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La lanterna magica

“Antichrist”: quando per capire un film non basta vederlo.

Il film del 2009 di Lars Von Trier. Consigliato? Sì, ma con riserva

Ricordo che qualche anno fa, mentre stavo uscendo dal cinema dopo aver visto “Nymphomaniac” di Lars Von Trier, qualcuno alle mie spalle esclamò “il regista – e cito – è un coglione artistoide”.

Ora, sebbene questo sia forse il modo meno sofisticato ed educato per esprimersi, quella persona aveva in qualche modo centrato il punto. In effetti non è difficile capire il motivo per cui Trier possa essere considerato pretenzioso ed eccessivamente allegorico, soprattutto con Antichrist (uscito nel 2009), senz’altro la sua uscita più controversa.

Definire questo film come “indimenticabile” è di certo limitativo, sia nel bene che nel male. È un’opera dallo spessore artistico e filosofico mastodontico che, in poco più di 90 minuti, riesce a colpire chiunque nel subconscio, facendosi strada, minuto dopo minuto, nelle paure più profonde dello spettatore. È un film che stupirà e farà infuriare in egual misura e che, soprattutto, non può essere semplicemente visto, ma sentito. Di più non saprei dirvi, le emozioni precise di certo differiranno da spettatore e spettatore, ma è garantito che alla fine uscirete dal cinema in modo diverso da come ci siete entrati, nel bene e nel male.

Ma in sostanza, è solo un altro film scabroso e dall’ostentato tono onirico o è un capolavoro artistico di brillantezza cinematografica indiscussa, nonostante il sesso grafico e la violenza? Direi, in tutta onestà, la seconda.

Ma attenzione, non pensiate che io abbia adorato questo film, anzi in realtà non mi nemmeno piaciuto troppo, ma non posso non apprezzare ciò che obbiettivamente questo film è e rappresenta: un ritratto lirico dell’oscurità nell’umanità.

C’è così tanto da dire…

La fotografia è incredibile e ogni singolo fotogramma trasuda una bellezza quasi eterea, rendendo tutte le scene (sì, anche quelle di sesso esplicito e la violenza disumana) terribilmente affascinanti. Se a questo aggiungiamo poi una recitazione fenomenale di entrambi i protagonisti, chiamati semplicemente “Lui” (Willem Dafoe) e “Lei” (Charlotte Gainsbourg), è facile comprendere come tutta l’opera assuma i contorni di una vero e proprio quadro animato dal soggetto poco nitido. Dafoe interpreta in modo eccellente un marito freddo e lontano, mentre la Gainsbourg è pura perfezione in un ruolo che ricorda Isabelle Adjani in “Possession”, ossia quello della donna folle e violenta.

Durante tutto il film verranno sviscerati argomenti e questioni incredibilmente profonde riguardanti la natura e la fede umana, la spiritualità e il male in senso lato, senza disdegnare poi riferimenti biblici vari. Entrambi i personaggi risulteranno vittime della loro stessa umanità e del loro dolore, provocato dal trauma peggiore che un genitore possa vivere: la morte di un figlio.

Su questa pellicola si potrebbero spendere pagine su pagine ma preferisco fermarmi qui.

Antichrist” è difficile, impossibile negarlo, ma è proprio questo il suo punto di forza, tirare la corda sino a farla spezzare per vedere fino a che punto lo spettatore può spingersi prima di mollare per il disgusto o per lo scandalo. Io personalmente ci sono riuscito, ma con tanta fatica.

Consigliato? Sì ma con riserva. Probabilmente una delle esperienze cinematografiche più viscerali, ma dolorosamente squisite, della mia vita. Non per tutti e non adatto ad un pubblico sensibile. Le parole non bastano per descrivere a straziante e tormentosa prova di nervi che è “Antichrist”.

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