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Barbata

“Picchiata, violentata e fatta abortire con un’iniezione”: a processo il compagno

La vittima è una 34enne indiana. L'imputato un suo connazionale che per un periodo è stato ospitato a casa della donna e del marito di lei

Barbata. Botte, spintoni, schiaffi, pugni, abusi sessuali e un aborto provocatole dall’iniezione di un farmaco contro la sua volontà.

La vittima è una donna indiana di 34 anni, l’imputato del processo per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale un suo connazionale di 28 anni con problemi di tossicodipendenza.

Una situazione complicata anche dalle fragilità della donna, che a dire dei testimoni che hanno deposto giovedì 12 ottobre in tribunale, soffre di depressione e periodicamente abusa di alcol.

Tutto inizia nel novembre 2019 quando a casa della donna, che conviveva con il marito e un figlio piccolo a Barbata, viene ospitato un loro connazionale, ovvero l’imputato.

È lo stesso marito della 34enne a chiederle di stare a casa a badare all’amico, assuntore di eroina, e di accompagnarlo periodicamente al Sert.

Tra la donna e l’ospite nasce un sentimento, tanto che, nonostante i dieci anni di matrimonio, lei decide di andarsene di casa con lui. O almeno questa è la versione del marito, dato che la 34enne ha dichiarato invece di essere stata cacciata di casa.

“A causa dei suoi problemi lei è stata ricoverata in psichiatria e in un paio di comunità – ha riferito l’ex marito durante il processo -. Per questo motivo il tribunale dei minori mi ha dato l’affidamento esclusivo del bambino. La mamma l’ha vista qualche volta durante gli incontri protetti con l’assistente sociale”. Anche se poi gli educatori hanno ritenuto fosse meglio sospenderli perché lei non riusciva a dare continuità.

In diverse occasioni, sempre secondo la testimonianza dell’ex, la donna lo aveva chiamato in lacrime in seguito alle botte ricevute del nuovo compagno: “Una volta mi ha fatto una videochiamata. Piangeva ed aveva la faccia piena di lividi. Diceva che lui l’aveva picchiata, come succedeva spesso”.

 

Tribunale nostre

 

Una videochiamata è arrivata anche all’assistente sociale Michelle Iorio: “Era novembre 2022. Lei era confusa, aveva delle ecchimosi sul volto e noi le abbiamo detto di chiamare il 112. Lei lo ha fatto ed è stata portata in pronto soccorso mentre noi abbiamo chiamato i carabinieri”, ha riferito durante la sua deposizione.

L’episodio dell’aborto risale all’8 agosto 2020. Secondo quanto riferito dall’assistente sociale, quando la donna ha scoperto di essere incinta e l’ha comunicato al compagno, entrambi erano d’accordo rispetto all’interruzione della gravidanza. Così avevano raggiunto l’ospedale, “ma prima di entrare nella struttura, lui si era allontanato per acquistare della droga, così lei era tornata a casa – ha dichiarato Iorio -. Qui, secondo quanto ci ha raccontato, il compagno e la sorella di lui l’hanno presa e, contro la sua volontà, le hanno iniettato un farmaco per farla abortire”. Infatti nel giro di poco la donna si è sentita male, con dolori lancinanti al ventre e vomito. Mentre lei si trovava in queste condizioni, secondo l’accusa lui continuava ad assumere eroina.

Nonostante le precarie condizioni della 34enne dovute all’aborto subito, dopo qualche giorno il compagno l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali.

Nella prossima udienza, fissata per il 26 ottobre, saranno chiamate a testimoniare la vittima e sua madre, che la sta momentaneamente ospitando in casa sua a Verolavecchia, in provincia di Brescia.

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