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Cinema

La recensione

“Love Lies Bleeding”, desiderio e violenza sotto steroidi

Lou, scontrosa e solitaria, gestisce la palestra del padre quando nella sua vita arriva Jackie, un’ambiziosa culturista diretta a Las Vegas per inseguire il suo sogno. Le due si innamorano perdutamente, ma il loro amore le trascina in un vortice di violenza, facendole precipitare nella rete criminale della famiglia di Lou

Titolo: Love Lies Bleeding
Titolo originale: Love Lies Bleeding
Regia: Rose Glass
Paese di produzione / anno / durata: Stati Uniti, Regno Unito / 2024 / 104 min.
Sceneggiatura: Rose Glass, Weronika Tofilska
Fotografia: Ben Fordesman
Montaggio: Mark Towns
Suono: Clint Mansell
Cast: Kristen Stewart, Katy O’Brian, Ed Harris, Dave Franco, Jena Malone, Anna Baryshnikov, Keith Jardine, David DeLao, Jerry G. Angelo, Matthew Blood-Smyth, Eldon Jones, Tait Fletcher
Produzione: A24, Film4, Escape Plan Productions
Distribuzione: Lucky Red
Programmazione: Conca Verde Bergamo, Arcadia Stezzano, Treviglio Anteo SpazioCinema

Desiderio ed amore che prendono forma, attraverso corpi trasformati in maniera ipertrofica che si fanno immagine esteriore di ambizioni ed eccessi dell’individuo. Una trasformazione del corpo dovuta a mentalità, ossessione e smania è protagonista di “Love Lies Bleeding”, il nuovo film di Rose Glass al cinema dal 12 settembre.

La regista britannica, dopo il body-horror “Santa Maud”, torna a mettere in scena il desiderio (viscerale) dei corpi in un film che si muove tra generi diversi, ma che trova il punto focale in quell’ “amore che giace sanguinando” del titolo. Un titolo che si rifà ad una poesia di Christina Rossetti, ad una pièce teatrale di Don DeLillo ed anche ad un brano di Elton John, ma soprattutto ad un fiore rosso californiano che si dice possa aiutare nell’alleviare dolori e sofferenze.

Dolori e desideri che accompagnano corpo e mente dei protagonisti, chi in viaggio, chi immobile nella propria routine quotidiana. Jackie (interpretata da Katy O’Brian) è in viaggio verso Las Vegas per partecipare ad una gara di body building quando arriva in una cittadina del New Mexico. Qui trova un luogo per allenarsi, la Crater Gym, dove incontra Lou (Kristen Stewart), esile e scontrosa impiegata tuttofare, che gestisce il locale di proprietà del padre, Lou senior (un ispirato Ed Harris), gestore anche di un poligono di tiro ed invischiato in faccende criminali. Il fisico esile di Lou sopravvive in una palestra-mondo dove tutto è declinato al maschile, dalla clientela ad un rapporto con il padre sfaccettato in diversi lati oscuri, fino al cognato violento JJ (Dave Franco) che sfoga le sue frustrazioni sulla compagna Beth (Jena Malone), sorella della protagonista. L’arrivo di Jackie e la sua imponente presenza fisica provocherà una scossa in Lou, un eccesso muscolare che porterà, a sua volta, ad eccessi ossessivi e distruttivi.

Eccessi e trasformazioni dovuti a sentimenti dirompenti ma devastanti, come quello tra Jackie e Lou, capace di portare a gesti inconsulti. Un amore “sotto steroidi” (come quelli forniti da Lou a Jackie) che avranno effetto su corpo e mente della bodybuilder, trasformando la sua forza in aggressività, attraverso una metamorfosi che ricorda il cinematografico Hulk di Lou Ferrigno. Il tutto immerso nel mondo del bodybuilding degli anni Ottanta, indicati chiaramente dalle immagini televisive del crollo del Muro di Berlino. Il personaggio di Katy O’Brian rivede e ribalta il canone dell’eroe vendicatore solitario (ed anche del culto del corpo) in chiave femminile, con una forza fisica e mentale ed una volontà di decidere del proprio destino che travalica anche la legge. “Destiny is a Decision” si legge sulle pareti della Crater Gym e Jackie sembra seguirne l’insegnamento, al contrario degli abitanti della cittadina in grado solo di subire il proprio destino.

Il film si apre con l’inquadratura di un precipizio, che diventa un luogo-chiave nella trama, ma che ritorna spesso anche come simbolo. Un abisso che racconta di una mancanza di civiltà, dove sembra esistere solo la legge del più forte, dove ogni sogno sembra arenarsi (compreso quello di Jackie). In questo New Mexico in cui tutto è esasperato, il Sogno Americano viene distrutto tra le distese desertiche, luoghi di morte dove si arenano anche ambizioni e prospettive dei protagonisti. In un paesaggio eternamente immerso nel crepuscolo, lo scopo è solo quello di sopravvivere, accettando passivamente lo status quo di violenza affondata in inquadrature che riflettono marcio e sporcizia, sapori e odori, brutalità e sopraffazione. Un’immagine corporea che trova compimento nei particolari insistiti sul corpo statuario di Jackie e nei rapporti tra le due ragazze, così come nei loro atti di violenza.

Rose Glass, paradossalmente, cerca di alleggerire questa “violenza sotto steroidi” portando il film dal grottesco (vicino ai Coen) fino al territorio del monster movie, grazie al quale l’eccesso dei corpi porta ad una deformazione della realtà stessa in direzione del desiderio. Un’esasperazione eccessiva della sospensione dell’incredulità che lascia però qualche dubbio. Un’eccedenza di volontà che si materializza, un’ossessione che si fa corpo gargantuesco, una traduzione per immagini di un amore che giace sanguinando che, in una terra di sopravvivenza, non vede vincitori, ma solo vinti.

Love Lies Bleeding
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