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Arte

Art gres 671

Bergamo abbraccia Marina Abramović: “L’arte è coinvolgimento, una mostra può cambiare la vita” fotogallery video

Dal 14 settembre 2024 al 16 febbraio 2025 la mostra dedicata alla performer serba: trenta lavori per un’immersione di emozioni, che dialogano in maniera osmotica con l’ambiente circostante

Bergamo. Tutto o niente. Non esiste una via di mezzo per l’arte. Come per amore, bisogna dare se stessi e oltre. Bisogna arrivare al 150%, come ha detto Marina Abramović, perfomer di fama internazionale, sul palco di gres art 671 a Bergamo presentata dal presidente Roberto Pesenti. Lei è pronta a tutto per l’arte. Lo è ancora adesso, a 77 anni, dopo oltre mezzo secolo di carriera.

Mentre parla, oltre 700 persone ascoltano in assoluto silenzio. Del resto, non capita tutti i giorni di incontrare una leggenda. In effetti è la prima volta per l’artista a Bergamo. Anche per questo il 14 settembre 2024, rimarrà una data storica per la città: quella in cui Abramović è arrivata in città per inaugurare una mostra a lei dedicata, in esposizione sino al 16 febbraio 2025.

L’artista è entrata in sala accolta dalla platea entusiasta. È salita sul palco e ha detto: “Io amo l’Italia”, parlando in italiano. Abramović deve molto al nostro Paese. A Napoli, nel 1974, gli esordi con la performance “Rhythm 0”, tenutasi allo Studio Morra e durata sei ore.

L’occasione della presenza della performer serba a Bergamo è l’inaugurazione della mostra “Between breath and fire” presso gli spazi di gres art 671. “Ho speso 57 anni della mia vita per raggiungere uno scopo preciso: convincere i musei che la performance è arte”, ha raccontato. L’elemento più importante è il tempo, perché “è necessario essere presente”, poi l’atto performativo “rimane vivo sotto forma di ricordo”. La linea temporale non è l’unica a contare “serve creare coinvolgimento, far scaturire un’emozione”. Come un’epifania, “la performance è ovunque, può cambiare la vita”.

Ogni momento del discorso dell’artista è stato memorabile. Dalla riflessione sul fallimento, per Abramović cruciale, alla dichiarazione universale “artisti non si diventa, si nasce”. Alle fine, sono arrivate spontanee le domande del pubblico. Una ragazza, che più volte ha partecipato alle performance di Marina, ha chiesto un autografo sulla tesi di laurea, naturalmente concesso. Sono seguiti un abbraccio, e lacrime di commozioni.

Chi non ha avuto la fortuna di incontrare dal vivo Marina Abramović, potrà visitare la mostra a lei dedicata fino al 16 febbraio 2025: un viaggio oltre il tempo e lo spazio, un’esperienza immersiva oltre i limiti del corpo umano. Ecco “Between breath and fire”, ospitata gres art 671, nuovo centro per l’arte e la cultura nato dalla riqualificazione di un’ex industriale a Bergamo. Oltre 3.000 mq messi ora al servizio di una sola missione: rispondere alla domanda cosa significa essere vivi?

Per Marina Abramović essere vivi vuol dire fare arte. Non c’è confine tra l’esistenza e la performance.

L’esposizione, sapientemente curata Karol Winiarczyk, è una preziosa sintesi della carriera cinquantennale della performer, che ha rivoluzionato il mondo della performance. “Between breath and fire” è anche una riflessione sui temi che da sempre contraddistinguono la sua ricerca artistica: il respiro, il corpo, la relazione con l’altro e la morte. Dai suoi primi lavori performativi come “Lips of Thomas” e “Art Must Be Beautiful, The Artist Must Be Beautiful”, in cui l’artista sfidava i limiti fisici e psicologici del proprio corpo, alle opere più recenti, Abramović continua a esplorare i confini dell’esperienza umana.

I visitatori potranno vedere trenta lavori che dialogano in maniera osmotica con l’ambiente circostante, che comprende anche all’esterno, dove il giardino diventa teatro del paesaggio sonoro *Tree*. Qui, il canto degli uccelli si diffonde tra gli alberi, sfumando i confini tra il naturale e l’artificiale, tra realtà e finzione, creando un’atmosfera magica che conduce il visitatore a riflettere su mortalità e trascendenza.

Il cuore della mostra è l’installazione cinematografica “Seven Deaths”, un’opera dedicata alla Divina Maria Callas, figura centrale nell’immaginario di Abramović fin dalla sua adolescenza. “In quest’opera l’artista serba si trasforma in una sorta di alter ego della leggendaria soprano, reinterpretando sullo schermo sette delle tragiche e premature morti delle eroine interpretate dalla Callas – dice Winiarczyk -. Ogni morte è accompagnata da un assolo lirico che dona una forza emotiva straordinaria all’intera esperienza.

Tra le opere esposte, spicca anche “Mambo a Marienbad”, in cui Abramović danza con scarpe magnetiche su un piedistallo. “In questo caso, la mostra non è solo uno spazio di contemplazione, ma diventa un luogo di partecipazione attiva – spiega il curatore –. Il pubblico è invitato a ballare davanti alla proiezione, abbattendo così la barriera tra osservatore e artista, tra presenza e partecipazione.

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