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L'intervista

“L’analfabetismo sentimentale è il vero pericolo per i giovani di oggi”

Lo psicopedagogista Stefano Rossi terrà una conferenza a EduC.A.Land, a Torre de’ Roveri, il 27 settembre

Torre de’ Roveri. Stefano Rossi, psicopedagogista di lunga esperienza, ha dedicato la sua carriera all’educazione dei giovani, esplorando in particolare l’importanza dell’intelligenza emotiva nel contesto scolastico e familiare. Nel suo ultimo libro, “Sentimenti Maleducati”, affronta un tema sempre più attuale: come insegnare ai ragazzi a riconoscere e comprendere i propri sentimenti in un mondo che spesso trascura l’educazione affettiva. Per Rossi, l’analfabetismo sentimentale è una delle principali cause di malessere tra i giovani.

In questa intervista, Rossi spiega come l’intelligenza affettiva possa essere coltivata sia in famiglia che a scuola, proponendo un approccio educativo integrato che unisce filosofia, neuroscienze e arte. L’obiettivo è aiutare i giovani a sviluppare una maggiore consapevolezza dei propri sentimenti e delle relazioni affettive in un’epoca caratterizzata da relazioni superficiali e narcisistiche.

L’autore terrà una conferenza a Torre de’ Roveri venerdì 27 settembre, in occasione dell’inaugurazione di EduC.A.Land, un innovativo centro educativo che insegna ai bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie la sicurezza stradale, domestica e ambientale attraverso esperienze pratiche e divertenti, con l’obiettivo di formare cittadini responsabili.

Nel suo libro “Sentimenti Maleducati” parla di analfabetismo sentimentale. Cosa intende esattamente con questo concetto e quali sono le conseguenze più evidenti nei giovani d’oggi?

Per analfabetismo sentimentale intendo l’incapacità delle nuove generazioni di dare un nome a ciò che sentono. Il problema è che se non sai dare un nome a ciò che senti, provi disagio. Il cuore si riempie di “sassi” che pesano. E cosa succede? Cercherò di alleggerirmi: o scaglierò questi sassi verso qualcuno, manifestando forme di violenza, oppure verso me stesso, con autolesionismo e autodistruzione. Questo è ciò che intendo per analfabetismo sentimentale.

Lei sottolinea la differenza tra emozioni, assegnate dalla natura, e sentimenti, figli della cultura. In che modo la cultura attuale sta influenzando negativamente lo sviluppo dei sentimenti nei ragazzi?

Purtroppo, la nostra cultura ha posto in cima alla scala dei valori la felicità, ma una felicità iper individuale, centrata sull’io e non sull’altro. Di conseguenza, le relazioni diventano pericolosamente relazioni di sfruttamento, basate sul narcisismo individuale. Questa è, secondo me, la più grande minaccia del nostro tempo.

Parla di comportamenti violenti che affiorano tra i giovani. Crede che questo sia un segnale di fallimento nell’educazione emotiva e relazionale in famiglia e a scuola?

La mente adolescenziale ha bisogno di cercare se stessa nel conflitto e nella sfida con l’adulto, quindi questo è un processo naturale, seppur faticoso. Tuttavia, noto che, ad esempio, la scuola sta virando sempre più verso l’educazione digitale, dimenticando l’educazione emotiva, e questo mi preoccupa molto.

Nel suo libro suggerisce che arte, filosofia e neuroscienze possano essere strumenti utili per educare i sentimenti. Può approfondire come queste discipline possono integrarsi nel processo educativo?

Le neuroscienze ci aiutano a comprendere come funziona il cervello emotivo e come dialoga con la parte razionale. La filosofia, invece, ci invita a riflettere criticamente sui miti del nostro tempo. La psicologia ci offre una visione approfondita della nostra soggettività, mentre l’arte ci fornisce metafore per pensare e ripensare il mondo affettivo. Nel mio approccio, queste discipline diventano chiavi per offrire una lettura complessa e sfaccettata dell’educazione a livello scolastico. L’importante è fare educazione emotiva e sentimentale, e le chiavi possono essere molteplici.

Quali strumenti potrebbero adottare le scuole per promuovere l’intelligenza affettiva e insegnare ai ragazzi a gestire emozioni come l’invidia, la gelosia e il rancore?

