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Il parere

Bergamo, la preside del Natta: “Posticipare il rientro a scuola di 15 giorni? Assurdo e pericoloso”

Maria Amodeo non firma l'appello alla Dad e si domanda: "Chi può ragionevolmente pensare che gli studenti non continuino a rischiare il contagio fuori dalle aule?"

Bergamo. “Scrivo per poter dare voce a quei colleghi che condividono la necessità del normale rientro in classe tra il 7 e il 10 gennaio. Scrivo anche per quei colleghi che, come me, hanno giudicato la raccolta firme dei dirigenti scolastici sul posticipo di ulteriori 15 giorni assurda quanto pericolosa”.

Maria Amodeo, preside dell’Istituto Giulio Natta di Bergamo, ha scritto una lunga riflessione pubblicata sul sito Orizzonte Scuola, specializzato appunto in tematiche riguardanti il mondo della scuola.

“Chi – si legge – può ragionevolmente pensare che tra 15 giorni la curva pandemica si sia appiattita tanto da poter rientrare senza le stesse misure di cautela e sicurezza introdotte dal Governo con l’ultimo Decreto? Chi può ragionevolmente pensare che gli studenti, in Dad, non continuino a rischiare il contagio fuori dalle aule? Tutti siamo d’accordo, perché ne abbiamo potuto verificare i dati, che i giovani a scuola sono più protetti che in qualsiasi altro contesto, anche familiare, e ciò per la cura nelle azioni di prevenzione e sicurezza che a scuola sono garantite”.

Ritornare in Dad, secondo la preside dell’istituto bergamasco, “è una iattura. Soprattutto dopo che con gran fatica stiamo cercando di ricostituire le routine educative e formative per giovani e bambini sempre più fragili e disorientati”.

Ai 2000 e più colleghi che hanno firmato chiede: “Cosa è più temibile? Una, due classi in Dad per 10 giorni o l’incognita delle conseguenze di bambini ed adolescenti che per 15 giorni saranno costretti ad una vita sospesa tra scuola chiusa e tutto il resto disponibile e aperto? Non sarebbe un’ingiustizia sociale? Quali potranno essere le conseguenze prevedibili anche sulla curva pandemica? Per non parlare del disagio che dovranno affrontare le famiglie e dei conseguenti danni sociali causati dalla necessaria cura parentale”.

Infine, una riflessione: “Ricordo, prima di tutto a me stessa, che il nostro lavoro non si riduce alla soluzione delle incombenze organizzative, certo faticose ma diuturne, come sono le sostituzioni e la riorganizzazione oraria quando i docenti assenti non sono sostituibili. Il nostro lavoro, quello più edificante, quello per il quale vale continuare ad insistere è tenere la barra del timone a scuola ben salda e guardare con speranza ai ragazzi, alle famiglie, alla comunità, alla società”.

E ancora: “Cari colleghi firmatari, spero ricordiate quando un anno fa a fronte della seconda chiusura totale ci si appellasse unanimi e compatti al fare ‘come la Francia’ che aveva deciso, nonostante il lockdown di mantenere le scuole (dei piccoli e dei grandi) aperte. Adesso che ciò e possibile e tutte le attività produttive e dei servizi restano aperte chiediamo la chiusura delle scuole? Non vi appare un paradosso? Di quale prevenzione parliamo e di quale principio di cura della nostra società? Grazie colleghi per aver ascoltato anche la voce più pacata, perché riflessiva, dei non firmatari di un appello ingiusto per noi, per le nostre ragazze, i nostri ragazzi e per tutto il nostro Paese”.

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