“Nelle 121 pagine del piano Colao per il rilancio del Paese non c’è alcun riferimento ai territori di montagna. Spero che la politica possa invertire questa rotta”. È amareggiato Alberto Mazzoleni, vicepresidente nazionale e regionale Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani) dopo la pubblicazione del cosiddetto “piano Colao”, pubblicato dalla task force guidata da Vittorio Colao (ex amministratore delegato di Vodafone).
Un piano da oltre cento proposte che formano la strategia messa in campo dalla squadra di esperti voluta dal governo Conte per il rilancio dell’Italia dopo il lockdown imposto dalla pandemia da Covid-19. “Colao è un manager capace, senza ombra di dubbio, ma non ha pensato per nulla ai territori di montagna e a chi ci vive – sostiene Mazzoleni, ex presidente della Comunità Montana Valle Brembana ed ora consigliere a Piazzatorre – . Nonostante le varie battaglie che abbiamo portato avanti per la tutela della montagna, questi territori sembrano essere snobbati. Servono investimenti, lo ripetiamo da tempo, ma nessuno ci ascolta”.
La montagna copre una vasta parte di territorio, ma la sua scarsa densità di popolazione sembra, ai più, uno svantaggio, la denotazione di un territorio dove non vare la pena investire, o meglio, dove non vengono investite le risorse necessarie per permettere uno sviluppo. “Negli anni ci sono stati diversi investimenti, ma non sono abbastanza. Nel dossier di strategia nazionale aree interne è previsto un investimento di fondi statali per 175 milioni di euro. Una cifra non indifferente, ma non sufficiente. Senza contare l’applicazione lenta e poco omogenea riguardo ai finanziamenti”.
Finanziamenti a macchia di leopardo, che hanno riguardato solo alcune aree, senza tener conto, ad esempio, della Valle Brembana. “Le nostre aree montane non hanno ricevuto finanziamenti: serve un piano d’investimento programmato, omogeneo, che eviti di favorire un territorio a discapito di un altro”.
La richiesta di Mazzoleni è quella di un piano di investimenti sostanziali, che permettano un futuro alle zone di montagna. “Dobbiamo puntare allo sviluppo delle infrastrutture sia di viabilità sia, soprattutto, nel campo digitale, per dare una sferzata ad ogni settore produttivo, ma anche per una pubblica amministrazione più efficiente. Serve poi una sburocratizzazione, che guardi al contenimento dei costi senza mettere a repentaglio l’efficacia del servizio pubblico. Nello stesso tempo, non bisogna smantellare i servizi di base, così da permettere alle persone di poter vivere e lavorare nello stesso ambiente, evitando la scomparsa dei piccoli centri”.
Una posizione, quella di Mazzoleni, che da vicepresidente sposa in toto la scheda presentata a Colao da Marco Bussone, presidente nazionale Uncem, martedì 9 giugno. “I piccoli Comuni, i nostri borghi, non sono solo destinazione turistica, bensì luoghi dove vivere, lavorare e innovare. Ecco perché occorrono fiscalità peculiare, riduzione dei divari digitali, attuazione della legge 158. Le nostre proposte non servono solo a loro, ma servono al Paese”.
Piccoli comuni italiani (con meno di 5mila abitanti) che sono quasi il 70% del totale, con una densità imprenditoriale di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5 e con una diffusione della Banda ultralarga con il 17,4% delle utenze servite contro una media nazionale del 66,9.
Piccoli comuni che hanno in sé anche una notevole capacità abitativa (una casa vuota su due occupate) e un potenziale per le aziende riguardo alle superfici coltivabili: con un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni, si possono ospitare 125mila nuove aziende agricole di 12 ettari ciascuna.
Senza contare la possibilità di rendere i piccoli comuni dei borghi smart dove vivere, lavorare e innovare, incrociando domanda e offerta, attraverso un patto forte con le aree urbane del Paese. Un Paese dove non possono esistere territori di serie A e serie B.
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