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La ricorrenza

Giacomo Manzù, immenso e schivo: la sua presenza silenziosa a Bergamo video

Bergamonews, nel giorno del 115esimo anniversario della nascita, celebra uno degli artisti bergamaschi che maggiormente ha lasciato la sua impronta sul Novecento

Bergamo. Esattamente 115 anni fa, il 22 dicembre 1908, in una casa in via Sant’Alessandro nacque Giacomo Manzù, all’anagrafe Giacomo Manzoni, uno degli scultori italiani che maggiormente ha lasciato la sua impronta sul Novecento. Uno scultore sì nativo di Bergamo, ma che dovette uscire dalla città orobica per affermarsi nel panorama nazionale e la cui fama raggiunse gli angoli più remoti del continente europeo.

Nonostante l’esistenza dello scultore abbia attraversato alcune delle città più importanti della penisola, Milano e Roma su tutte, moltissime delle sue opere sono ‘nascoste’ per le vie di Bergamo, una presenza silenziosa ma persistente, un segno del tempo che rappresenta il lascito di un artista che in vita ebbe un rapporto a dir poco tormentato con la sua città natia.

Malgrado ciò la figura di Manzù rappresenta un artista figlio di una tradizione propriamente bergamasca, quella dell’artigianato di pregio; una tradizione che rappresenta l’ambiente in cui egli fin dai primi anni fu inserito e dove ricevette una solida formazione ‘di mestiere’. Per Manzù il lavoro non era nient’altro che una necessità ed esso rappresentò un fattore decisivo nell’evoluzione culturale dello scultore: “L’ispirazione per me non conta nulla, l’ispirazione è da dilettanti: quello che conta è il lavoro, tutto viene dal sacrificio”.

 

manzu bergamo

 

Quello che emerge da un’attenta analisi del personaggio e dell’arte del Manzù è una figura che, forse contrariamente alla sua volontà, incarna in sé quei valori che da secoli sono propri di Bergamo e dei bergamaschi. Tutti i mestieri che da bambino l’artista apprese nella Bergamo dei primi anni ’20 hanno indubbiamente formato la sua persona e influenzato la sua maturazione artistica.

“Io vado a lavorare tutti i giorni, esattamente come gli operai”, disse una volta in una delle rare interviste concesse ai giornalisti. Ed è proprio tramite l’abitudine al lavoro che Manzù è riuscito a nutrire le sue opere con la sua stessa vita, innestando in esse le sue speranze, sofferenze, gioie, delusioni. Per Manzù scultore ciò che realmente faceva la differenza era costruire una forma e per farlo l’artista doveva usare gli strumenti del proprio mestiere e il primo strumento non era altro che le sue stesse mani, il tramite per trasformare la natura in un’opera d’arte.

Dal Monumento al Partigiano alle sculture nel Palazzo della Provincia di via Tasso, dai Grandi Amanti nel cortile interno della GAMeC fino ad arrivare alle sue opere più sconosciute, come i disegni murali presenti nella soffitta della Basilica di Sant’Alessandro in Colonna, dove il padre, il calzolaio Angelo Manzoni, era sagrestano. Sono innumerevoli le opere di Manzù disseminate nei luoghi, anche i più nascosti, della città di Bergamo.

E dunque, piuttosto che pensare alla realizzazione di un’esposizione chiusa che contenga le sue opere, avrebbe forse più senso ideare un itinerario che si snodi attraverso la città stessa, percorrendo quei luoghi che, grazie alla presenza dei suoi capolavori, hanno acquistato i contorni di veri e propri musei a cielo aperto.

 

 

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