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L'avversario

Solidità e idee chiare: Atalanta, ecco come l’Arsenal di Arteta è tornato al top

Solo tre giocatori sopra i trent'anni nella rosa, un gruppo di giocatori nel pieno della loro carriera e in enorme ascesa, guidata dal 42enne Arteta. Ecco cosa si troveranno davanti i nerazzurri

Per quanto sia vero che “andarci vicino” conta davvero soltanto a bocce in termini di risultati sportivi, nella Premier League di oggi riuscire a tenere il passo del Manchester City di Pep Guardiola è una certificazione di qualità e crescita non da poco. Certo, per vincere bisognerebbe superarlo. Ed è quello che l’Arsenal cercherà di fare quest’anno, dopo aver provato per due stagioni consecutive a strappare lo scettro ad una squadra che sembra avere un ritmo di gioco e vittorie decisamente diverso rispetto a quasi tutto il resto d’Europa.

Resta il fatto che, al netto dell’assenza di un trofeo, il primo avversario dell’Atalanta nella nuova Champions League 2024/25 è una squadra che da tempo è tornata ad esprimersi sui massimi livelli europei compiendo un percorso di crescita iniziato oltre quattro anni fa e ancora non giunto ad una conclusione. Tradotto: nel nord di Londra c’è fame di vittorie, oltre che di complimenti e traguardi avvicinati.

La svolta dell’Arsenal: l’arrivo di Arteta

Passo indietro: nel dicembre 2019, dopo l’esonero di Unai Emery - che nella stagione prima aveva raggiunto la finale di Europa League, persa con il Chelsea - la scelta della società è stata quella di puntare non su un grande nome, ma su una persona che conoscesse l’ambiente, sulle cui idee poter costruire una prospettiva, in un momento difficile come quello che viveva un club che nel 2018 dopo 22 anni aveva salutato Arsène Wenger, più che manager il vero centro di gravità del club.

Sono serviti diversi passaggi prima di riuscire a trovare un nuovo assetto societario con l’inserimento del direttore tecnico Edu, ex centrocampista, uomo chiave che ha voluto affidare la guida a Mikel Arteta. Al tempo era ‘solo’ il vice di Guardiola al City, non aveva mai allenato una squadra da capo allenatore nemmeno a livello giovanile. Dopo il ritiro dal calcio giocato nel 2016, a 34 anni, dopo un quinquennio proprio con l maglia dei Gunners, si è seduto a fianco a Pep iniziando il suo post carriera da assistente.

Una scelta forte che all’inizio non ha pagato, a parte per il doppio successo estivo FA Cup-Community Shield (la ‘supercoppa’ inglese) nel 2020. La prima stagione completa si è chiusa con un misero ottavo posto che ha messo ancora in discussione, almeno all’esterno, visto che internamente la fiducia nei confronti del tecnico basco è sempre stata massima. A ragion più che veduta. La sua è stata una piccola rivoluzione, anche nei dettagli: per sua volontà al centro sportivo di Colney c’è anche il cane Win, un dolce labrador che gira liberamente per la struttura e ha il “compito” di tenere alto il morale del gruppo.

 

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Nei giorni scorsi è arrivato anche il prolungamento di contratto fino al 2027.

L’Arsenal di oggi

Dopo il 5° posto del 2021/22 che ha lasciato ancora la squadra fuori dalla Champions League per 6 anni consecutivi, l’ultimo biennio ha riportato i Gunners anche ad avere una dimensione anche internazionale. Merito soprattutto delle idee chiare dell’allenatore, che hanno trascinato tutto l’ambiente non soltanto in campo, ma anche ad esempio sul mercato: Edu e Arteta lavorano in piena sinergia e la squadra vien costruita secondo i dettami della guida tecnica, che non ha problemi a prendere scelte forti.

Così, con l’aggiunta di pezzi estate dopo estate, si è costruita una squadra che lo scorso anno è arrivata a quota 89 punti in Premier League - a un solo punto dal record del 2004 della storica squadra degli ‘invincibili’ che chiuse senza sconfitte - seconda dietro soltanto al Manchester City (per l’appunto) perdendo soltanto una partita di campionato nel 2024 contro l’Aston Villa e soltanto altre tre in tutto l’anno, di cui due in Champions League in trasferta per 1-0.

