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La tendenza

La grande distribuzione si prende gli spazi dei negozi di vicinato: “Si guardi più all’accessibilità e meno al profitto”

Antonio Terzi, presidente di Confesercenti Bergamo, analizza i dati che vedono solo un bergamasco su tre vivere a un quarto d'ora a piedi da un negozio che vende alimentari: "La GDO si impossessa di spazi ora vuoti, perché prima, con le sue politiche e le sue pratiche, saturando i territori dal centro alla periferia, ha costretto alla sparizione i negozi indipendenti"

Poco più di un bergamasco su tre riesce a raggiungere un negozio di alimentari, della grande o della piccola distribuzione, entro 15 minuti a piedi: ma se in città le possibilità sono molteplici, tra esercizi specializzati e non, in provincia la sofferenza è conclamata.

Una fotografia recente sul fenomeno è stata scattata nell’ambito del progetto Urban Pulse 15 del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, in collaborazione con il Sole 24 Ore per la consueta graduatoria della Qualità della vita che ogni anno misura i territori più vivibili.

Numeri che non hanno sorpreso e che non fanno altro che confermare le rilevazioni che a livello territoriale effettuano Camera di Commercio e associazioni di categoria, con dati che se da un lato vedono resistere le insegne della grande distribuzione e un graduale spostamento verso le vetrine virtuali, dall’altro segnano un’inesorabile crisi del negozio di vicinato, soprattutto se “specializzato”.

Allargando lo sguardo a tutte le categorie, nei primi tre mesi del 2024 in provincia di Bergamo sono scomparse 116 imprese del commercio al dettaglio, quasi 9 alla settimana e tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità bergamasca è costantemente in calo dal 2017: erano 9.006 a fine 2023, sono 8.890 al primo trimestre 2024 (Dati Unioncamere), ai quali si devono aggiungere le 2.760 attività del commercio ambulante che in alcuni casi, soprattutto nei paesini delle valli, rappresentano perfino l’unica ancora di salvataggio per i residenti.

“I dati certificano situazioni ben note – sottolinea Antonio Terzi, presidente di Confesercenti -. Non stupisce infatti che le periferie cittadine risultino meglio presidiate al Centro-Sud, dove i negozi di prossimità resistono meglio che altrove. La Grande Distribuzione Organizzata, infatti, si insedia in modo estremamente oculato solo dove le prospettive di profitto sono ritenute più alte e i piccoli comuni del Centro e del Sud, così come i nostri territori montani, non sono attrattivi. Paradossalmente, in questi anni al Nord e nella nostra provincia, assistiamo al fenomeno descritto di insediamento di format più piccoli della grande distribuzione nei centri cittadini, per un motivo di convenienza. La GDO si impossessa di spazi ora vuoti, perché prima, con le sue politiche e le sue pratiche, saturando i territori dal centro alla periferia, ha costretto alla sparizione i negozi indipendenti. Per questi motivi l’attenzione andrebbe posta, una volta di più, ad una corretta pianificazione: il decisore pubblico non dovrebbe affidarsi alle sole spinte di mercato, subendo passivamente le richieste dei nuovi insediamenti che tendono a posizionarsi laddove è più probabile il profitto, ma concentrarsi sulla reale attenzione all’accessibilità ai servizi per le fasce più fragili della popolazione. In sostanza che ‘la città in 15 minuti’ non sia solo uno slogan che nasconda o giustifichi scelte dettate dalla convenienza economica”.

Ma nel dettaglio, quanto ha perso il tessuto bergamasco? 

A fine 2023 risultavano attivi 1.474 esercizi specializzati di vendita di prodotti alimentari, bevande e tabacco, ma in calo del 3% rispetto al 2022: -14% per le pescherie, -4% per i fruttivendoli, -4% tra chi tratta carne, -1% i panifici.

Altre 1.079 insegne erano categorizzate come commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande: è il codice Ateco che identifica i cosiddetti negozi di vicinato, in calo del 3% anno su anno. 

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