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L'allarme

Povertà sociale e lavorativa a Bergamo: “Quasi 6mila persone hanno perso ogni sostegno”

La lettura della Cisl dei dati sull'assegno di inclusione e supporto formazione lavoro

Bergamo. Dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione la platea di persone in condizione di povertà in provincia di Bergamo sembra che si sia considerevolmente ridotta, ma a essersi ridotti sono i criteri di accesso alle misure di sostegno. Secondo i dati INPS, infatti, a Gennaio 2023 erano 11.513 i Bergamaschi interessati a Rdc/Pdc, mentre secondo il report dell’istituto previdenziale pubblicato nei giorni scorsi, a Maggio 2024, erano 5.514, cioè 5.999 persone in meno – oltre la metà (52%) – rispetto all’inizio dello scorso anno. In termini di famiglie richiedenti, la riduzione si attesta al 54%, passando da 6.193 nuclei interessati a 2.852. L’importo relativo all’AdI complessivamente erogato nel mese di Maggio è superiore a 1.600.000 euro, che corrisponde a poco più dello 0,4% delle risorse distribuite nel mese di maggio in Italia, pari a 385.310.873,00 euro, e che equivale a un assegno medio di 560 € a famiglia, o 290€ a persona.

“Avevamo evidenziato già lo scorso anno una progressiva riduzione dei nuclei familiari e delle persone che avrebbero beneficiato del sostegno economico contro la povertà – dice Candida Sonzogni, della segreteria CISL di Bergamo -. La maggiore dinamicità del mercato del lavoro può avere contribuito a generare occupazione anche per chi beneficiava del sostegno al reddito, ma è difficile pensare che siano così sensibilmente migliorate le condizioni economiche della fascia interessata al RdC. È più probabile che essendosi ristrette le maglie del provvedimento siano rimasti senza alcun sostegno molti possibili beneficiari”.

Anche il numero dei componenti medi per nucleo si modifica, passando da 1,86 a 1,93, e potrebbe dipendere dal fatto che le persone sole possono beneficiare dell’Adi solo se maggiorenni con disabilità, se maggiorenni in condizioni di svantaggio o ultrasessantenni e, comunque, non fiscalmente a carico di altri, anche se aventi una residenza anagrafica autonoma rispetto alla famiglia d’origine.

Dall’ultimo report INPS si legge che in Italia tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati 697.640 i nuclei con domanda accolta, coinvolgendo complessivamente 1.681.380 persone così distribuite: 14,4% al Nord (242.763), 11,2% al Centro (188.437) e 74,4% (250.180) tra Sud e Isole. L’importo medio mensile corrisposto in Italia è pari a 618,00 euro. Il 6% dei nuclei percettori a Maggio risiede in Lombardia (37.341) e di questi il 7,6% risiede a Bergamo.

“La restituzione che ci viene fatta dai dati – continua la segretaria CISL -, al di là delle entità numeriche che sono pure importanti, in termini qualitativi caratterizza la condizione di povertà come già lo faceva il RdC con la particolarità che l’Adi, non essendo una misura universale ma specifica solo per i nuclei identificati come “fragili” (ovvero con minori, persone con disabilità, ultrasessantenni e persone in condizione di disagi), amplifica ulteriormente il peso delle situazioni di criticità. Restano, tuttavia, non individuate tutte quelle persone o famiglie che, pur avendo un Isee inferiore a 9.360,00 euro, e quindi in una condizione di deprivazione economica,, mancano delle caratteristiche soggettive per avere accesso al beneficio, non ultimi coloro che non hanno la cittadinanza italiana e non soddisfano, per esempio, i requisiti di residenza biennale, seppur non continuativa o i nuclei di due adulti con meno di 60 anni e senza certificazioni di disabiltà, ma che magari sono lavoratori poveri”.

Resta sempre marcato il tema della solitudine, anzi, è ancora più evidente, come già rappresentato dal RdC: infatti, il 54% dei nuclei con una persona con almeno 60 anni è monocomposta, così come vive solo il 38,5% delle persone con disabilità richiedenti il beneficio.

“Ribadiamo con forza che – prosegue Candida Sonzogni – l’obiettivo di sconfiggere la povertà deve essere imprescindibile per un Paese, e sicuramente non può realizzarsi nel breve-medio periodo, anche perché ha numerose sfaccettature, e si traduce anche in marginalizzazione sociale e discriminazione. Ma la preoccupazione per chi oggi è escluso resta e, per noi rimane fondamentale l’interazione con i servizi sociali dei Comuni, la Caritas e i Centri per l’impiego per l’avviamento al lavoro”.

L’Inps ha anche reso pubblici una serie di dati al Supporto Formazione Lavoro, la misura introdotta da settembre 2023 destinata al sostegno delle persone in condizioni di fragilità, cioè con un Isee inferiore a 6.000,00 euro. Rispetto a tale platea, quantificata in 249.000 potenziali percettori tra i soggetti avviabili al lavoro con RdC, il Report Inps evidenzia che da Settembre 2023 a Giugno 2024 il numero dei beneficiari effettivi in Italia è di 96.161 persone, delle quali 3.372 residenti in Lombardia. L’importo del sostegno è di 350,00 euro mensili per 12 mesi ed è legato a un’attività di politica attiva. A livello nazionale, si evidenzia che il 78% dei beneficiari risiede al Sud o nelle Isole, più della metà dei percettori è una donna (57%) e che il 66% ha un’età compresa tra 45 e 59 anni e che, dentro questa classe, il 77% ha almeno 50 anni.

Per Bergamo, secondo i dati della Provincia, dal 2023 ai primi di luglio, i richiedenti presi in carico dal Centro per l’Impiego Provinciale sono stati 589. Di questi, 141 stanno percependo il sostegno, 205 hanno la domanda accolta ma senza erogazione del beneficio per varie ragioni, 243 hanno il pagamento sospeso o sono decaduti dal diritto. Come prevedono le disposizioni e in coordinamento con i servizi sociali degli ambiti, alle persone incontrate viene proposta una dote GOL che prevede l’erogazione di servizi di politica attiva tra cui avviamento alla formazione, orientamento specialistico, accompagnamento al lavoro, attivazione del tirocinio, incontro tra domanda e offerta.

“I numeri a Bergamo sembrano fotografare una situazione in cui manca il bisogno di attivarsi oppure una situazione per cui le condizioni di accesso rigide (per esempio l’Isee così basso) e le procedure comunque farraginose scoraggiano le richieste. Forse – conclude Sonzogni -, al di là della bontà dell’intento, è una misura che andrebbe declinata un po’ più specificatamente territorio per territorio. Bene, invece, che sia legata all’effettività delle politiche attive, soprattutto la frequenza a corsi di formazione”.

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