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L'intervista

Carne coltivata, Roberta Villa: “Polemiche premature, lo stop dell’Italia penalizza le aziende”

La Camera dei Deputati ha dato il via libera al disegno di legge che ne vieta produzione e distribuzione in Italia

C’è molta confusione sulla carne coltivata in laboratorio. Sull’argomento si è acceso un intenso dibattito tra favorevoli e contrari: da una parte, il 55% degli italiani dichiara di essere interessato all’acquisto di questo prodotto, dall’altra Coldiretti ha intrapreso una battaglia contro e la Camera dei Deputati ha dato il via libera al disegno di legge che ne vieta produzione e distribuzione in Italia.

Le notizie si sono susseguite, ma cosa sappiamo al di là delle polemiche? Abbiamo chiesto alla giornalista e divulgatrice scientifica Roberta Villa, laureata in medicina e chirurgia, di tracciare il punto della situazione.

Cosa sappiamo della carne sintetica?

Innanzitutto bisogna specificare che non si tratta di carne “sintetica” ma di carne “coltivata in laboratorio”. Questa differenza è importante perché l’aggettivo “sintetica” richiama l’idea di qualcosa di plastica, di prodotto artificialmente, mentre si tratta di carne cresciuta in laboratorio a partire da cellule naturali prelevate per lo più con una biopsia da animali. Sono cellule biologiche in nessun modo distinguibili da quelle dell’animale ucciso: si tratta di tessuti e fibre muscolari naturali a tutti gli effetti. A Singapore questo tipo di carne è autorizzata e in alcuni ristoranti si possono mangiare, per esempio bocconcini di pollo coltivati, mentre negli altri Paesi si sta svolgendo molta ricerca ma ci troviamo ancora in una fase preliminare.

A che punto siamo?

Si tratta di scenari futuri. Il punto è coltivarla in modo che si possa produrre su larga scala e non è detto che sia così semplice. Inoltre, è necessario che sia economicamente sostenibile, cioè che abbia prezzi accessibili. Per il momento la scelta di vietare la produzione e il commercio di carne coltivata in Italia non ha senso perché vieta qualcosa che ancora non si può fare e quando sarà possibile farlo sarà perché le aziende avranno chiesto l’autorizzazione all’Agenzia europea per la sicurezza alimentare e quest’ultima, dopo aver effettuato le valutazioni in merito e averne constatato la sicurezza, sottoporrà alla commissione la scelta di approvarla. Se questo dovesse accadere, non sarebbe possibile impedirne il commercio in Italia, perché all’interno dell’Unione Europa vige la libera circolazione delle merci.

Che effetti ha, quindi, lo stop varato dall’Italia?

Blocca la ricerca e impedisce alle aziende di essere competitive rispetto a quelle degli altri Paesi. Più in generale, l’enfasi e le polemiche che si sono innescate sull’argomento sono premature, perché a oggi non siamo in grado di prevedere una produzione su ampia scala tale da competere con la carne da allevamento. Anche l’eventuale minaccia rispetto a quest’ultima è relativa, perché nessuno sarà obbligato ad acquistarla: se una persona non ha problemi etici a mangiare gli animali non avrà ragioni per non continuare a farlo.

Roberta Villa

Ma perché la ricerca fa paura?

In questo caso, come in altri contesti, i timori nascono da alcune frange del mondo dell’agricoltura, in particolare della Coldiretti, che si fanno portavoce della tutela delle tradizioni ma in realtà temono che questi prodotti possano competere con la produzione nazionale. È impensabile, però, che questo possa accadere, almeno per i prossimi decenni. Dal punto di vista politico, invece, penso che sia una manovra per portare l’attenzione su temi su cui è facile ottenere consenso come appellarsi alle tradizioni, al gusto della fiorentina e a qualcosa che piace a molte persone. Al di là di tutte queste considerazioni, la coltivazione della carne in laboratorio potrebbe avere benefici sia in termini di ricerca sia di etica, perché consentirebbe di non uccidere gli animali per avere la carne. Sono possibili anche ricadute positive in chiave ambientale, anche se c’è ancora molta ricerca da fare in questa direzione. Di certo non risolverà il problema della fame nel mondo nei prossimi cinque anni, ma può avere significative potenzialità considerando l’aumento della popolazione e anche delle persone che vogliono proteggere gli animali.

Ma questa carne fa male?

Negli Stati Uniti un’azienda ha chiesto alle autorità competenti un parere per procedere con l’avvio della ricerca per produrre carne coltivata e l’ha ottenuto. In base ai dati disponibili finora non c’è ragione per preoccuparsi. Essendo coltivata in laboratorio, questa tipologia di carne viene prodotta in un contesto più sicuro, senza i rischi di contaminazione, che talvolta è possibile diano effetti anche nocivi, in cui possono incorrere gli animali.

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