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Il convegno

Un italiano su tre acquisterebbe alimenti che contengono insetti commestibili

È quanto emerso da “Insect Food e Consumatori”, la più recente indagine sul tema realizzata dall’Università degli Studi di Bergamo e presentata questa mattina durante un convegno sul tema andato in scena presso il Dipartimento di Scienze Aziendali

Bergamo. Un italiano su tre è propenso ad acquistare alimenti che contengono insetti commestibili. La maggior parte di loro lo farebbe per soddisfare la propria curiosità e per sperimentare alimenti innovativi. È quanto emerso da “Insect Food e Consumatori”, la più recente indagine sul tema realizzata dall’Università degli Studi di Bergamo e presentata questa mattina durante un convegno sul tema andato in scena presso il Dipartimento di Scienze Aziendali.

L’indagine sfata falsi miti e apre importanti riflessioni. Con l’entrata in vigore nel 2018 della normativa Europea (Reg UE 2015/2283) che legittima il consumo degli insetti e la loro appartenenza alla categoria di “Novel Food” – con la conseguente possibilità di allevare e introdurre sul mercato tali insetti e le farine derivate -, infatti, il settore è cresciuto notevolmente. E si stima possa farlo ancora: in Europa, in particolare, il valore di mercato del novel food si appresta a triplicare, passando da 82 milioni di dollari del 2018 ai 261 milioni previsti nel 2023, aprendo importanti opportunità per le aziende.

Il settore degli insetti raggiungerà entro il 2030 oltre 30 mila impiegati full time: un’opportunità interessante per la filiera made in Italy, dunque. L’indagine è stata condotta su un campione di 1170 individui. In base alle risposte ottenute, risulta che il 9% degli intervistati sarebbe “altamente propenso” a consumare insect food e il 21% “mediamente propenso”, mentre il restante 70% si dichiara poco propenso. La ricerca ha individuato quattro gruppi omogenei per caratteristiche sociodemografiche, comportamentali e psicologiche: “progressisti”, “inconvincibili”, “edonisti” e “follower”.

Gli “edonisti” (15% del totale degli intervistati), in particolare, sono tra i più aperti all’acquisto. Sono soprattutto uomini, fino ai 25 anni d’età, per lo più onnivori, con un livello di istruzione media e una vita attiva. Altrettanto interessati all’insect food sono i “progressisti” (18%): persone over 40, equamente divise tra uomini e donne, per lo più liberi professionisti e imprenditori ed un livello di scolarizzazione universitario. I meno interessati all’insect food sono gli “inconvincibili” e i “follower”.

Gli “inconvincibili” (33%), composti soprattutto da donne, tra i 18 e 25 anni, con un livello di istruzione medio-alto, sono onnivori e non hanno avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti. I secondi, ovvero i “follower” (33%), sono rappresentati soprattutto da donne, over 26, con istruzione intermedia e sedentarie. Interessati alla salubrità e alla dimensione etica degli alimenti acquistati, non vogliono variare i loro consumi alimentari. Dall’analisi emerge che chi ha già sperimentato alimenti a base di insetti risulta più incline a ripetere l’esperienza. Più in generale, sono gli uomini quelli maggiormente inclini alla possibilità di acquistare cibi a base di insetti ““Insect Food e Consumatori” è la prima indagine che offre una profilazione degli italiani sul tema, rappresentando un riferimento importante per tutto il settore. Questo è solo il primo passo per indagare un mercato molto promettente per il futuro: condurremo altri studi al riguardo”, ha spiegato Riccardo Valesi, ricercatore del Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli Studi di Bergamo.

“Il cibo non è solo un prodotto di consumo, ma ha la caratteristica innata di saper abbracciare al suo interno gli elementi della storia, della cultura, del territorio e della salute – ha osservato Giovanni Malanchini, consigliere della Regione Lombardia, intervenuto all’evento di presentazione odierno – Sono convinto che il modello alimentare italiano e lombardo vada promosso: a livello mondiale è il più sano. Lo studio che viene presentato apre a nuove valutazioni, che meritano attenzione, rispetto a quel dinamismo innovativo che è intrinseco alle culture e ai territori, e che ha tra le sue espressioni quella del cibo”.

“I risultati dell’indagine sono un riferimento utilissimo per tutto il comparto – ha dichiarato Steven Barbosa, Public Affairs Manager di IPIFF -. Si prevede che questo mercato possa arrivare a produrre circa 260.000 tonnellate entro il 2030, è fondamentale quindi capire quali sono le percezioni dei possibili consumatori e su quali falsi miti dover lavorare”.

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