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La storia

Mariagrazia Capello, premiata da Mattarella: “Io, il Covid e 400 telefonate al giorno al call center Ats”

L'infermiera neo Cavaliere del lavoro: “Dedico questa onorificenza a tutti i colleghi che abbiamo perso sul campo”

“Sentivo che nelle case c’era la paura, l’angoscia, la morte. Cercavo di capire chi c’era dall’altra parte del telefono, quale storia, quali dilemmi. Il mio compito era dare informazioni nel modo più comprensibile possibile. Valutare i sintomi, suggerire cosa fare, chi chiamare. A volte rassicuravo, altre, più spesso, dovevo esortare a chiamare il 112. Tante delle persone con cui ho parlato sono morte, spazzate via come foglie al vento. Il Covid-19 è stata una tempesta che ci ha travolti. Tutti.”

Mariagrazia Capello, 57 anni, di Bergamo, è coordinatrice infermieristica in ATS Bergamo. Fa parte di quel gruppo di donne e uomini della nostra terra il cui nome è stato scritto accanto al titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana dal Presidente Sergio Mattarella. Un’onorificenza nata più di un secolo fa, ad inizio Novecento, per riconoscere e valorizzare i protagonisti del mondo del lavoro che si sono distinti per spirito di iniziativa, coraggio e intelligenza imprenditoriale.

Un’esperienza nella sanità di quasi quarant’anni, Capello si è occupata di cura delle persone, assistenza domiciliare, pratiche palliative fino all’organizzazione e controllo di processi e servizi. Prima dell’emergenza faceva parte del Nucleo Operativo di Controllo (NOC), che si occupa della valutazione dell’appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni da parte delle strutture accreditate e convenzionate. Con l’avvio del call center di ATS per dare supporto durante l’emergenza sanitaria, le è stato chiesto di mettersi in gioco, e lei non si è sottratta. “Ho capito subito che avrei dovuto dare oltre il cento per cento. Chiamavano centinaia di persone, giovani e meno giovani. Eravamo sommersi. Tutti con sintomi Covid-19 che cercavano un tampone che a quel tempo veniva fatto solo con il ricovero in ospedale. Non ce n’erano. Ma non era nemmeno chiaro contro cosa stavamo lottando, e con quali armi era meglio farlo. Ci abbiamo messo tutta la forza, l’impegno e il cuore che potevamo”.

mariagrazia capello

Centinaia di telefonate, fino a quattrocento al giorno. “Figli che piangevano disperati perché avevano entrambi i genitori con sintomi Covid-19 e non sapevano che fare, come farli prendere in carico al 112 che in piena emergenza faceva fatica a star dietro alle chiamate. Persone fragili spaventate anche dalla solitudine, provate dall’isolamento. Tra le tante, una non la dimenticherò mai. Era di una donna, del sud Italia e senza parenti in città che aveva perso nel giro di pochi mesi la figlia disabile, la sorella e il marito. Il Covid-19 aveva sterminato la sua famiglia. Era sola. Straziata dal dolore. Non si dava pace all’idea di non poter vedere il feretro del marito, per salutarlo un’ultima volta. Per non fare impazzire questa donna dovevo organizzare il modo di farglielo fare. L’ho richiamata. Per me è stato importante.”.

Poi, gli amici, la famiglia, i conoscenti che chiedevano aiuto. “Per settimane non ho più visto i miei genitori anziani, i miei nipoti, i miei fratelli. Mi sono isolata da subito. Il mio compito era quello.”.

Mariagrazia Capello è molto conosciuta nel mondo del volontariato della nostra città, sempre pronta ad aiutare chi ha bisogno. Infermiera per vocazione, la sua è una vera missione. Questa onorificenza è il giusto riconoscimento per una vita spesa con generosità ed autentica passione per le persone.

“Ricevo questo titolo con tanta gratitudine. Lo vivo come il riconoscimento per il lavoro di tutti gli operatori sanitari che non si sono risparmiati per far fronte all’emergenza. Eravamo al fronte, ma non ci sentivamo soli. Tra colleghi ci siamo stretti in un’umana, straordinaria solidarietà che ci ha sorretti, ci ha reso più forti. Sono nate belle relazioni di amicizia, stima reciproca. È con tutti loro, colleghe e colleghi, che voglio condividere questo riconoscimento”.
Personale sanitario, infermieri e medici non sono stati risparmiati dalla pandemia. “Il mio pensiero va a tutti coloro che abbiamo perso sul campo: a loro dedico questo cavalierato”.

Dal call center alla campagna vaccinale. Mariagrazia Capello ora è tra quanti portano l’anelato siero alle persone più fragili, a domicilio. Su e giù per la provincia di Bergamo, dalla montagna ai laghi alla pianura, senza risparmiarsi. “Nei quindici minuti di sorveglianza che seguono alla somministrazione del vaccino si scambiano opinioni, preoccupazioni, auspici. Il nostro territorio è stato colpito in modo violentissimo, il dolore è vivo. Ma ho trovato anche tanta speranza e fiducia nel futuro. Da qui dobbiamo ripartire. Curando le nostre ferite, prendendoci a cuore i nostri anziani, chi è rimasto solo, chi ha bisogno di aiuto. Ho incontrato anche tanti giovani medici specializzandi che hanno dedicato anima e corpo in questa “battaglia” epica, anche loro sono un segno tangibile di speranza. Dobbiamo ripartire da qui. Dobbiamo ripartire da noi, dalla nostra comunità.”.

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