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Patrizio rota scalabrini

“L’attualità della Riforma Protestante? Un moto di speranza per la Chiesa”

Venerdì 13 gennaio, in occasione del quinto centenario della Riforma, ospite del Centro Culturale Protestante, il professor Emidio Campi dell'Università di Zurigo terrà il primo di diversi incontri per le celebrazioni di questo movimento partito con Lutero e arrivato fino ai giorni nostri. Appuntamento alle 17.30, all'Auditorium di Piazza Della Libertà per ripercorrere i passi della Riforma che modificò il panorama ecclesiastico europeo e mondiale, con l'aiuto dell'esperto di Storia della Chiesa, il quale affronterà l'origine, la storia e gli effetti di un'ideologia che prende vita dall'espressione Ecclesia Semper Reformanda.

1517 – 2017. Sono passati cinquecento anni da quel famoso 31 ottobre 1517, giorno in cui Martin Lutero, teologo e monaco agostiniano, affisse sul portone della chiesa del castello di Wittemberg le 95 tesi che portarono alla riforma del Cristianesimo Evangelico.

Così come un sasso che cade in un lago genera tante increspature, ancora oggi dobbiamo confrontarci con quelli che furono gli effetti di un movimento che nacque come voce forte di rinnovamento contro una Chiesa corrotta e adagiata su troppi privilegi.

Finito il tempo delle indulgenze conquistate dietro compenso, abbiamo avuto la fortuna di discutere questo tema caratterizzato comunque da grande attualità con Monsignor Patrizio Rota Scalabrini, delegato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso, nonché assistente ecclesiastico del Rinnovamento dello Spirito. Docente alla sede di Milano della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, insegna Introduzione, Esegesi Biblica e ebraico biblico anche al Seminario Teologico di Bergamo.

Monsignor Rota Scalabrini, iniziamo dalla frase “Ecclesia Reformata sempre Reformanda”: se non vado errando nel 1960 un teologo svizzero pubblicò un’opera legata a questa frase. Che significato ha?
“Guardi, prima di tutto mi chiami tranquillamente Don, mi sento molto più a mio agio. (ride). Per il resto ha ragione. La Riforma Evangelica nacque in un periodo molto difficile per la Chiesa, in particolare partendo dalla situazione del Concilio di Costanza, sorto nel contesto storico dello Scisma d’Occidente. Ma questa fu una riforma che, dopo la storia conosciutissima di Martin Lutero che inchiodò le tesi sulla porta della chiesa di Wittemberg, si rivolse all’istruzione biblica e alla dottrina evangelica. La frase che lei ha citato ci ricorda che il rinnovamento è fondamentale, per ognuno di noi, non solo per i protestanti. E questa idea venne giustamente ripresa dal Concilio Vaticano II, che è tutto fuorché semplice retorica latina. Noi siamo bisognosi di conversione: non può esserci fede se non c’è un moto di conversione che ci pervade. Dev’essere inoltre qualcosa che ritorna, che ci anima. Sta qui il nucleo della Riforma Evangelica, nell’atteggiamento che deve vivere questo sentimento di riforma. Poi è chiaro, si deve vedere in che direzione va, perché come saprà abbiamo avuto la Controriforma. La storia ha disegnato percorsi ramificati e diversi. Per quanto riguarda la Chiesa in particolare, Cristo chiama alla continua riforma, perché è un’Istituzione terrena che ne deve avvertire il bisogno”.

Ecco, a questo proposito quanta importanza ha avuto la Riforma e quali sono stati i suoi effetti?
“Per quanto riguarda l’Occidente c’è stato sicuramente un invito alla modernità. Bisogna ovviamente fare i conti con le varie epoche storiche. Inizialmente c’è stata questa spinta ma la Chiesa è stata recidiva: basti pensare alle brutte pagine delle Guerre di Religione, cosa che non ci fa certo onore. Di contro si è favorita però una spinta culturale ed evangelica. Ci furono effetti inoltre circa il vissuto e il rapporto coi civili, con la gente. Non fu di certo un movimento circoscritto all’ambito ecclesiastico, e sicuramente questo è un aspetto mi piace moltissimo. La Riforma fortunatamente uscì da quello che era il suo terreno naturale; anzi, ebbe diverse sfumature anche nel momento in cui si appoggiò ai politici. Non sto parlando dei soliti giochi di potere, attenzione: non so se lo sa ma a differenza di altre dottrine medievali ritenute eretiche, per esempio, la Riforma Protestante ebbe l’appoggio di molti principi che ne fecero religione di stato”.

Sappiamo che a Bergamo c’è un’importante comunità protestante: come vede dunque lei il rapporto con la Chiesa? È stato motivo di arricchimento o meno?
“Abbiamo diverse comunità protestanti: ci sono quelle legate alle chiese storiche o a quella pentecostale. Poi ci sono i membri che vengono dall’Africa o da altri regioni del mondo. Tutti portano contributi in maniera importante e differente; in particolare con quella che vanta più di due secoli (quella valdese, ndr) siamo stati in grado di camminare davvero bene. In decenni, in comunione con pastori come Salvatore Ricciardi o Janique Perrin, grazie al dialogo, al rispetto e all’ascolto reciproco, abbiamo creato un senso di riconciliazione e di condivisione. Un rapporto di concordia e confronto nel segno dell’Amore cristiano”.

Più in generale invece, a cinquecento anni dalla Riforma, come vede il mondo oggi?
“Sinceramente io non ho strumenti diversi dagli altri per darle un determinato giudizio circa questo argomento. Posso dirle però che, con l’aiuto della Sociologia e delle dottrine di pensiero, guardo il mondo con un moto di Speranza. Non posso non rifarmi a Zygmunt Bauman, tanto per citarne uno (morto il 9 gennaio scorso, proponeva un tipo di morale che voleva il consegnarsi totale dell’io al tu -ovvero del “me” all’ “altro”- ndr). Voglio rileggere la vita nell’ottica della Parola sotto la luce della Speranza. Con l’Amore rispettoso di Dio che fa crescere i propri figlie e figlie. Sappiamo che la pienezza della conciliazione è di difficile raggiungimento, ma non possiamo non vivere secondo la speranza. Chi meglio di Isaia può spiegarlo? (Isaia 2, 1-5)

Parola che Isaia, figliuolo d’Amots, ebbe in visione, relativamente a Giuda e a Gerusalemme.
Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa dell’Eterno si ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al disopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno ad esso.
Molti popoli v’accorreranno, e diranno: ‘Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; egli ci ammaestrerà intorno alle sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri’. Poiché da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola dell’Eterno.
Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi delle loro spade fabbricheranno vomeri d’aratro, e delle loro lance, roncole; una nazione non leverà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra.
O casa di Giacobbe, venite, e camminiamo alla luce dell’Eterno!”

Spero in un mondo dove i popoli camminino insieme, parlino, si ascoltino e si confrontino. Questo è il segreto della Riforma e del suo moto continuo di conversione e rinnovamento. Un sentimento comune che unisca ognuno di noi in un cammino verso la Luce”.

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