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Il ricordo

Quarant’anni fa la tragedia dell’elicottero precipitato alle Cascate del Serio: era il 22 luglio 1984

Persero la vita quattro persone. Le pale del velivolo tranciarono di netto uno dei cavi della teleferica che collegava il fondo valle alla zona del rifugio Curò e del lago Barbellino

Valbondione. Avrebbe dovuto essere una giornata di festa. Nel giro di pochi istanti, invece, il 22 luglio 1984 si trasformò in un’immane tragedia. Resa ancor più grave, se possibile, dalla giovane età delle vittime.

Due minuti dopo le 10 del mattino di quel giorno – una calda domenica d’estate inoltrata, come riportano i giornali dell’epoca – un elicottero alzatosi in volo un’oretta prima, con l’obiettivo di sorvolare la zona delle cascate del Serio (caratterizzate da un triplice salto che si sviluppa per oltre 300 metri di dislivello) oltre che per consentire a tre dei quattro occupanti di fare alcune riprese e foto, si schiantò improvvisamente al suolo, dopo essere rovinosamente precipitato per un centinaio di metri.

Alla guida del velivolo c’era il pilota Franco Valerio, 31 anni, nativo di Schio ma residente a Clusone. Con lui, in cabina sedevano: Imelda Bosis, vicedirettore della Ragioneria della Prefettura di Bergamo; Luca Quaranta, 24enne cineoperatore nembrese; Gabriele De Palma, 29 anni, giornalista pubblicista, collaboratore del quotidiano Bergamo-oggi.

Dai rilievi e dagli accertamenti fatti, risultò che le pale del velivolo tranciarono di netto uno dei cavi della teleferica che collegava il fondo valle alla zona del rifugio Curò e del lago Barbellino (a quota 1800 metri circa). Pare non fossero adeguatamente segnalati. Il pilota perse il controllo dell’elicottero e il mezzo venne scaraventato verso il basso. Generando il panico.

Il gravissimo incidente causò anche numerosi feriti, tra cui una ragazza di Valgoglio. Piombando all’improvviso sul sentiero, infatti, il cavo scaricò un terribile ‘colpo di frusta’ su diversi escursionisti ancora impegnati nella ricerca del miglior punto da cui osservare l’atteso spettacolo.

Quella mattina, il sentiero che conduceva a quota 1750 metri, dove si trova la testa della cascata, era particolarmente affollato. Si stima ci fossero almeno 25mila persone. Una presenza più che giustificata. A quell’epoca, infatti, l’apertura delle cascate del Serio era un evento davvero degno di tal nome: un paio di ore di fuoriuscita delle acque dall’invaso, una sola volta l’anno.

“Era un’ottima funzionaria”. Così ricorda la collega Bosis Gennaro Terrusi, all’epoca consigliere di Prefettura nel contesto dell’Ufficio di Gabinetto del Prefetto di Bergamo. E aggiunge: “Un po’ chiusa di carattere, ma estremamente seria e riservata”.

“Luca era un mio amico e avevamo fatto le scuole insieme” scrisse qualche anno fa Orlando Carrara, sulle pagine delle cronache locali. “Alcuni giorni dopo la tragedia – aggiunse l’ex compagno di studi – suo papà mi disse: ‘la mattina prima di uscire di casa, mio figlio ci ha salutato e ci ha detto: vedrete, domani sarò sul giornale’. Ovviamente, pensando al risalto che Sarebbe stato riservato al suo servizio fotografico”. “Ciao comandante Valerio. Sarai sempre nel nostro cuore”, lasciò scritto un conoscente alcuni anni fa.

Di Gabriele, mi permetto di scrivere due cose in prima persona, visto che, con altri colleghi, lavoravamo nello stesso stanzone, nella palazzina di via don Palazzolo. Era arrivato a Bergamo-oggi da non molto, ma fin da subito si è mostrato persona preparata, seria e puntigliosa. Un bravo collega, con cui era piacevole attardarsi in svariate conversazioni. Un ragazzo, anche se ormai vicino ai 30, col sogno, come molti di noi, di essere assunto per poter finalmente fare il praticantato e poi l’esame di Stato, passaggi indispensabili per diventare un professionista del giornalismo. Purtroppo, Gabriele non ce l’ha fatta. Ma, a 40 anni da quel fatidico 22 luglio, in tanti lo ricordiamo ancora con tanto affetto. Ne sono certo.

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