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L'analisi

Calo dei tassi, il ritardo della BCE rimanda gli effetti sulle piccole e medie imprese

Considerato il ritardo con cui agisce la politica monetaria sull’economia reale, ci vorrà probabilmente un po’ di tempo prima di vederne gli effetti sulle piccole e medie imprese

Si chiude una settimana modesta a livello di performance, che ha visto l’uscita di importanti dati economici interessare i mercati, a cominciare dal meeting della BCE di giovedì che ha visto il secondo taglio dei tassi di 25 bps. Il FTSE MIB ha guadagnato lo 0,8% mentre più dinamiche si sono rivelate le società Star, il cui indice FTSE ITALIA STAR è cresciuto dell’1,5%. Sempre al palo le micro caps il cui indice FTSE ITALIA GROWTH è cresciuto dello 0,1% nonostante il calo dei tassi della BCE. Considerato il ritardo con cui agisce la politica monetaria sull’economia reale, ci vorrà probabilmente un po’ di tempo prima di vederne gli effetti sulle piccole e medie imprese.

Nel corso del meeting la BCE ha fornito anche le stime dell’andamento dell’economia. Stime che hanno visto la banca centrale ridurre di 0,1 punti percentuali la crescita economica e alzare di 0,1 punti percentuali l’inflazione di fondo, per gli anni dal 2024 al 2026.

Settimana che precede quella in cui sarà la Fed a decidere se cominciare a ridurre i tassi: secondo il FedWatch Tool il 100% dei trader si aspetta un taglio dei tassi. Di questi il 57% prevede 25 bps, mentre il 43% prevede 50 bps.

Generico settembre 2024

Nelle prossime settimane, man mano che ci avviciniamo alle elezioni americane, vediamo molteplici fattori che possono guidare un rialzo della volatilità dei mercati: timori di recessione degli Stati Uniti dovuta ad alcuni dati economici più deboli, nervosismo pre-elezioni negli Stati Uniti e profit-taking. Tuttavia, gli utili aziendali statunitensi si sono dimostrati resilienti e sembrano sostenere i mercati nel medio periodo. Tutti i settori hanno infatti superato le aspettative degli analisti per il secondo trimestre, determinando un ampio miglioramento dei margini di profitto. La crescita complessiva degli utili del 2Q24 dell’S&P 500 è stata del 13%, superando le aspettative di consenso del 10%.

Anche per i prossimi 12 mesi gli analisti prevedono una crescita degli utili, in particolare per i settori legati al tema dell’intelligenza artificiale. Vediamo un divario sempre più ridotto nella crescita degli utili tra le aziende tecnologiche statunitensi e il resto del mercato, anche se la tecnologia rimane ancora in testa, il che suggerisce che i rendimenti azionari statunitensi possono ancora ampliarsi. Saranno favorite le aziende di alta qualità che offrono una crescita costante degli utili e un flusso di cassa positivo.

A livello di titoli, la medaglia d’oro spetta questa settimana a Telecom Italia (+4,8%), quale effetto dei rumors che vedrebbero la graduale uscita dal capitale di Vivendi, e all’accordo con Mondo TV che ha per oggetto alcuni titoli della library e prevede una flat fee e una durata di 3 anni. Seconda posizione per Italgas (+3,8%) che beneficia della riduzione dei tassi di interesse (come gran parte delle altre utilities) ma soprattutto delle aspettative per ulteriori riduzioni. Terzo posto del Prysmian (+3%) che prosegue il programma di acquisto di azioni proprie: tra il 26 e il 30 agosto 2024 la società ha acquistato 123.630 azioni proprie, al prezzo medio ponderato di 62,34 euro per azione, per un controvalore complessivo di 7,71 milioni di euro. Al 30 agosto, la società deteneva 2.161.373 azioni proprie (comprese le 16.367.003 azioni acquistate nell’ambito della seconda tranche) pari all’1,96% del capitale.

Maggior flessione la fa segnare Stellantis (-4%) che continua a risentire del calo delle immatricolazioni in Europa che in luglio sono scese dello 0,5% YoY portando la quota di mercato del gruppo al 16,4% (dal 17,1% del luglio 2023). Secondo peggior titolo della settimana Finecobank (-3,2%) che sembra continuare la flessione a seguito dell’infodatezza dei rumors che vedevano Zurich interessata a rilevare la società. Terzo titolo negativo Nexi (-2,4%). Il mercato continua a temere un ulteriore collocamento di azioni dopo quello fatto nel luglio scorso e pari all’1,1% del capitale.

In tutto il mondo l’Intelligenza Artificiale (AI), è oggetto di forte attenzione. Sia per gli investimenti che è in grado di attirare, sia a livello borsistico, sia per i cambiamenti nel mercato del lavoro. Quest’ultimo aspetto è quello più controverso nelle discussioni di politica economica. Vorremmo quindi concentrarci proprio sull’aspetto lavoro, chiedendoci se a seguito del massiccio uso dell’AI le aziende assumeranno, licenzieranno o riqualificheranno il personale.

