dal 10 al 30%, potremmo arrivare al punto che ciò che prima si faceva con 10 programmatori alla fine si farà con sette”.

Vincenzo Manzoni Tenaris
Vincenzo Manzoni, direttore Data Science di Tenaris

A livello pratico sono due i casi che il direttore Data Science di Tenaris ha portato all’attenzione della platea presente alla seconda edizione degli Stati Generali della Meccatronica.

Il primo è una soluzione elaborata in seguito a un fermo impianto in Texas, causato da una perforazione iniziata nel momento sbagliato, senza che la necessaria punta fosse in posizione: “Da quell’esperienza abbiamo iniziato a dotarci di sistemi digitali che mimano o esibiscono qualità da intelligenza umana: computer vision, capacità di apprendere ed estrapolare dati, capacità di apprendere dal linguaggio. In Texas abbiamo messo in campo una soluzione di computer vision, con un sistema di osservazione sull’utensile che due volte al minuto scatta una fotografia, la invia al datacenter in Italia e attende la risposta sulla correttezza o meno della strumentazione. Il tutto avviene in circa due secondi, con un’affidabilità del 99,98%. Da quel momento in poi non abbiamo più avuto problematiche simili”.

A fare la differenza, più di algoritmi e strumenti di calcolo avanzati, è la qualità del dato: se è bassa il risultato finale sarà comunque scarso, mentre in caso contrario le performance saranno al limite dell’infallibile.

“A ogni progetto è allegato un proprio KPI, un indicatore chiave di prestazione – spiega Manzoni – I risultati che propone sono inattaccabili e ci permettono di intervenire in modo predittivo su un possibile guasto o fermo che si sta per verificare, ottimizzando anche i tempi di intervento manutentivo e minimizzando il disagio”.

Un altro esempio virtuoso rientra invece nel campo del gemello digitale, applicato al processo di fusione dell’acciaio che prevede l’utilizzo di acqua. Elemento che rappresenta l’ancora di sicurezza, ma che mai deve penetrare nel refrattario del forno: “L’analisi dei sensori che segnalano le infiltrazioni è veramente di complicata gestione per il solo occhio dell’operatore – continua Manzoni – Così abbiamo creato un gemello digitale che potesse determinare e segnalare l’anomalia: oggi basta osservare uno schermo ed è subito chiaro quando si verifica”.

Nel team oltre alla figura del data scientist si è aggiunta anche quella dello sviluppatore di interfaccia grafica, che prima veniva esternalizzato: “Ora, quindi, gestiamo tutto il processo internamente: costruiamo modelli e interfacce, addestrando l’utilizzatore finale e seguendolo nel periodo di ‘adoption’. Quando dobbiamo appoggiarci ad esterni lo facciamo con i ‘best in class’ per settore nel campo dell’infrastruttura hardware, della piattaforma che gestisce il dato e in quella software”.

Problema da non sottovalutare è la reperibilità di queste figure professionali: “Il mercato ora le richiede fortemente, al contrario di quando abbiamo iniziato noi a selezionarle nel 2017 – conclude Manzoni – Allora era davvero difficile trovare la persona con le giuste competenze. Ora il problema è l’opposto: i candidati si trovano in fretta, ma altrettanto in fretta rischi che ti vengano portati via. Noi, però, ci vantiamo di avere una retention molto alta, con solo due persone in sette anni che hanno abbandonato e solo per un completo cambio di carriera”.

 

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