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L'omicidio

Casazza, il fuggitivo ha un nome: autorità allertate anche fuori provincia fotogallery

Mouhssine Mohamed Amine, 32 anni, marocchino, è in fuga da lunedì sera: secondo gli inquirenti avrebbe colpito con un bicchiere di vetro alla nuca il 38enne ucraino Mykola Ivasiuk, poi deceduto all'esterno di un bar in paese

Casazza. Di lui sappiamo che è nato in Marocco, che ha 32 anni e una corporatura piuttosto robusta. Sappiamo che non ha fissa dimora, ma che al contrario era cliente fisso nei bar del paese. Parliamo al passato perché difficilmente potrà tornarci, visto che lunedì sera è sparito nel nulla dopo aver fracassato con un bicchiere di vetro la nuca al 38enne ucraino Mykola Ivasiuk, stramazzato al suolo e morto all’esterno del Rosy Bar di Casazza, sotto lo sguardo perso dei presenti, quasi tutti ubriachi secondo i carabinieri.

Nel fracassare la testa a Ivasiuk, l’aggressore si sarebbe ferito a sua volta, lasciando diverse tracce ematiche per terra, non bastassero le testimonianze dei presenti, le immagini delle telecamere e le impronte che lo collocano sulla scena del delitto.

Soprattutto, ha un nome il 32enne marocchino ricercato ormai da tre giorni dai carabinieri di Clusone: Mouhssine Mohamed Amine. Per rintracciarlo, il comando guidato dal tenente Maurizio Guadalupi avrebbe allertato anche le forze dell’ordine dei territori confinanti e non solo, temendo che il fuggitivo possa organizzarsi per scappare all’estero o fare rientro in patria.

Nel frattempo, sono tornati in libertà i due uomini arrestati la sera dell’omicidio, scarcerati dal gip Lucia Graziosi dopo gli interrogatori di garanzia in programma ieri (giovedì 22 agosto).

Il primo dei due arrestati, M.R., 39enne di origine calabrese, come anticipato dall’avvocato Pietro Funaro a Bergamonews, ha raccontato di essere amico dell’ucraino e di avergli sferrato uno schiaffo in volto, non un pugno. Questo perché voleva calmarlo dopo un litigio con la fidanzata, impedendogli di infastidire gli altri clienti del locale che si erano già lamentati delle sue urla e del suo stato di ubriachezza.

 

“A Mykola ho detto: ‘devo darti due sberle per calmarti?’. Lui mi ha risposto: ‘Che fai adesso, mi picchi?’. Poi, dal dietro, è arrivato il marocchino seduto all’altro tavolo, ho sentito un fracasso e ho visto che gli aveva spaccato il bicchiere sulla nuca”.

È ciò che M.R. ha raccontato al giudice, sottolineando di essere stato lui stesso a chiamare i soccorsi, praticando alla vittima il massaggio cardiaco su indicazione del 118. “Per me Mykola era un amico. Anzi, un fratello. Mi hanno ucciso un fratello”, avrebbe ripetuto più volte riavvolgendo il nastro di quanto successo. Accusato di omicidio preterintenzionale, il giudice lo ha scarcerato “per difetto di gravità indiziaria”, come si legge nell’ordinanza.

Il secondo invece è G.C., 46enne di Spinone al Lago accusato di favoreggiamento per avere aiutato il 32enne marocchino a fuggire, prestandogli la sua auto. L’uomo, difeso dall’avvocato Cristina Pizzocaro, ha reso delle dichiarazioni spontanee, spiegando di non aver dato l’auto al 32enne, suo amico, ma di averla lasciata nei giorni precedenti a un meccanico che conoscono entrambi. Per lui il giudice ha disposto la scarcerazione e l’obbligo di dimora nel comune di residenza.

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