La rapida ascesa dell’AI ha il potenziale per cambiare radicalmente il mercato del lavoro e persino la natura del lavoro stesso. Tuttavia, non è ancora chiaro come le aziende stiano adattando la propria forza lavoro per accogliere questa tecnologia emergente. Da diversi recenti sondaggi effettuali negli Stati Uniti, la maggior parte delle aziende che prevede un utilizzo dell’AI nei prossimi sei mesi ritiene di riqualificare la propria forza lavoro, con molti meno adeguamenti segnalati agli organici pianificati.

Tra le aziende che hanno utilizzato l’AI negli ultimi sei mesi, il 10% delle aziende di servizi ha ridotto il numero di dipendenti, mentre il 5% lo ha aumentato (nessuna azienda manifatturiera ha apportato tali modifiche). Tra quelle che pianificano di utilizzare l’IA nei prossimi sei mesi, le aziende prevedono di assumere più dipendenti rispetto ai licenziamenti per adattarli al suo utilizzo e circa la metà pianifica di riqualificare il personale attuale per utilizzarla. Questi risultati sono coerenti con le argomentazioni economiche che minimizzano l’allarmismo sul potenziale dell’AI di sostituire i lavoratori e indicano invece il suo potenziale di aumento dell’occupazione.

Tra le aziende che intendono utilizzare l’AI in futuro, il 19% delle quelle di servizi e il 7% di quelle manifatturiere prevedono di assumere nuovi lavoratori nei prossimi sei mesi grazie al suo utilizzo.

Un aumento rispettivamente di 14 e 7 punti percentuali rispetto all’utilizzo segnalato negli ultimi sei mesi. Al contrario, solo il 12% dei futuri utenti di AI delle aziende di servizi e nessuno dei futuri utenti di AI manifatturiera prevede di licenziare lavoratori nei prossimi sei mesi a causa dell’AI. Queste dinamiche suggeriscono che le aziende pianificano assunzioni nette e non riduzioni nette di lavoratori. È interessante notare che le nuove assunzioni pianificate richiederebbero per lo più solo un diploma di scuola superiore, indicando il potenziale dell’AI di indurre anche l’assunzione di lavoratori meno istruiti.

Un risultato interessante è inoltre che i piani per formare i lavoratori ad adattarsi all’uso dell’AI nei prossimi sei mesi surclassano di gran lunga le dinamiche di assunzione nette previste. Un sorprendente 53% delle aziende di servizi e il 47% di quelle manifatturiere che hanno in programma di usare l’IA in futuro prevedono di riqualificare i lavoratori nei prossimi sei mesi, una percentuale molto più alta rispetto alle quote segnalate negli ultimi sei mesi, rispettivamente del 24% e del 31%. La prevista riqualificazione è concentrata tra i lavoratori con un’istruzione superiore.

Anche a livello salariale l’AI non sembra causare tensioni particolari. Dal sondaggio emergono infatti cambiamenti attesi trascurabili nei prossimi sei mesi, che vanno da un calo dell’1,5% ad un aumento dell’1,4% nel livello dei salari. In ogni caso, la quota che si aspetta aumenti salariali supera la quota che si aspetta diminuzioni.

Parliamo di futuro più lontano e chiediamoci in che modo l’AI influenzerà il mercato del lavoro. Nel complesso, i risultati del sondaggio non indicano significative riduzioni del lavoro dovute all’uso dell’AI negli ultimi sei mesi né riduzioni previste nei prossimi due anni. In effetti, finora, sembra che le aziende stiano  trovando modi per utilizzare i lavoratori esistenti tramite formazione/riqualificazione e stiano pianificando di assumere nuovi lavoratori per lavorare con l’AI. Questi risultati sono coerenti con un recente sondaggio della Fed di Dallas sull’uso dell’AI e con una nuova ricerca accademica che esamina le posizioni vacanti online che suggerisce che gli effetti dell’AI sul mercato del lavoro potrebbero essere attualmente troppo piccoli per essere rilevabili.

Alcune delle aspettative delle aziende potrebbero anche derivare da un eccessivo ottimismo o essere modellate dalle rigide condizioni del mercato del lavoro degli ultimi anni in cui le assunzioni sono state difficili. Non ci sentiamo quindi di escludere che ulteriori cambiamenti potrebbero verificarsi nell’arco dei prossimi due anni, quando presumibilmente l’AI sarà pienamente integrata nei processi aziendali.

*Antonio Tognoli
Ho iniziato a lavorare come analista finanziario nel 1983, occupandomi di economia e politica economica e nel frattempo mi sono laureato in scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Oggi mi occupo di analisi macroeconomica all’interno di Corporate Family Office – CFO SIM. Giornalista pubblicista, docente ai corsi post laurea de “24Ore Business School” e dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria – AIAF e co-autore del libro Analisi Finanziaria e Valutazione Aziendale, a cura di Franco Pedriali.

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