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Nel triennio 2023-2025

Dal Pnrr 650 milioni di euro per il Servizio civile: “Opportunità per 2mila giovani bergamaschi”

Parla Claudio Di Blasi, presidente dell'Associazione Mosaico: "Il problema storico del Servizio civile era il reperimento fondi, così viene stabilizzato per almeno tre anni"

Bergamo. Seicentocinquanta milioni in tre anni. È una cifra importantissima quella stanziata nel Pnrr per il potenziamento del Servizio civile universale (Scu), il programma che dal 2001 permette a migliaia di giovani tra i 18 e i 28 anni di lavorare per un anno negli enti locali ricevendo uno stipendio mensile di 440 euro versato dallo Stato.

Sono circa 400 gli enti nel nostro Paese che si occupano di gestire progetti e risorse umane all’interno del Scu. Tra questi, il punto di riferimento nel nord Italia e anche a Bergamo è l’associazione Mosaico, che grazie ai fondi potrà ora garantire l’esperienza di Scu per i prossimi tre anni a circa 15 mila ragazzi in tutta la Lombardia su un totale nazionale di 150 mila posizioni. Tra Bergamo e provincia, nel triennio 2023-2025 i giovani coinvolti potrebbero arrivare a 2000.

Per il Scu è un investimento determinante, come spiega il presidente di Mosaico, Claudio Di Blasi: “Il problema storico del Servizio civile universale era il reperimento dei fondi. Ogni anno il governo con la legge di Bilancio decideva quanti fondi destinare al Scu e quindi il numero di ragazzi ma soprattutto di ragazze, dato che il Scu è un’esperienza al 70% femminile, che potevano fare questa esperienza variava. Era un po’ come stare sulle montagne russe. Con il Pnrr si è riusciti a trovare una soluzione stabilizzando il Servizio, almeno per i prossimi tre anni”.

Le risorse ci sono, ma a delle condizioni ben specifiche. Per essere inserito nel Pnrr, il Servizio civile deve impegnarsi a rispettarne delle missioni. Il Scu rientra infatti nella Missione 1 (Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura) e nella Missione 5 (Inclusione e coesione): “L’Ue guarda al sodo – continua di Blasi -. Bisognerà dimostrare che il Servizio civile è uno strumento che favorisce l’occupazione dei giovani e delle donne e che facilita l’accesso agli strumenti informatici per le fasce più deboli della popolazione”.

Uno dei progetti innovativi che partirà quest’anno è proprio quello del Servizio civile digitale, che potrà contare su uno stanziamento su misura di 60 milioni di euro in tre anni: “A giugno dell’anno scorso abbiamo aderito a questo programma sperimentale e abbiamo ottenuto un massimo di venti posizioni. A luglio faremo partire i primi 18/20 ragazzi per il loro anno di servizio, di cui una decina a Bergamo”.

Nel concreto i ragazzi opereranno come facilitatori digitali “in sportelli appositi in enti locali e del terzo settore dove accompagneranno i cittadini che più hanno difficoltà ad approcciarsi alla tecnologia, ad esempio insegnando a creare lo Spid, e faranno educazione e formazione digitale rivolta alla popolazione”. Nonostante sia una novità il progetto si è rivelato da subito attraente: “Solo a Bergamo sono arrivate il triplo delle candidature. Su 10 posti disponibili abbiamo ricevuto una trentina di domande”.

Le risorse del Pnrr permetteranno di potenziare il Scu con altri due programmi sperimentali oltre a quello sulla digitalizzazione. “Uno, che partirà quest’anno e vedrà insieme diversi comuni e il Parco regionale dei colli, sarà sulla sostenibilità ambientale. A settembre poi verrà avviato il Servizio civile sportivo che si inserisce nel contesto delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026. Lo scopo è favorire tra le nuove generazioni un approccio allo sport basato sui valori olimpici”.

I volontari del Scu sono impegnati in quasi tutti i settori del mondo professionale, anche se quelli prevalenti sono la cultura e i servizi alla persona: biblioteche, università, musei, enti di cooperazione internazionale ma anche asili nido, scuole materne, rsa. Ma in base a cosa i ragazzi scelgono un determinato percorso? “Da parte dei giovani c’è minore tendenza a impegnarsi su settori come la cura degli anziani e dei disabili, ma non è una questione etica. I ragazzi scelgono il Servizio civile non solo perché vogliono aiutare il prossimo, ma perché lo vedono come una possibilità di operare, di mettere alla prova quello che hanno studiato in ambiti complessi per poi spendere l’esperienza nel mondo professionale. È un valore aggiunto nel mercato del lavoro”.

A dirlo sono i dati: “Ogni anno facciamo uno studio sul ritorno occupazionale dei ragazzi. I rimandi che abbiamo da ormai cinque anni di analisi sono molto positivi. Su 100 ragazzi il 60 per cento dice di aver trovato un posto di lavoro soddisfacente entro quattro mesi dal termine del Servizio”. Per i ragazzi è una possibilità di lavorare in serenità e con una prospettiva: “Lavorare in un ambiente stabile è il presupposto per lavorare bene. Significa dare ai giovani una prospettiva sicura, di operare non nel raggio di tre o quattro mesi ma di un anno, in cui possono investire su loro stessi”.

Ma i benefici non sono solo dal lato professionale ed economico. L’esperienza del Servizio civile fa bene anche alla società. “Avere dei giovani che per un anno si trovano a operare all’interno di un comune ad esempio, la base della nostra società, significa che i ragazzi capiscono il valore di quell’istituzione. Capiscono quanto servono le cooperative sociali, le rsa, le organizzazioni di volontariato. È quella che viene chiamata ‘cittadinanza attiva’, io preferisco parlare di presa di coscienza”.

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