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Omicidio di terno d'isola

Sharon, dolore alla camera ardente. Il papà: “Se ci siamo fatti un’idea? Sì” fotogallery

Amici, parenti e conoscenti stretti nel silenzio attorno alla famiglia della 33enne. Indagini, le piste battute dagli inquirenti: cosa sappiamo finora

Bottanuco. La domanda che tutti si pongono è la seguente: “Perchè?”. Lo chiede continuamente Maria Teresa, la madre di Sharon Verzeni, sconvolta dal dolore. “Ce lo chiediamo noi, figuriamoci una mamma che ha appena perso una figlia in quel modo – confidano due colleghe della donna, appena uscite dalla camera ardente allestita nella casa della famiglia in via Adda a Bottanuco -. Terry (così la chiamano, ndr) dice che Sharon stava solo facendo una passeggiata, che non riesce a spiegarsi perché gliel’hanno ammazzata. Non riesce a trovare un senso a quanto successo”.

Un senso no, un atto di violenza così efferato non potrà mai averlo. Ma un’idea su quanto successo, i familiari se la sarebbero fatta. Almeno, così dice papà Bruno ai giornalisti che ieri pomeriggio (venerdì 2 agosto) lo hanno atteso fuori dalla sua abitazione: “Sì, sì, sì”, ripete per tre volte alla precisa domanda di un cronista. “Non ci interessa tanto il processo – aggiunge -. A me interessa mia figlia, poi la giustizia faccia il suo corso”.

I genitori della vittima, i fratelli Christopher e Melody e il fidanzato Sergio Ruocco, trovano un po’ di conforto negli abbracci di amici e parenti, arrivati alla spicciolata per mostrare vicinanza alla famiglia. Una presenza silenziosa, ma che riesce a farsi sentire. Tra loro, ci sono anche il parroco don Corrado Capitanio e il sindaco Rossano Pirola, che in occasione dei funerali in programma sabato mattina (3 agosto, alle 10) ha proclamato lutto cittadino.

La maggior parte dei presenti non proferisce parola ai giornalisti. “Cosa si può dire di intelligente in una situazione del genere?”, osserva un amico di famiglia. Ma c’è chi, invece, si lascia andare a qualche riflessione. “In quanto donna, mi fa rabbia pensare che una ragazza debba per forza fare una passeggiata a mezzogiorno, e non possa farla a mezzanotte perché c’è il rischio che qualcuno le faccia del male”, commenta Rosella Verzeni, una vicina di casa.

È un punto di vista ricorrente: “È così – aggiunge un’altra signora arrivata alla camera ardente -. Non ci si può muovere nell’incertezza di uscire di casa, senza sapere se farai ritorno”. E ancora: “Anch’io come Sharon abito a Terno, quando uscirò la sera a fare una passeggiata dovrò guardarmi le spalle”. C’è un sentimento di paura, per certi versi comprensibile. Del resto, si ha paura di ciò che non si conosce e di questo delitto, in fin dei conti, non si conosce praticamente nulla: profilo del sospettato (ammesso che ce ne sia uno) e movente sono ancora ignoti. Nemmeno l’arma del delitto sarebbe ancora stata trovata (anche se le ferite sul corpo di Sharon parlano chiaro: il killer ha usato un coltello di grosse dimensioni).

 

Incertezze che si scontano con le convinzioni, granitiche, di chi conosceva Sharon: descritta da tutti come una brava ragazza, seria, riservata, priva di vizi e nemici. A volte, dicono alcuni, fin troppo “innocente”: “Faceva quel percorso perché la sera c’è più fresco – sostiene un’altra signora -, non andava a pensare che un balordo poteva accoltellarla”. Anche se la zona dove si era diretta viene descritta dai più come pericolosa e mal frequentata, soprattutto nelle ore notturne.

Nessuno può sapere se è andata così. Se è stato davvero “un balordo” ad accoltellarla a morte, qualunque significato si voglia attribuire al termine. Ma c’è chi, visto il profilo della giovane emerso finora, non riesce a darsi altre spiegazioni.

Chi indaga a 360 gradi senza farsi condizionare sono invece i carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo e della Compagnia di Zogno, coordinati dal sostituto procuratore Emanuele Marchisio. Gli inquirenti non vogliono “innamorarsi” di una pista a scapito di un’altra. Allo stato guardano sì nel sottobosco della microcriminalità locale e del degrado che gli ruota attorno (più persone, in questi giorni, sarebbero state identificate nell’Isola e dintorni), ma continuano a scavare anche altrove: nei luoghi, nelle abitudini e nelle frequentazioni dirette o indirette di Sharon, dipendente nel bar pasticceria ‘Vanilla’ a Brembate, per capire se qualcuno potesse covare risentimento nei suoi confronti; forse qualcuno che quella sera non si trovava lì per caso. Forse la pista più attendibile.

Oltre all’esame dei filmati delle videocamere (non solo quelle di Terno, ma anche dei comuni limitrofi) al controllo dei tabulati telefonici e alle testimonianze di parenti, amici, colleghi e conoscenti, avranno un ruolo anche le analisi genetiche. I campioni di materiale biologico repertati durante l’autopsia verranno infatti analizzati dal Ris (Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma dei carabinieri) di Parma, insieme agli abiti che la barista 33enne indossava quella notte in via Castegnate a Terno d’Isola. Per provare, finalmente, a dare un volto al suo assassino.

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