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L'alleanza

Nepios e ASST Papa Giovanni XXIII uniti in due progetti per la salute dei bambini

Il nuovo accordo servirà per studiare le patologie neurochirurgiche dei più piccoli, ed è previsto anche un prolungamento per l’iniziativa ‘Mediare in carcere’

Bergamo. La sanità e la prevenzione partono anche dai primi anni di vita e all’ospedale di Bergamo si continua di questo passo con la partnership, ormai consolidata, tra l’associazione Nepios e Asst Papa Giovanni XXIII, grazie alla firma di un nuovo accordo per studiare le patologie neurochirurgiche nei bambini e il rinnovo del progettoMediare in Carcere’.

Il nuovo accordo, realizzato grazie al sostegno economico di Bcc Milano, intende quindi sostenere l’attività di ricerca dell’unità di neurochirurgia tramite un data manager, il quale realizzerà un registro neurochirurgico delle patologie vascolari cerebrali, oncologiche e traumatiche con la volontà di contribuire alla ricerca delle malattie infantili quali il ‘Moya Moya’, per il quale l’ospedale bergamasco è un punto di riferimento nazionale ed europeo.

“L’impulso offerto da questo settore si inserisce nel più ampio percorso di valorizzazione della nostra vocazione pediatrica – così Francesco Locati, direttore generale Asst Papa Giovanni XXIII -. È una tradizione che si è consolidata negli anni e che ha reso l’ospedale un centro di riferimento nazionale per numerose patologie dei bambini. Spesso le intercettiamo già in epoca parentale, durante la gravidanza e proseguiamo i percorsi di diagnosi e cura dai primissimi anni di vita fino all’età adulta”.

Si stima che ogni anno si possa arrivare fino ad ottanta bambini con patologie differenti e provenienti da tutta Italia, cifra apparentemente esigua, ma che nasconde un enorme studio di tutte le diverse manifestazioni presenti in ogni paziente. “L’Associazione Nepios – analizza Tullia Vecchi, presidente di Nepios Onlus -, nel rispetto del suo obiettivo dedicato all’infanzia, ha voluto aprirsi all’ambito della ricerca, attraverso il progetto appena descritto, che permetterà di attivare una collaborazione partecipata e attiva con le aziende ospedaliere nazionali e internazionali”.

Altro punto di forza della partnership è sicuramente sancito dal rinnovo dell’accordo per altri due anni del progetto ‘Mediare in Carcere. Quando il detenuto è genitore. La cura delle relazioni dentro e fuori dal carcere’ in grado di promuovere il sostegno alla relazione padre/madre-figlio durante la detenzione, promuovendo la responsabilità genitoriale dei detenuti.

“Prendersi cura ha un significato estremamente ampio – sottolinea la dottoressa Maria Simonetta Spada, responsabile dell’unità di psicologia -. I dati ci dicono che la recidiva si contiene stando attenti alle leve genitoriali. Abbiamo ragionato all’interno delle mura del carcere per poter riallacciare i legami. Siamo riusciti a far incontrare genitori e figli che non si incontravano da tanto tempo, per poter costruire un futuro prossimo al di fuori dal carcere. Il nostro interesse è di proseguire lungo questo percorso per implementare un modello sostenibile”.

Grazie alla presenza di due psicologi referenti sono stati aiutati 98 utenti, per un totale di 226 incontri individuali e di gruppo, che hanno aiutato a riallacciare rapporti ormai a rischio sgretolamento, causa distanza.

“Il progetto – spiega la direttrice della casa circondariale, Antonina d’Onofrio – si pone in linea con una finalità di umanità della pena, con principi che privilegiano la dignità e il decoro della persona detenuta attraverso condizioni di detenzione che siano il più possibile simili alla vita esterna, responsabilizzando il detenuto e spronandolo verso scelte di vita future”.

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