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Lettere

Il ritiro

Caro Gigi, per tutti noi portieri sarai sempre un mito

In occasione del ritiro di Gianluigi Buffon pubblichiamo un emozionante omaggio all'enorme influenza di uno dei più grandi portieri della storia del calcio

Caro Gigi, avevo otto anni quando per la prima volta ho indossato dei guanti da portiere e ho difeso la porta di un campo da calcio in una partita “vera”.

Non ero nient’altro che un bambino, un bambino che non aveva ancora idea di cosa quei guanti e quel ruolo avrebbero significato per lui negli anni a venire.

Ne avevo ancora meno – solamente sei – quando in una calda serata del luglio 2006 a Berlino l’Italia vinse il Mondiale per la quarta volta nella sua storia. Nonostante la giovane età ricordo distintamente quella partita: ero andato dai miei zii per vedere la finale insieme ai cugini, una finale che si sarebbe poi rivelata per gli italiani l’evento calcistico per eccellenza nel primo decennio del ventunesimo secolo.

E di quell’infinita partita ho ancora oggi davanti agli occhi un preciso momento. Minuto 104, il secondo tempo supplementare è ormai agli sgoccioli e la partita si sta incanalando senza pretese verso i calci di rigore. Sagnol si sposta la palla e mette in area un cross che sembra poter essere facilmente respinto da Rino Gattuso. Il centrocampista del Milan salta ma non riesce ad arrivare sul pallone, che spiove indisturbato sulla testa di Zinedine Zidane che con forza lo indirizza verso la porta.

Un colpo di testa potente, una di quelle situazioni in cui chi colpisce la palla potrebbe iniziare ad esultare senza guardare l’effettivo esito dell’azione. E invece no. Grazie ad un riflesso straordinario Gianluigi Buffon tira fuori il pallone dalla linea di porta, compiendo una delle parate più belle e decisive mai viste su un campo da calcio, secondo il mio modesto parere.

Rimasi folgorato.

L’Italia il Mondiale del 2006 lo ha vinto in quell’istante. Lo dice la faccia incredula di Zidane, la disperazione di Trezeguet (che pur doveva essere abituato ai miracoli di Gigi).

Da quel giorno nella mia testa si inculcò un unico obiettivo: diventare un portiere e difendere la porta con tutto me stesso esattamente come Gigi con la nazionale. E così fu per migliaia di altri bambini del nostro paese. Un’influenza collettiva che solo i campioni – quelli veri – possono vantare come parte integrante del loro successo sportivo. Dall’estate 2006 sono ormai passati 17 anni e io ancora difendo quella porta come fosse il primo giorno. E poco importa se lo faccio sui campi di Seconda Categoria e non su quelli di Serie A, o se non giocherò mai un mondiale: la mia vita da ormai 15 anni è segnata dall’impegno che ogni stagione rinnovo nei confronti di una squadra sì, ma anche di me stesso.

Un modo di essere che ebbe origine il 9 luglio 2006 grazie a te Gigi e che è maturato negli anni grazie alla tua memorabile carriera: giocatore più presente nella storia della Serie A con 657 partite; primatista di presenze nella storia della nazionale italiana con 176 gettoni; un mondiale, dieci campionati italiani, una Coppa Uefa, sei volte campione in Coppa Italia e sette volte in Supercoppa Italiana. Una miriade di premi individuali a certificare la tua unicità. Il secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro 2006, miglior piazzamento per un estremo difensore dalla vittoria di Lev Yashin nel 1963 (a pari merito con il secondo posto di Dino Zoff nel 1973).

Come hai scritto sul tuo profilo Instagram annunciando il ritiro dal calcio, “Mi hai dato tutto. Ti ho dato tutto. Abbiamo vinto insieme”. Nessun’altra parola sarebbe risuonata più adatta di queste. Per una volta devo però contraddirti caro Gigi: davanti a queste parole hai infatti inserito una semplice annotazione, “Finisce qua”. No Gigi, non finisce qua. Il tuo lascito continuerà ad essere vivo in ogni portiere che hai segnato con la tua straordinaria carriera e non ho dubbi nell’affermare che anche tra cent’anni il tuo nome possiederà i contorni del leggendario e del mito.

Buon ritiro Gigi, chapeau.

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