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Al teatro sociale

“Perlasca. Il coraggio di dire no”: storia di un Giusto e della sua forza

Uno spettacolo sul libero arbitrio che ricorda, ancora una volta, la bellezza di scegliere il bene. Soprattutto quando è più difficile

Bergamo. Difficile trovare una data migliore in cui regalare al pubblico bergamasco una storia tanto folgorante e così splendidamente rappresentata: lo sa bene Maria Grazia Panigada, direttrice artistica della stagione di prosa del Donizetti, che non lascia nulla al caso e invita Alessandro Albertin a portare al Teatro Sociale il suo – e di Michela Ottolini – Perlasca.

“Il coraggio di dire no” proprio il 6 marzo, in occasione della Giornata europea dei Giusti. D’altronde, “Giusto” è l’appellativo che meglio presenta Giorgio Perlasca: un uomo come tanti, con le paure dei più e un coraggio di pochi. Egli è un commerciante italiano – di Maserà di Padova, per la precisione – che nel 1944, nel pieno del secondo conflitto mondiale, si trova a Budapest e lì disegna il proprio destino.

Colpevole di non aderire alla Repubblica di Salò, e per questo nel mirino delle SS, trova una possibilità di fuga in una lettera di Francisco Franco, ricevuta anni prima in seguito al suo servizio come volontario nella guerra civile spagnola, e si presenta presso l’Ambasciata di Spagna nella capitale ungherese.

Diventa così Jorge Perlasca e, a dispetto di quanto avrebbe probabilmente fatto chiunque, da quel momento si mette a servizio dell’ambasciatore, impegnandosi a proteggere quanti più ebrei possibile. Conosce la paura e l’affronta a viso aperto, senza mai tirarsi indietro. Anzi: assume perfino il ruolo di console e porta avanti la sua missione con una convinzione e un entusiasmo inarrestabili.

Riesce a salvare la vita a 5200 persone. Cinquemiladuecento bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne le cui storie vanno a unirsi nella sincera commozione di due ebrei ungheresi che diversi anni dopo, esattamente nel 1988, lo cercano ovunque, lo trovano e ne raccontano le imprese.

Perché Perlasca, alla fine del conflitto, era tornato in Italia e mai aveva parlato delle sue gesta. Conosceva il potere del silenzio e del bene fatto senza urlarlo. Sapeva che il dolore ha bisogno delle parole giuste e che alcune cose viaggiano al riparo degli sguardi, ché per tutto c’è il giusto momento.

“Perlasca. Il coraggio di dire no”, ancor più che una storia tra le tante della Shoah, è uno spettacolo sul libero arbitrio. E ci ricorda, ancora una volta, la bellezza di scegliere il bene. Anche quando è più difficile. Soprattutto quando è più difficile.

Lo fa attraverso l’impeccabile interpretazione di Albertin che presta la sua voce a sedici personaggi diversi e cambia accenti, velocità di dizione, movimenti ed espressioni per rendere al meglio differenti storie e personalità.

Alla fine della rappresentazione, poche parole rimbombano nel teatro: “Jorge, muchas gracias”, scandisce Albertin nella commozione generale. “Giorgio, grazie mille”. Per essere stato tanto coraggioso; per tutte le persone a cui hai regalato una nuova vita; per aver creduto nella bellezza e aver cambiato il mondo di qualcuno. Di certo, hai migliorato il nostro.

Un attimo di silenzio prima dell’esplosione, incontrollata, di un applauso fragoroso: di fronte alla forza di certe storie, non si può restare indifferenti. E una risposta così importante sembra – e sicuramente lo è – il miglior modo di salutare la 250esima replica di uno spettacolo immenso.

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