Mapello. “Sono deluso dalla sentenza, non tanto per la condanna a 15 anni e 8 mesi a Ivano Perico, ma per la ricostruzione fatta durante il dibattimento. Alla fine siamo di fronte ad un uomo che ha ucciso una donna all’interno di casa sua, usando un batticarne con il quale l’ha colpita più e più volte in testa, che per tre mesi non ha confessato e che ha anche sviato le indagini”.
Non nasconde la sua amarezza Mattia Carabina, cugino di Stefania Rota da parte di madre, dopo la lettura della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Assise del tribunale di Bergamo a carico dell’autore dell’omicidio della donna, reo confesso. Nel corso del processo è stata descritta la personalità dell’imputato, la sua fragilità psichica dopo la perdita del lavoro nel 2013, la solitudine sua e quella di Stefania, il loro rapporto inizialmente amichevole poi inaspritosi per questioni legate ad una proprietà che avevano in comune.
Perico ha tentato di farla franca: “Si spostava con la macchina di Stefania quando lei era già morta. Quando le amiche di mia cugina cercavano di capire dove fosse, è stato lui a raccontare che non c’era, che aveva accompagnato al mare in Liguria un anziano del quale si prendeva cura – ha continuato il parente -. A processo invece è emerso che è stato collaborativo, bravo nel firmare subito la confessione. Certo, ma dopo tre mesi. Quindi secondo me è stata data una visione un po’ distorta degli eventi. Ecco, sono deluso da questo, non dalla pena comminata. Nessuna pena andrà a compensare la perdita della vita di Stefania”.
Carabina ammette che la cugina fosse una persona schiva “ma a dibattimento non è emerso che lei nella sua vita non aveva mai fatto male a una mosca e venirmi a dire che la persona ha reagito non tanto per il capannone quanto perché Stefania gli aveva risposto male, per me la sostanza non cambia: lui l’ha uccisa”.
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