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L'anniversario

Trentasette anni dall’alluvione in Val Brembana, Galizzi: “Disastro indimenticabile” fotogallery

Nel pomeriggio di sabato 18 luglio un'ondata di acqua, fango, detriti e materiale vario devastò i Comuni dell'Alto Brembo

“Ricordo benissimo ciò che avvenne quel sabato pomeriggio”. Così Fausto Galizzi, sindaco di San Pellegrino Terme, sottolinea come sia impossibile dimenticare la spaventosa e drammatica alluvione che colpì la Val Brembana, insieme alla Valtellina, il 18 luglio 1987.

Sono trascorsi 37 anni, ma le immagini della furia del fiume Brembo sono ancora impresse nella mente del primo cittadino del paese brembano e più in generale di tutti gli abitanti della Valle.

Tre giorni di precipitazioni incessanti furono il prologo di questa tragedia: il 16 luglio 1987 una perturbazione si stanziò su tutto l’arco orobico e piogge violente caddero sul bacino del Brembo. La situazione precipitò nel pomeriggio di sabato 18 luglio: il fiume cominciò a ingrossarsi e nei paesi del fondovalle i vigili transennarono i ponti, mentre in alta valle si verificò il peggio. Iniziarono a franare pezzi di bosco e un fiume di fango manifestò la sua furia.

Le acque del Brembo, cariche di materiale di varia natura, alberi e macerie, invasero i Comuni dell’Alta Valle Brembana, che è stata la zona più colpita: inghiottirono tutto ciò che incontrarono e cancellarono la statale della Val Brembana in 14 punti tra Lenna e San Pellegrino Terme. La devastante ondata, partita da Mezzoldo, raggiunse San Giovanni Bianco e San Pellegrino Terme verso le 17 e i paesi dell’Alto Brembo rimasero isolati.

Oltre alla distruzione, si registrarono cinque vittime: Angelo Salvetti, 22 anni di San Giovanni Bianco, travolto dal fiume al bivio di Piazzatorre. Barbara Orlando, 15 anni di Bergamo; Paola Tornaghi, 22 anni, e il fidanzato Marco Tamburini entrambi di Milano; Romeo Cortinovis, 35 anni di Lenna.

Il sindaco Galizzi racconta: “Ricordo perfettamente quello che successe. Non sono stato coinvolto personalmente, però i miei cognati e i miei suoceri si, abitando lungo la sponda sinistra del Brembo, l’area clou del disastro. Il box e la cantina di casa loro furono allagati e stava accadendo lo stesso anche alla centrale Telecom, per la quale lavoravo. Aveva cominciato a entrare acqua dagli scarichi fognari e si iniziava a pensare di spegnerla per evitare che subisse danni superiori, ma non era una decisione semplice perché all’epoca non c’erano i cellulari e avrebbe significato privare il territorio della possibilità di comunicare. Il livello si mantenne tale: gli strumenti galleggiavano nei box e verso mezzanotte aprimmo gli automezzi sott’acqua per recuperare alcuni attrezzi e riuscire a essere operativi. Il mattino dopo, alle cinque, da Bergamo arrivarono automezzi per supportarci e abbiamo esteso il nostro intervento. Abbiamo dovuto abbattere il muro che delimitava la ferrovia e siamo saliti a Piazza Brembana, dove allestimmo il campo base e iniziammo a ripristinare il servizio salendo man mano nelle altre località: la raggiungemmo muovendoci sul vecchio sedime ferroviario, perché i Comuni dell’Alto Brembo erano isolati dal punto di vista viario oltre che per le comunicazioni”.

Sono stato coinvolto anche sul piano emotivo – prosegue il sindaco – perché quel pomeriggio ero andato a prendere i confetti per il battesimo della mia secondogenita, che era in programma il giorno dopo, poi è stato annullato a causa di questo disastro e per i problemi familiari che erano subentrati. Per rincasare stavo percorrendo la strada che da Zogno conduce a San Pellegrino e agli altri paesi valligiani: accanto a me in auto c’era la mia primogenita ed entrambi notammo che il Brembo era particolarmente ingrossato. C’era subito sembrato che qualcosa non andasse, ma non avremmo mai potuto immaginare quello che sarebbe accaduto dopo. Quando siamo giunti a San Pellegrino, le vetture per strada cominciarono a fermarsi: non riuscivano più a circolare a causa dello straripamento del fiume con acqua e detriti”.

Infine, il sindaco Galizzi conclude: “Verso sera il livello del Brembo cominciò a rientrare ma i danni erano enormi. Man mano il materiale venne rimosso e il paese riuscì a riprendersi, ma quei ricordi rimangono sicuramente indelebili”.

Ma come mai si verificò tutto questo? “La struttura della diga – annota il primo cittadino di San Pellegrino Terme – accumulò il materiale che la piena portava come alberi e detriti: non potendo scorrere verso il fondovalle crearono uno sbarramento, il livello del fiume si alzò e fuoriuscì inondando tutto quello che trovava. La diga venne liberata e riparata, ma a distanza di un mese dal suo ritorno in funzione, per effetto di un’ondata di piena, si rischiò una nuova tragedia, così venne emessa un’ordinanza che ne dispose l’abbattimento. È stata costruita una nuova diga (quella utilizzata ancora oggi, ndr), che si basa su un solo pilone centrale in modo da evitare che alberi di trenta metri possano rimanere incastrati”.

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