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L'intervista

Alessio Boni apre la nuova stagione di prosa al Donizetti: “Fiero di essere bergamasco” video

Dal 12 al 18 dicembre 2023 andrà in scena Iliade. “Il gioco degli dèi”, progetto di cui è principale artefice l'attore bergamasco, che per l'occasione veste anche i panni di regista

Bergamo. “Cantami o Diva, del Pelide Achille, l’ira funesta…”. Uno degli incipit più famosi nella storia della letteratura segnerà l’inizio della Stagione dei Teatri 2023/2024 promossa dalla Fondazione Teatro Donizetti e diretta da Maria Grazia Panigada.

L’avvio, che sarà nel solco di un importante nazionale inserita nelle iniziative speciali legate a “Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023”, porterà sul palco Alessio Boni, celebre attore bergamasco questa volta anche nei panni di regista insieme a Roberto Aldorasi e Marcello Prayer (anche loro nel doppio ruolo di attori e registi).

Iliade. “Il gioco degli dèi”, questo il titolo dello spettacolo (di cui ne firmano la drammaturgia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Francesco Niccolini e Marcello Prayer), è un allestimento prodotto dalla compagnia Nuovo Teatro insieme alle Fondazioni Teatro della Toscana e Teatro Donizetti.

Sarà un ritorno a Bergamo in grande stile quello di Alessio Boni, ogni volta acclamato dal pubblico: “È un onore per me aprire questa stagione, frutto di un lavoro certosino e di qualità. Anche per questo sono fiero di essere bergamasco”, commenta l’attore. La sua missione non è banale: riportare all’antica gloria le divinità dell’Olimpo.

“Sono causa di tutto, ma non hanno colpa di nulla – dice Boni – capricciosi, vendicativi, disumani: sono gli dèi immortali, e la loro commedia è la tragedia degli uomini, da sempre. Da un po’ di tempo però qualcosa è cambiato: sono diventati pallidi, immagini sbiadite dell’antico splendore, hanno perso i loro poteri e non sanno spiegarsi né come né quando sia iniziato il loro tramonto”.

E allora è arrivato il momento di riportarli nel sacro tempio del teatro perché l’Iliade non deve essere un ricordo, ormai impolverato, del liceo abbandonato su una libreria, ma una storia viva, capace di emozionarci e portarci lontano.

Alessio, perché l’Iliade?

Vogliamo riempire il teatro di giovani. L’Iliade ha tutte le carte in regola per garantire questo risultato. La storia parte con la peste. La guerra di Troia incombe ormai da dieci anni e gli dèi si divertono a tirare le fila della vita degli uomini, che affascinati dalla spada e dalla gloria sono spinti alle distruzioni. Gli dèi moderni sono gli oligarchi, ad esempio, coloro che determinano i destini dei giovani. Ecco la storia che si ripete! A primo acchito l’Iliade sembra una grande esaltazione della guerra. In realtà ci sono dei momenti di grazia e pace, come quando Andromaca supplica Ettore di non Partire. Questo è il messaggio che vogliamo condividere: possiamo essere tutti portatori di pace, se lo vogliamo.

Come arriverete a questo messaggio?

Il nostro lavoro è tutto in divenire. Stiamo definendo il cast, un grande impegno. Io sono onorato di poter aprire la nuova stagione di prosa della Fondazione Teatro Donizetti e di poter essere parte di Bergamo Brescia Capitale della Cultura italiana 2023. Più vado avanti e più ho Bergamo nel cuore.

Ricorda la prima sul palco del Teatro Donizetti?

Sì. Venni a Bergamo grazie allo spettacolo “Il dio della carneficina” con la Regia di Roberto Andò, accanto a Silvio Orlando, Anna Bonaiuto, Michela Cescon. Fu un’emozione meravigliosa. Da tanti anni non abitavo più a Bergamo, la mia vita era a Roma. Ho avuto un’accoglienza, dal palco vedevo le persone fino alla piccionaia applaudire. Mi sono reso conto che la gente era fiera di vedere un attore bergamasco in giro per i teatri italiani. Non c’è presunzione in quello che sto dicendo. Eravamo soliti vivere il momento degli applausi insieme sul palco, io, Silvio, Anna e Michela. Ad un certo punto Silvio Orlandi mi spinse al centro e ci fu un boato di applausi. All’ingresso artisti la gente mi abbracciava, mi stringeva le mani. Mi ricorderò quel momento per sempre.

L’accoglienza dei bergamaschi è così da allora?

Sì. I bergamaschi, me compreso, sono rigidi, nel momento in cui si aprono mostrano un cuore immenso. Sanno essere calorosi. Non esalto per esaltare: è davvero così. I bergamaschi sono portatori di valori oggi diventati importantissimi. Sono fiero di essere nato qui.

Anche la Fondazione Teatro Donizetti è affezionata a lei. Lei come spiega il successo della stagione dei teatri?

Perché Maria Grazia Panigada e tutto lo staff fanno bene il loro lavoro. Gli spettacoli vengono scelti oculatamente a seconda della qualità del progetto, del personaggio, della regia e anche dei titoli. È una stagione attenta, un fiore all’occhiello. Per arrivare a un programma di questo livello ci sono mesi di lavoro, per educare il pubblico alla qualità. Perché andare a teatro serve se alla fine sei una persona migliore di quando sei entrato. La passione delle persone che lavorano qui, dalla direttrice artistica alle maschere, ti ingloba. Paolo Genovese, Nerì Marcorè, Massimo Popolizio, Franco Branciaroli. Ricordo che la prima volta che vidi in questo teatro Branciaroli pensai: “io qui non ci salirò mai”. Invece è la quarta il Donizetti mi ospita.

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