Risultati che in questo momento pongono l’Arsenal come seconda forza della Premier League e, con la semifinale di Champions League accarezzata un anno fa (out ai quarti contro il Bayern Monaco), anche tra le squadre più pericolose in ottica europea ad oggi.

 

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Nel weekend la vittoria nel derby contro il Tottenham per 0-1: i Gunners sono secondi a 10 punti, dietro solo al City.

I punti fermi

Arteta ha dato una struttura molto chiara alla sua squadra nel corso degli anni, arrivando ad avere forse la versione più simile a quelle che sono le sue idee. A partire dal portiere: nel 2023 ha voluto David Raya, spagnolo del 1995 del Brentford, per sfruttare il suo gioco coi piedi, rinunciando a Ramsdale che era considerato un potenziale top. In difesa la coppia centrale composta dal francese Saliba (2001) e dal brasiliano Gabriel (1998) è una delle migliori al mondo, mentre sulle fasce i cambiamenti son più frequenti, anche se a destra Ben White (1997) è una certezza. A sinistra al momento è Timber (2001) il preferito, ma le alternative non mancano, a partire da Riccardo Calafiori, acquisto estivo, o altri ex “italiani” come Tomiyasu o Kiwior, senza dimenticare Zinchenko.

Il centrocampo poggia soprattutto su Declan Rice (1999), pagato oltre 100 milioni dal West Ham, mediano completo che sa anche segnare, mentre Thomas (1993) e Jorginho (1991) portano esperienza e tecnica soprattutto in fase di impostazione, ma anche di schermo, in attesa di Mikel Merino (1996) innesto estivo campione d’Europa con la Spagna, fermo per infortunio. Alla fantasia ci pensa il capitano Martin Ødegaard, mancino purissimo, norvegese classe 1998, che a Londra ha trovato la sua dimensione: un decennio fa lo aveva acquistato il Real Madrid. A Bergamo non ci sarà per infortunio.

E davanti? Insieme alla star ormai di caratura internazionale Bukayo Saka ci sono la velocità dell’italo-brasiliano Gabriel Martinelli (2001), l’imprevedibilità di Trossard (1994) e da poco anche l’esperienza di Sterling (1994), uno che al City ha fatto stagioni da trenta gol, senza dimenticare Gabriel Jesus (1997) che ha una duttilità rara. La punta è ‘atipica’, non è la star da 30 gol l’anno ma un giocatore diverso come Kai Havertz (tedesco del 1999): nato trequartista, in area tende a starci poco se non a fine azione, non ha spessore fisico ma molti centimetri (1,93 di altezza), grande senso del pressing e qualità tecniche elevatissime.

Il gioco

La base di lavoro su cui Arteta ha voluto costruire il suo Arsenal è la solidità di un 4-3-3 (che a volte diventa 4-2-3-1 per questioni di posizioni e scalate): i sopracitati Gabriel e Saliba sono una coppia mondialmente riconosciuta come una delle migliori in assoluto, tanto che lo scorso anno nessuno dei due ha mai saltato una partita importante per scelta tecnica, e anche White a destra è un irrinunciabile, come del resto anche il faro Rice in mezzo. Su questo quadrilatero si basa la fase difensiva: compattezza, linee che si stringono, ma che quando il ritmo si abbassa si allungano con il trio davanti, Havertz in particolare, a portare il pressing alto e far salire tutta la squadra.

L'attacco è soprattutto sulle spalle di Bukayo Saka, catalizzatore assoluto sulla destra: raro vedere un'azione offensiva non passare dai suoi piedi e dal suo mancino, come del resto quello di Ødegaard. Entrambi insistono sulla metà campo destra cercando il sinistro, mentre sul lato che tante volte è quello 'debole' c'è spazio per gli inserimenti senza palla. Una squadra che difende e attacca in gruppo, corre tantissimo, riparte con velocità impressionante e sa ribaltare il fronte. E che ha un'arma per fare malissimo: i calci piazzati, i corner battuti molto stretti sul portiere che sono insidiosissimi. D'altronde la fisicità non è qualcosa di cui l'Arsenal pecca. Insomma, l'Atalanta deve tenere gli occhi più che aperti.

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