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L'intervista

Via d’Amelio, la nipote di Borsellino: “Celebrando il trentennale si porta avanti l’eredità di mio zio”

Veronica e la sua memoria ricostruita attraverso i racconti di nonna Rita: "Il cavallino a dondolo e le sigarette tolte dalla sua bocca da mamma Cecilia"

E mentre il sindaco Giorgio Gori twitta il suo ricordo personale nel giorno dei 30 anni della strage di via d’Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, chiedendo di conoscere una verità mai nota, Valentina Corrao, figlia di Cecilia Fiore e nipote di Rita Borsellino apre il cassetto dei ricordi sulla figura di suo zio.

“Ho 22 anni e non ho avuto la fortuna di conoscere mio zio di persona, ma ho avuto la possibilità di costruirmi una mia memoria personale grazie ai tanti, tantissimi racconti che mi ha fatto mia nonna e le persone che, ogni giorno, si sedevano a tavola con noi. L’eredità enorme che mi hanno lasciato è la figura dell’uomo, prima ancora che del magistrato amato e stimato da tutti che ha sacrificato la sua vita in nome degli ideali in cui credeva. Ideali che, in realtà, lui stesso ci ha insegnato essere di tutti, non solo del servitore dello Stato”.

Lei ha più volte dichiarato che, quando era bambina, preferiva farsi raccontare da sua nonna Rita gli aneddoti di vita su suo zio piuttosto che le favole.

Sì, è vero. Non avevo ovviamente nessuna memoria di mio zio e sentivo attorno a me parlare continuamente di lui. Volevo capire e conoscere e volevo, soprattutto, riuscire a commuovermi, come facevano gli altri, al suo ricordo. Così, come si fa con un film, mi sono costruita una memoria fatta di immagini e di pensieri, frutto del ricordo di altri. Volevo poter sentire sulla mia pelle i suoi ideali, quelli della giustizia, della morale, dell’etica che hanno sempre accompagnato il suo lavoro, volevo poter provare un senso di attaccamento alla sua persona e riuscire a legarmi a lui per vivere con la sua stessa intensità quel grande senso di responsabilità che ha sempre accompagnato le sue azioni.

Il racconto che mi è stato fatto è sempre stato semplice, come del resto semplici erano le parole che usavano lui e mia nonna: un insieme di aneddoti che non hanno fatto altro che accrescere in me il sentimento di speranza che accomuna tutti e che poi è il grande filo conduttore dell’esistenza del cittadino, e non solo di chi ha avuto la fortuna di far parte della nostra famiglia.

Ci sono dei ricordi che le sono rimasti nel cuore più di altri?

Sì, due in particolare: uno frutto del racconto di mia nonna e uno di mia mamma. Il primo ricorda mio zio da piccolo, quando trascorreva le sue giornate in Sicilia. Lui aveva un cavallino a dondolo e si divertiva facendo delle palline con la mollica del pane e infilandole dietro la fessura. A forza di metterle dentro, il pane raffermo prendeva un cattivo odore e lui finiva per essere prima scoperto e poi sgridato. Questo episodio, per quanto banale possa sembrare, in realtà non fa altro che raccontare di un bambino normale, come tutti gli altri, probabilmente un’immagine lontanissima dall’uomo che poi è diventato. E il secondo, invece, è di mia mamma che mi raccontava sempre di essere l’unica ad avere facoltà di poter togliere dalla bocca la sigaretta di zio Paolo e spegnergliela.

Cosa vuol dire per lei celebrare il trentennale della morte di Borsellino?

Vuol dire continuare a portare avanti l’eredità di mio zio e di mia nonna. Vuol dire continuare a impegnarmi, ogni giorno, per trasmettere alla gente i grandi valori che fatto grande la figura di un uomo che ha sacrificato la sua vita per il bene dello Stato. Vuol dire continuare a colorare via d’Amelio, esattamente come faceva nonna. Lei mi raccontava sempre di avere nella sua testa l’immagine fissa della via tutta pregna di fumo, di ricordarla completamente grigia e nera, ovviamente a causa del fumo e delle fiamme dopo l’esplosione. E la sua opera di testimonianza l’ha portata proprio a lavorare con i bambini per colorarla anche di sorrisi e risate, oltre che di murales e dipinti sui muri.

Oggi tornare sul luogo della strage e non vederla, non trovarla, mi fa commuovere. Lei era donna eccezionale, estremamente forte, che, soprattutto a nostri occhi, non si è mai vedere debole. Anche quando ci andavamo insieme, in via d’Amelio e magari lei era impegnata a fare qualche intervista, ci cercava con lo sguardo e ci sorrideva. Ecco, oggi quel sorriso mi manca come l’aria. Ma al tempo stesso mi dà una grande forza, quella di continuare a raccontare di lei e di mio zio, di essere veicolo per tramandare la memoria di un uomo che ha fatto la storia del suo Paese.

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