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La tendenza

Agricoltura biologica, a Bergamo oltre 300 aziende: “Difficoltà e alti costi di produzione, una sfida in attesa che il mercato le premi”

Carlo Loffreda, direttore di Coldiretti Bergamo, analizza la situazione: "L'imprenditore bergamasco è predisposto alla conversione, ma i rischi ci sono. Stiamo lavorando molto su questa visione"

Nel 2023, primo anno della nuova Politica Agricola Comune, gli ettari destinati all’agricoltura biologica in Italia sono cresciuti del 4,5%, trascinando di conseguenza verso l’alto anche il numero degli operatori (+8%), arrivati a toccare quota 94.441.

Un trend positivo che avvicina il nostro Paese al target fissato dalla Strategia Farm to Fork, che ha posto entro il 2030 la soglia del 25% della Superficie agricola utilizzata (Sau) occupata dal biologico: oggi, con 2,5 milioni di ettari, l’indicatore tocca quasi il 20%, per merito soprattutto delle regioni del Centro-Sud e di una rinnovata sensibilità riguardo un utilizzo più sostenibile e rispettoso delle risorse naturali.

A livello territoriale, nel Mezzogiorno si concentra il 57,9% della superficie biologica nazionale, ma Centro e Nord lo scorso anno sono cresciuti ad una velocità maggiore rispetto al resto d’Italia e su base decennale hanno visto pressoché raddoppiati i propri numeri.

“Il nostro Paese a livello complessivo sta dando una forte spinta alla riduzione dell’uso di fitofarmaci, antibiotici e della chimica in generale – sottolinea Carlo Loffreda, direttore di Coldiretti Bergamo – In Lombardia stiamo assistendo a una crescita minima ma costante, un contesto che si spiega con la dimensione media delle nostre aziende che, essendo grandi, possono incontrare maggiori difficoltà nella transizione verso il biologico. Perché ricordiamolo: il riconoscimento di azienda biologica presuppone che la conversione riguardi tutte le sue attività, non può essere limitata a singole parti”.

Un percorso però non impossibile e per il quale Coldiretti ha messo in campo Coldiretti Bio, associazione impegnata nello sviluppo dell’agricoltura biologica, con l’obiettivo di rappresentare ma soprattutto assistere i soci in ambito tecnico, normativo e commerciale, nei rapporti con gli enti pubblici e nella valorizzazione della filiera.

“A mio avviso stiamo facendo un grandissimo lavoro di accompagnamento verso questo tipo di visione – spiega Loffreda – Dobbiamo essere in grado di permettere alle aziende che si affacciano a questo mondo, e che hanno costi di produzione maggiori, di trovare poi soddisfazione sul mercato. Il nostro è un territorio particolare, con realtà di dimensioni mediamente inferiori rispetto a quelle che solitamente rappresentano la Lombardia: per questo possiamo arrivare prima al biologico e se vogliamo arrivare a quel famoso 25% stabilito da Farm to Fork c’è bisogno di tutti”.

Gli ostacoli, ovviamente, non sono pochi: la scelta di lasciare fuori dalla propria attività qualsiasi aiuto non naturale, impone la sostituzione di prodotti chimici con pratiche agronomiche differenti, più dispendiose in termini economici, fisici e di tempo.

Le minacce, però, sono anche esterne: lo scorso anno le importazioni di prodotti biologici provenienti da Paesi terzi sono aumentate del 37,8% anno su anno, con ortaggi e legumi (+73,5%) e cereali (67,8%) che hanno subito l’impennata maggiore. I cereali, in particolare, sono la categoria di prodotto più importata (28% del totale dei prodotti bio), a causa soprattutto della ripresa delle importazioni di grano duro dalla Turchia, primo Paese di riferimento per l’approvvigionamento di prodotti biologici seguita da Togo (fave di soia) e Tunisia (olio).

“Questo è senza dubbio un grosso problema – ammette il direttore di Coldiretti Bergamo – Non dimentichiamoci il tema dell’etichettatura: guardiamo sempre bene dove viene coltivato, allevato, prodotto e trasformato ciò che stiamo acquistando. E deve valere sempre il tema della reciprocità: le stesse condizioni alle quali sottostanno i produttori italiani dovrebbero valere per tutto il territorio europeo se vogliamo evitare distorsioni lungo la filiera”.

Ad oggi in Lombardia sono 53mila gli ettari coltivati in biologico e, secondo gli ultimi dati del Sian (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), a Bergamo sono complessivamente 329 gli operatori, così suddivisi: 111 produttori esclusivi (aziende agricole), 81 produttori-preparatori (aziende agricole), 123 preparatori e 39 produttori con zootecnia (aziende agricole).

“Il mercato detta le condizioni e immaginarci che tutto diventi biologico non è possibile – conclude Loffreda – Però l’imprenditore bergamasco è predisposto e, soprattutto quando agisce in realtà medio-piccole nell’ortofrutta, nella trasformazione in prodotti finali e nella zootecnia, può guardare maggiormente a questa sfida e sperare che poi il mercato arrivi a ricompensare il rischio assunto”.

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