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Devis dori

“Quella volta a Bergamo le parole di Gino Strada mi convinsero a impegnarmi per Emergency”

Il parlamentare bergamasco di Articolo Uno ricorda Gino Strada raccontando di quando fu ospite a Bergamo nel 2002

Devis Dori, parlamentare bergamasco di Articolo Uno, ricorda Gino Strada raccontando di quando fu ospite a Bergamo nel 2002 e di quelle parole da lui pronunciate che lo convinsero a impegnarsi per Emergency

Quella volta di Gino Strada a Bergamo. Al cinema Conca Verde di Longuelo. C’ero anch’io quella sera di fine estate 2002.

Ricordo la sala piena, anzi pienissima. Non c’era un posto libero, anche i gradini erano tutti occupati, tanti ragazzi seduti per terra. In molti aspettavano nell’ingresso e anche all’esterno, sotto il porticato e per strada, sperando un po’ alla volta di riuscire a entrare e a sentire una parte del suo intervento.

Sono sicuro che tutti (centinaia) i partecipanti ricordano quella sera. Erano presenti tantissimi giovani.

La sua forza dirompente, il suo messaggio, che era un impegno a non stare indifferenti a guardare la storia passarci davanti.

Quella serata mi convinse a dare una mano, come volontario, a Emergency, nella mia ultima fase di studi universitari.

Ricordo le domeniche mattina assieme ad altri ragazzi ad allestire i banchetti in piazza. Vendere anche solo qualche spilla e due libri era motivo di orgoglio, perché c’era la consapevolezza che quei pochi euro sarebbero stati utili per curare qualcuno dall’altra parte del mondo. Partecipai anche ai banchetti Emergency durante la fiera del Libro sul Sentierone. E poi la grande manifestazione per la pace a Roma.

Ho anche raccolto le firme dei cittadini per la proposta di legge di iniziativa popolare lanciata da Emergency nell’ambito della Campagna ‘Fermiamo la guerra, firmiamo la pace’.

Successivamente, nella mia esperienza da insegnante ho cercato di spiegare a tanti studenti chi era Gino Strada, quali attività svolgeva Emergency, cosa erano i “Pappagalli verdi” e perché le guerre, anche se apparentemente lontane, ci riguardano.

La forza di Gino stava nella sua credibilità, perché lui quelle cose non le diceva soltanto, ma le faceva.
Per questo motivo dava fastidio alla politica.

Il suo era un messaggio rivoluzionario, perché rivoluzionaria è la nostra Costituzione (art. 11).

Era accusato di essere un utopista, ma non può essere ritenuta un’utopia chiedere di diventare più umani e di non guardare gli altri come nemici.

Quando parlava di quei bambini vittime delle mine antiuomo, non si poteva restare indifferenti, indirizzando ogni sforzo per costruire la pace e non per alimentare la guerra.

L’ho sempre visto come un ‘santo laico’, nella sua capacità di vedere in ogni essere umano il valore assoluto della vita.

Gli ho sempre invidiato quel suo modo di parlare un po’ “incazzato”, ma costruttivo.

È però triste vedere come questi vent’anni sono stati buttati via. Finanziamo ancora Paesi che trattengono in veri e propri lager persone che scappano per disperazione dai loro Paesi.

Con la pandemia ci siamo raccontati che saremmo diventati ‘migliori’ e invece ci facciamo la guerra l’un l’altro, quando l’unico nemico è il virus e l’arma migliore sono i vaccini.

Gino Strada ci mancherà. Tanto. Mancherà a chi ha il desiderio di continuare a imparare. Perché lui è stato un ‘maestro’: ha insegnato che l’individualismo ci sta distruggendo e che dobbiamo tornare a sentirci una comunità. Perché il destino degli altri coinvolge anche il nostro destino.

A Gino Strada va un profondo ringraziamento sia per quello che ha fatto sia per quello che ha seminato. E i fiori nascono anche nei posti più impensati: sta a noi trovarli. Ci riusciremo solo guardando al di là del nostro piccolo orticello. Come ha fatto lui.

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