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La polemica

Divieto cannabis light, i negozianti bergamaschi: “Capriccio politico, vìola le norme europee”

Continua a far discutere l’emendamento al disegno di legge sulla sicurezza approvato dalla commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati per vietare la coltivazione e il commercio di questo prodotto

Continua a far discutere l’emendamento al disegno di legge sulla sicurezza approvato dalla commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati per vietare la coltivazione e il commercio della cannabis light. Il provvedimento vuole impedire il consumo di questo prodotto derivato dalla canapa, in cui c’è un basso contenuto di THC, il componente psicoattivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana, mentre ha maggiori quantità di CBD, principio attivo che provoca un più blando effetto di rilassatezza.

Il disegno di legge così modificato verrà discusso in aula a settembre, e con ogni probabilità approvato visto che la maggioranza ha ampi numeri. In questo caso, verrebbe data un’interpretazione restrittiva alla legge del 2016 che aveva consentito a centinaia di aziende italiane di produrre e lavorare la cannabis light. Nelle ultime settimane le associazioni che rappresentano queste realtà hanno più volte dato avvertimenti al governo sulle conseguenze di questo divieto, che in caso di approvazione definitiva porterà circa 3.000 imprese alla chiusura e farà perdere il lavoro a moltissime persone.

Anche i negozianti bergamaschi del settore esprimono sconcerto e disappunto. Roberto, titolare di LikeWeed, commenta: “Siamo aggrediti da un sistema assurdo. L’Italia è l’unico Paese al mondo che definisce il CBD come stupefacente, mentre nel gennaio del 2019, l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha declassato la cannabis nella tabella III, che elenca le sostanze con valore terapeutico e con basso rischio di abuso”.

“Dopo aver appreso la notizia, di primo acchito, prevalgono rabbia e rammarico. Si vuole colpire un settore che dà 15mila posti di lavoro, la maggior parte di loro giovani sotto i 35 anni, che genera un indotto superiore al 2.2 miliardi di euro in Europa e l’80% della canapa commercializzata viene prodotta in Italia. Ci sono leggi europee che impediranno questo provvedimento e ci siamo già appellati agli organismi competenti dell’Unione Europea affinché intervengano, ma è assurdo che l’Italia legiferi in direzione opposta a quanto previsto dalle normative Ue e OMS, quando potremmo essere i leader. È un abuso di potere ideologico avente come scopo il depistaggio e la disinformazione, i negozi di prodotti a base di cannabis industriale vengono utilizzati come diversivi per non guardare esigenze e problemi dei cittadini” – prosegue Roberto.

“Bisognerebbe entrare nel merito delle questioni e approfondire l’argomento – annota il titolare di Like Weed – analizzando i numeri e i dati, ma prima ancora capire cosa è la droga e cosa è canapa industriale (light). Basterebbe consultare il report annuale sulle droghe dal sito ufficiale gov.it per vedere quali sostanze sono realmente problematiche. In base ai dati raccolti dal governo rispetto al 2023, la droga maggiormente in circolazione è la cocaina, che rappresenta l’84% della diffusione italiana, scaricata per l’80% al porto di Gioia Tauro, mentre la cannabis (THC) rappresenta solo il 6% e l’hashish il 5%. Se si volesse fare una vera politica contro la droga si dovrebbe porre l’attenzione sui macro problemi prima di fare una guerra ideologica contro il CBD”.

Infine, Roberto conclude: “Le principali associazioni che raggruppano il settore hanno richiesto più volte audizione ed un tavolo tecnico ma sono ancora in attesa di una risposta dal 2018”.

Sulla stessa lunghezza d’onda un altro negoziante, che annota: “Negli anni scorsi più volte la politica italiana ha cercato di colpire il nostro settore ma non c’è mai riuscita perché queste misure contrastano con quanto previsto dall’Europa”.

“È assurdo – afferma il cliente di un negozio di prodotti a base di cannabis light – che i politici invece di concentrarsi sui reali problemi del Paese disperdano l’attenzione seguendo provvedimenti ideologici che cadranno nel vuoto nell’arco di qualche mese perché le norme nazionali non possono contrastare con quanto previsto da quelle europee”.

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