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Bergamo

“Mio padre caduto dal sesto piano: non mi davo spiegazioni, poi ho visto quel servizio in tv” fotogallery

Marta Mastrangelo, 24 anni, cerca risposte sulla morte del padre Antonio: lo scorso 22 marzo, il manager della Lucchini di Lovere precipitò dalla finestra di una palazzina in via Mai: "Ci hanno parlato di una caduta accidentale o di un gesto volontario, ma per me non è così"

Bergamo. Sembrava un giorno come gli altri. Fino alle 12 di quel venerdì 22 marzo, quando tutto è cambiato all’improvviso. “Ho vissuto tre traumi insieme – racconta Marta Mastrangelo, 24 anni -. Il primo, la morte di mio padre. Il secondo, l’averlo visto senza vita su quel terrazzino. Il terzo, non capire cosa fosse successo e soprattutto perché”.

Da allora, tantissime domande affollano i suoi pensieri. “Dare un senso a quanto successo – confessa la giovane – è diventata una sorta di missione”. Comprensibile, quando certi interrogativi frullano nella testa di una ragazza che ha appena perso il papà.

Antonio Mastrangelo, 57 anni, era direttore amministrativo dell’azienda Lucchini di Lovere. L’unica certezza è questa: intorno a mezzogiorno, è precipitato dalla finestra al sesto piano di una palazzina al civico 26 in via Angelo Mai. Un volo di circa 17 metri che non gli ha lasciato scampo.

“Al momento non mi sono data spiegazioni. Papà non aveva problemi al lavoro e non ne aveva con noi”, la sua famiglia. “Con la mamma doveva andare in vacanza a Mykonos – prosegue Marta – e con gli amici andava spesso al ristorante. Amava fare progetti, amava la vita. A volte si alzava alle 6 per andare in palestra prima di andare in azienda, come poteva avere compiuto un gesto del genere?”.

Quella del suicidio è una tesi che la famiglia non ha mai preso in considerazione. Nemmeno quella dell’incidente domestico li ha mai convinti. La finestra dalla quale Mastrangelo è precipitato era aperta, con accanto un detergente per pulire il vetro. “È vero, ma poteva essere lì da giorni – osserva la figlia -. Sono lavoretti che mio padre non ha mai svolto in casa, non può essere caduto mentre puliva i vetri. A maggior ragione quel giorno, che nemmeno stava bene”. Alle prese con polmonite e febbre, dicono i familiari.

 

L’ultima volta che Marta ha visto e parlato con suo padre, è stato un’ora prima della tragedia. Le sirene dell’ambulanza e dei vigili del fuoco l’hanno spinta a guardare cosa stesse accadendo. Ed è a quel punto che ha visto il corpo, immobile, sulla terrazzina condominiale. Sul posto sono intervenute anche la Polizia di Stato e la Scientifica. I rilievi si sono protratti a lungo. “Il punto della caduta era parecchio distante dalla parete dell’edificio – dice la figlia -. Non voglio fare l’investigatrice, ma la prima cosa a cui ho pensato è che papà avesse preso una rincorsa”.

Marta esclude a priori il coinvolgimento di terzi. “Mai pensato, neanche per un attimo. Quel giorno mio padre lavorava al sesto piano in smartworking: nessun altro, a parte noi, che eravamo al quarto piano, sapeva che era lì. Non aveva nemici, lo abbiamo detto più volte anche alla polizia. Al suo funerale, in Sant’Anna (il 28 marzo ndr) c’erano ottocento persone”.

Marta spiega che non è stata effettuata un’autopsia (“eravamo scossi, non l’abbiamo richiesta”) e che il caso sarebbe stato archiviato come “caduta accidentale o gesto volontario”. Ipotesi, soprattutto quest’ultima, secondo lei troppo lontana dalla verità. Motivo che l’ha spinta a guardare oltre.

“Un mese dopo la morte di mio padre – racconta – mi sono imbattuta in un servizio de ‘Le Iene’ (noto programma televisivo Mediaset, ndr) andato in onda qualche anno fa”. Il 13 marzo 2019, per essere precisi. Il servizio in questione parlava di alcune presunte gravi reazioni avverse causate dai fluorochinoloni. Tra le testimonianze spiccava quella di una donna, Claudia, che raccontava di essersi lanciata dal terzo piano in preda alle allucinazioni. “Mi si è gelato il sangue – dice Marta -, perché anche mio padre da tre giorni stava assumendo un antibiotico così”.

Una sinistra coincidenza? Può darsi. Ma com’è logico che sia, nella sua mente si affollano altre domande. Spinta dal desiderio di capirci di più, la giovane scopre l’esistenza di un gruppo Facebook (con circa 6 mila iscritti) dove le persone che ritengono di avere avuto problemi con questi farmaci si scambiano opinioni. Qui, Marta racconta la sua esperienza: c’è chi le consiglia di non dare giudizi affrettati, facendole presente che stabilire un nesso di causalità è difficile; chi semplicemente le mostra solidarietà e chi, invece, si rivede nella sua testimonianza, confermando bizzarri pensieri invasivi e allucinazioni. Alcune di queste conversazioni, le custodisce sul cellulare.

 

precipita dal 6° piano

 

Ovviamente, anche orientarsi nel mare magnum della informazioni trovate sui social può avere effetti collaterali. Sul tema, però, si trova anche qualche comunicazione ufficiale. Come quella piuttosto recente diffusa dall’Aifa (l’Agenzia Italiana del Farmaco) dove si rileva che questi antibiotici vengono spesso prescritti “al di fuori degli usi raccomandati”. Tra le potenziali reazioni avverse si segnalano anche “allucinazioni” e “psicosi”. La scheda tecnica del farmaco che secondo la figlia stava assumendo Mastrangelo, parla di potenziali reazioni psicotiche che “in casi molto rari – si legge – sono progredite a pensieri suicidi e comportamenti autolesivi”. Anche l’Agenzia regolatoria inglese menziona questa possibilità. E invita gli operatori sanitari a ricordare ai pazienti di prestare attenzione a questi rischi. Tutte informazioni pubbliche.

Allo stato, non si può affermare che la morte del 57enne rientri in questa rarissima casistica. Ma porsi domande, mettendosi nei panni di Marta e della sua famiglia, è senza dubbio lecito. “Non ci siamo rivolti a nessun avvocato – conclude la ventiquattrenne -. Ciò che vorremmo fare, però, è segnalare la vicenda di mio padre all’Aifa”.

“Segnalare è giusto e doveroso”, concordano alcuni medici di base che abbiamo contattato. Preferiscono restare anonimi, ma dicono di avere prescritto questi antibiotici innumerevoli volte, in quanto efficaci, senza essersi mai imbattuti in reazioni avverse del genere: al massimo, dicono di avere osservato nei pazienti qualche tendinite ed episodi di fotosensibilizzazione. Fanno anche presente che la provincia di Bergamo, secondo un monitoraggio di Ats, vanta il 78% di “prescrizioni appropriate di antibiotici”, ben oltre la soglia del 60% fissata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Una sorta di record.

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