• Abbonati
L'approfondimento

Provate a leggere un tema dei vostri figli e… inorridite

Marco Cimmino, pungente insegnante, invita i genitori a dare un'occhiata ai temi dei loro ragazzi, ammesso che la scuola che frequentano li proponga ancora. Grafia a parte (e già lì è un guazzabuglio), emergerà l'analfabetismo dei giovani d'oggi.

di Marco Cimmino

Avete mai letto un tema di vostro figlio? Capisco che la cosa non sia tra le più semplici: alcuni insegnanti i temi neppure li somministrano più agli alunni. Roba antiquata, esercizio inutile: meglio un testo regolato, un bel riassuntino, delle domande su quattro righe di un romanzo.

Comunque, nel caso il pargolo avesse un professore vecchio stampo, vi è mai capitato di avere per le mani un testo prodotto in classe dal vostro erede? Nel caso, fatelo: leggetelo, levatevi questa curiosità. Magari, capirete perchè questo tipo di esercizio sia divenuto tanto obsoleto.

Per cominciare, misuratevi con la scrittura: stampatelli di fantasia, maiuscoletti e minuscoletti a casaccio, misture di corsivo e di stampatello, scarabocchi corsiveggianti, emme che sembrano enne che sembrano vi. E’ quello il primo impatto: la grafia. Un tempo, il mio venerando professore, al "Sarpi", tacciava di ‘galligrafia’ o di ‘cachigrafia’ le scritture non perfettamente chiare. Io scrivevo come un cane paralitico, quindi potete agevolmente immaginare di che contumelie mi felicitasse. Tuttavia, i miei scarabocchi, se confrontati con la scrittura della maggioranza dei liceali di oggi, sembrano un’elegantissima semionciale.

La correzione di simili garbugli di alfabeti è cosa, di per sè, gravosissima e complessa: questa è, probabilmente, la prima ragione per cui non si fanno più i temi. La didattica, spesso, sovviene teoricamente ad un’ambascia del tutto pratica. Aggiungiamoci un vuoto ortografico, sintattico, morfologico e grammaticale da paura e cominceremo ad avere un’idea di quel che significhi, ai nostri giorni, correggere uno di questi temi.

Provate a pensare ad un elaborato scritto in caratteri cuneiformi, senza rispetto per la consecutio temporum, privo di punteggiatura o, peggio, con una punteggiatura casuale, con concordanze a pera, con le maiuscole sbagliate, del tutto destituito di logica, descrittiva come narrativa: insomma, mettetevi nei panni di chi debba stilare un giudizio su di un simile pastrocchio.

Lungi da me difendere la categoria docente per partito preso: se quei ragazzi scrivono così è colpa della scuola, non di oscure congiunzioni astrali. E i pochi che scrivono bene lo fanno per merito loro e non certo perchè qualcuno ha loro insegnato la bella composizione italiana. Però, va anche detto che, il più delle volte, il professore si ritrova con una frittata già bella e fatta: se alle elementari qualcosina di grammatica e di ortografia si impara, alle medie, che sono il regno del didattichese incostruttivo, del facilismo comprensivo e del tirare a campare, che tanto è scuola dell’obbligo, quel poco imparato, per solito, si volatilizza, tra letture dei quotidiani e banalità narratologiche. Così, ha origine un peculiare scaricabarile: quello che insegna alle quinte dice che è colpa di quello delle terze, che accusa quello delle prime, che, a sua volta, risale alle medie e giù giù, fino alla materna.

Il risultato è che questi benedetti ragazzi scrivono come degli analfabeti. Non sto mica scherzando, non sto esagerando: magari sto un po’ generalizzando, ma i fenomeni si devono per forza generalizzare un tantino, altrimenti si finisce a parlare di Tizio e di Caio, anzichè di un’intera Nazione. I nostri figli commettono errori che, anche solo trent’anni fa, sarebbero costati loro la bocciatura: invece, passano.

Una volta, diciamo ai miei tempi, se alle medie si facevano errori grossolani di ortografia, si veniva additati al pubblico ludibrio: era una scuola crudele e punitiva. Infatti, ne siamo usciti tutti quanti pieni di complessi ed incapaci di farci valere nella vita. Oggi che, finalmente, si cerca di comprendere il giovanotto che scrive "l’hanno scorso", produciamo fenomeni pieni di carattere e pronti a farsi strada. E, se uno è proprio asino che più asino non si può, c’è sempre il sostegno: che, per inciso, una volta era riservato a dei casi di disabilità conclamata, mentre oggi viene esteso a tutta una serie di categorie che, in altri tempi, sarebbero state classificate semplicemente come meno portate per lo studio. Sorge il sospetto che questo proliferare degli insegnanti di sostegno sia più una scelta sindacale che una reale esigenza didattica, ma guai a dirlo!

Insomma, le braccia rubate all’agricoltura oggi non ci sono più: l’agricoltura, in compenso, ringrazia.

Ma torniamo al nostro tema: se i temi non si fanno più, in compenso si fanno le simulazioni. Prima della maturità, gli studenti svolgono uno dei temi già dati gli anni passati e, in sei ore (sei ore!), estrudono un malloppo di dimensioni imbarazzanti. Fine dei temi. Facessero i "pensierini" (chi se li ricorda i "pensierini"?) a casa, ogni settimana, magari su argomenti facili facili, sono sicuro che un po’ più di dimestichezza con la penna l’acquisterebbero. Ma la scuola non ti deve insegnare a leggere e scrivere: deve insegnarti ad esprimere le tue idee e a confrontarle con quelle degli altri.

Rimane la domanda su come si possano sapere le idee altrui senza leggerle e come si possano esprimere le proprie senza scriverle, ma tant’è: la scuola non può mica avere una risposta per tutto! Vuol dire che torneremo alla tradizione orale.

Non è questa la sede per proporre soluzioni, naturalmente: non che non ce ne siano, ma il malato è talmente terminale che ci vorrebbe un libro. Però, almeno una cosa spero di averla ottenuta: instillarvi la curiosità di leggere un temino dei vostri ragazzi. Poi, mi saprete dire…

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Viale Vittorio Emanuele, a Bergamo
Letto per voi
“Cara la mia tamarra, la tua prepotenza la prenderei a sberle”
Giardino della A. Diaz di Bergamo: lavori non in corso
Alla diaz
Primo giorno di scuola “Volevamo giardino nuovo Hanno fatto un parcheggio”
Il segretario generale della Cisl Scuola di Bergamo Vincenzo d'Acunzo
Legge di stabilità
Cisl Scuola si mobilita “Segnali troppo timidi Servono più investimenti”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI