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Bergamo

Sant’Alessandro, Beschi: “La giustizia come coraggioso esercizio di difesa dei più deboli” fotogallery

Nell'omelia, il vescovo invita alla riflessione sulla virtù citando Dante, Macchiavelli e l'insegna sul cancello del campo di concentramento di Buchenwald

Bergamo. “La virtù della giustizia non può essere separata dalle altre virtù cardinali. Quando avviene essa si riduce a riflessione astratta sulla correttezza delle procedure formali e dunque perde le caratteristiche della virtù. E’ il rischio di una legalità svuotata di fondamenti valoriali condivisi o riempita di connotati disumani”. Giustizia al centro della riflessione collettiva nella festa patronale della città di Bergamo.

Un Sant’Alessandro che, come accade ogni anno, spinge al pensiero e smuove anche le coscienze. A farlo, o meglio, a indurlo, ci ha pensato il vescovo Francesco Beschi che, in occasione della celebrazione in Cattedrale, di fronte alla sindaca Elena Carnevali, a una parte della sua Giunta, e a molte autorità religiose, civili e militari, ha spinto il pensiero un po’ più in là. Non c’è spazio per i massimi sistemi o i concetti costruiti a priori: l’omelia del vescovo, come ci ha insegnato ad ascoltare, si riempie di moniti che appartengono alla modernità dei tempi, quanto mai calati nell’oggi, che affondano le radici nel pensiero del Vangelo ma che attingono anche alla storia e agli insegnamenti del Papa.

Lo fa con profondo dolore quando parte da ferite lontane ma mai rimarginate, come quelle del campo di concentramento di Buchenwald, del quale cita “il motto Jedem das Seine – A ciascuno il suo -, che fu posto sul cancello dell’ingresso principale del campo, tragica deformazione del significato essenziale della giustizia”. Ma anche con parole di speranza quando parla di giustizia come di una stella, di una guida, capace di illuminare il cammino e al tempo stesso di aiutare a ritrovarsi, invitando i presenti, e dunque la collettività, a mettersi col naso all’insù, pronti a cercarla, trovarla e ritrovarla, anche e soprattutto nei momenti in cui ne sentiamo di più il bisogno. La paragona a quella che Dante ha visto uscito dall’Inferno, prossimo al Purgatorio. O, ancora, quando ne fa principio di rettitudine del cuore, citando il “Discorso della montagna” nel Vangelo di Matteo, la “magna charta” della via interiore.

“La virtù giustizia esige di dar voce a chi non ha voce: ai disabili, ai malati, agli anziani soli, ai carcerati, agli immigrati, ai bambini, ai perseguitati per la giustizia e la libertà. E’ più facile dar voce a chi ha subito o subisce ingiustizia, più difficile darla a chi commesso ingiustizia e ne sta scontando la pena: la “giusta” pena – spiega Beschi -. In queste settimane la condizione della carceri, delle persone detenute e di coloro che vi lavorano si è riproposta con connotazioni drammatiche: non si tratta di sminuire la gravità dei delitti, ma di promuovere una risposta alla loro gravità con una visione che non mortifichi il valore sommo della dignità di ogni persona, anche di coloro che l’hanno deturpata: se il carcere, che non può essere l’unica risposta, prevede la restrizione della libertà, non può, come sta avvenendo, alimentare la restrizione della dignità di ogni persona: sia di coloro che vi sono detenuti, come di coloro che vi operano a tutti i livelli”.

La giustizia, e cita Macchiavelli, “defende i poveri et gli impotenti, reprime i richi et i potenti, humilia i superbi et gli audaci, frena i rapaci et gli avari, gastiga gli insolenti, et i violenti disperge; questa genera negli stati quella equalità, che, ad volerli mantenere, è in uno stato desiderabile”. Sorprendente l’evocazione del Magnificat – continua Beschi -. da parte dello scrittore fiorentino e la prospettiva dell’abbassamento di chi sta in alto e del corrispondente innalzamento di chi sta in basso: non è possibile innalzare gli umili e difendere i poveri senza al contempo contenere i ricchi e i superbi. La disuguaglianza crescente e diffusa contraddice alla giustizia e alla virtù: è necessario un perseverante, coraggioso esercizio nel ricostruire quotidianamente il tessuto di un sostanziale riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni persona umana, a cominciare dai più deboli.

Se l’ingiustizia assume la vastità dell’oceano, alziamo lo sguardo alla stella della virtù della giustizia che insieme alle altre virtù cardinali, alla fede, alla speranza e alla carità, costituiscono il firmamento di un’umanità che nella prova, nell’incertezza, nel dolore, non rinuncia a percorre le rotte illuminate da queste stelle”.

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