In dieci anni il numero totale di imprese attive iscritte al registro imprese della Camera di commercio di Bergamo lascia sul campo oltre 3 mila imprese, 3.177 per la precisione, passando in valore assoluto da 86.921 della fine del 2011 a 83.744 del 31 dicembre 2020.
La perdita più significativa nel 2013, l’anno in cui si sono perse oltre 500 imprese in un colpo solo.
Dalla manifattura ai servizi: il trend dell’economia bergamasca si conferma nei numeri. Se le imprese attive del settore manifatturiero registrano un calo passando dal 37,7% al 33,7%, quelle dei servizi crescono di oltre quattro punti percentuali dal 33,7% al 38,1%.
Nel settore terziario l’incremento più rilevante è quello dei servizi alle imprese (dal 15,6% al 18,1%) e alla persona (dal 6,9% al 7,9%). Lieve crescita per le imprese attive nell’alloggio e ristorazione (dal 6,2% al 6,9%), così come nella finanza e assicurazioni (dal 2,3% al 2,8%) mentre sostanziale stabilità per quelle del trasporto (2,5% del totale).
Stabile il settore del commercio intorno al 22,5% all’inizio e alla fine del periodo e il settore primario –agricoltura, pesca, allevamento, silvicultura, attività minerarie – che vale un 6% del totale.
Altra tendenza significativa delle imprese bergamasche è quella verso la concentrazione e il passaggio da forme individuali – che restano comunque le più diffuse nella nostra provincia anche nel 2020 – a società di capitali.
Il settore in cui questo processo è più chiaro è quello manifatturiero dove, in dieci anni, le società di capitale (il 33,4% del totale) sono cresciute del 6,2 % mentre le imprese individuali si sono ridotte del 3,9%, pur rappresentando il 52,7% del totale.
“Notiamo dai dati decennali del nostro Registro imprese – dichiara Carlo Mazzoleni, presidente della camera di commercio di Bergamo – un fenomeno, che procede a passo lento ma inesorabile, di concentrazione delle imprese. Le imprese individuali, oggi ancora la fetta più rilevante tra le forme giuridiche d’impresa in provincia di Bergamo, cedono lentamente il passo a forme più strutturate e solide di azienda, ossia la società di capitali. Questo fenomeno è particolarmente evidente nella manifattura. Un’altra tendenza è la terziarizzazione dell’economia, che si legge nel crescente numero di imprese appartenenti al settore dei servizi rispetto a quelle del manifatturiero”.
In agricoltura le imprese sono costituite per la stragrande maggioranza da imprese individuali, tuttavia anche qui la loro quota è scesa dall’80,5% della fine del 2011 al 76,1% del 2020. In compenso sono aumentate le società di capitale (3,8% a fine 2020) e di persone (19,3%).
Più stabile il commercio, dove le imprese individuali rappresentano il 62,8% (giù di 1,4 punti dall’inizio del decennio), le società di capitale il 20,9% (su di 4 punti), le società di persone il 15,9% (giù di 2,6 punti).
Parlando di servizi, si nota nel decennio una sostanziale costanza del peso delle imprese individuali, che a fine 2020 contano per il 51,3% (su di 0,8 punti). Le società di capitale hanno guadagnato 3 punti arrivando al 29,2%, mentre le società di persone ne hanno persi 3,7 giungendo al 16,5%.
La maggioranza delle imprese bergamasche (il 42,5%), di tutti i settori, si concentra nella classe di valore della produzione (cioè il fatturato al netto delle rimanenze di magazzino) fino a 250 mila euro. Quanto ad addetti, il 47% delle imprese attive in provincia di Bergamo ne ha uno solo.
Dove sono le imprese
Al 31 dicembre 2020 il 29,5% delle imprese attive si trova nell’area urbana di Bergamo, il 30,4% nella fascia collinare, il 24,5% in pianura e il 15,5% nella zona montana.
A guidare la classifica dei primi dieci comuni per imprese attive insediate ci sono Bergamo (16,7%) e Treviglio (3,2%).
La distribuzione territoriale delle iscrizioni segue una tendenza omogenea negli ultimi dieci anni. Le imprese iscritte nell’anno 2020 sono concentrate in pianura, che raccoglie il 35,5% del totale delle iscrizioni, contro il 31,9% dell’area urbana di Bergamo, il 19,3% della collina e il 13,2% della montagna. Analizzando il decennio, invece, il numero maggiore di imprese si è iscritto a Bergamo (con una quota che è salita dal 19,2% del 2011 al 20,15% nel 2020) e Treviglio (3,4%).
L’andamento delle cessazioni segna tendenze disomogenee in relazione all’area territoriale. L’area urbana di Bergamo ha oscillato tra il 29,7% delle cessazioni nel 2011 al 30,9% nel 2020. La montagna è variata tra il 13,8% il 14,1% con un picco di oltre il 15% nel 2016. In pianura le cessazioni sono state in aumento costante dal 2011 al 2017, quando hanno raggiunto un picco del 37%, ma nel 2020 si è avuta una decisa diminuzione (34,2%). In collina le cessazioni sono state costantemente in tendenza decrescente passando dal 21,4% del 2011 al 20,8% al 2020. I primi due comuni per numero di cessazioni sono Bergamo (segna un aumento di 2 punti dal 2011 al 2020, arrivando al 18%) e Treviglio (in lieve aumento nel 2020 con il 3,5%).
Densità imprenditoriale
I dati del registro imprese mostrano una lieve riduzione della densità imprenditoriale, ovvero del numero di imprese attive ogni 100 abitanti. Bergamo passa da 7,87 del 2012 a 7,54 del 2020, leggermente al di sotto rispetto al dato regionale anch’esso in flessione da 8,47 nel 2012 a 8,09 nel 2020.
Rispetto alla distribuzione territoriale, è la montagna che segna un maggior calo di densità (-0,5 punti) pur presentando il valore assoluto maggiore pari a oltre 7,7 imprese attive ogni 100 abitanti, seguita dalla pianura (-0,35), dall’area urbana di Bergamo (-0,22) e dalla collina (-0,43).
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