Credo che la via delle storie, come descrivo nel libro, sia una strada efficace. Storie che contengono metafore, che a loro volta ci aiutano a capire, pensare e trasformare i sentimenti. Le storie, le metafore, sono l’unica via per fare educazione sentimentale.

A proposito di strumenti efficaci, cosa pensa del fatto che EduC.A.Land riesce a combinare il gioco con l’apprendimento di concetti cruciali come sicurezza, educazione ambientale, buone pratiche di cittadinanza e lo sviluppo di curiosità ed empatia?

Sono decisamente favorevole. Da sempre credo che il gioco sia uno strumento fondamentale per l’educazione e l’apprendimento, soprattutto per bambini e ragazzi che hanno una mente che gioca. Utilizzare il gioco significa parlare alla loro mente e al loro cuore con un linguaggio che conoscono.

Ci può spiegare meglio come questo metodo potrebbe influenzare lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi?

Il gioco è una forma di educazione esperienziale, e la forza di questa educazione sta nel fatto che coinvolge mente, corpo, emozioni e la capacità di relazionarsi con gli altri. In un mondo sempre più digitalizzato, in cui i ragazzi fanno sempre meno esperienze reali e sociali, un modello educativo basato sul gioco e sull’esperienza è sicuramente vincente.

Le sue conferenze stanno proseguendo. Può raccontarci in cosa consistono?

Parlo solitamente a genitori, educatori, insegnanti e ragazzi, utilizzando storie e narrazioni che offrano la possibilità di riflettere sul funzionamento delle emozioni e dei sentimenti. Il taglio delle mie conferenze integra più prospettive: quella delle neuroscienze, della filosofia, dell’arte e della psicopedagogia. Fornisco strumenti concreti e nuovi occhi per vedere in modo più profondo cosa si nasconde dietro i comportamenti dei ragazzi.

Alla luce degli accadimenti tragici di quest’estate, l’ultimo dei quali a Paderno Dugnano, come dovremmo porci di fronte a simili episodi e cosa dovremmo dire ai nostri ragazzi?

Credo che educare significhi saper vedere. In una società che accelera sempre di più, le funzioni base della relazione genitori-figli – lo sguardo, l’ascolto, l’abbraccio, la connessione emotiva – diventano difficili. Ciò che possiamo imparare da queste vicende è la necessità di riprenderci il tempo per stare con i nostri ragazzi, non per giudicarli, ma per condividere emozioni e pensieri con loro.

E per quanto riguarda gli educatori e gli insegnanti, come dovrebbero porsi?

La scuola deve comprendere che l’educazione emotiva e sentimentale non è un di più. Se non sai toccare il cuore dei ragazzi, non puoi aprire le loro menti. Prima di tutto, la scuola deve formare l’essere umano, prima del professionista o del tecnico. Dobbiamo restare umani, e la scuola deve nutrire e custodire questa umanità.

Per concludere, ci può parlare del Suo libro “Sentimenti Maleducati”? A chi è rivolto e quali strumenti offre?

“Sentimenti Maleducati” è un saggio rivolto a genitori, educatori e insegnanti sull’educazione affettiva. Come abbiamo detto, i sentimenti sono culturali: la mente crea la cultura, ma anche la cultura crea la mente. Se tralasciamo l’educazione sentimentale, trappole come la violenza, il bullismo, il narcisismo, l’invidia e il rancore dilagano nella nostra società e nei nostri ragazzi. Il libro offre strumenti concreti per aiutare i giovani a riflettere sulle cose della vita e dell’amore.

Stefano Rossi terrà una trentina di conferenze in tutta Italia da qui alla fine dell’anno, continuando a diffondere il suo messaggio sull’importanza dell’educazione affettiva e dell’intelligenza emotiva per genitori, educatori e ragazzi.

Il prossimo 27 settembre, Stefano Rossi sarà a Torre de’ Roveri per tenere una conferenza in occasione dell’inaugurazione di EduC.A.Land, un progetto dedicato all’apprendimento esperienziale e all’educazione affettiva. Durante l’evento, Rossi approfondirà temi cruciali come l’educazione emotiva, l’educazione empatica e l’educazione alla cooperazione, offrendo ai partecipanti chiavi di lettura e strumenti concreti per ripensare il ruolo dell’educazione con bambini e ragazzi, in un’ottica più umana e collaborativa.

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