• Abbonati

Bergamo chiama Europa

Dopo le elezioni

La negoziazione per le nomine a Bergamo e in Europa

Se nella città orobica la scelta è stata caratterizzata da una forte continuità, al Parlamento di Bruxelles le cose sembrano più complicate

Mentre a Bergamo il negoziato sulle nomine è stato caratterizzato da una forte continuità e da un quasi monocolore (con accumulo di deleghe che risponde non tanto al concetto di “campo largo” ma di “campo da padel”), in Europa le cose sembrano, come previsto, più complicate.

Per Bergamo si attendono le linee di sostegno alla competitività dell’economia orobica, sugli investimenti anche Pnrr, sull’Università, sulle scelte di indirizzo culturale e soprattutto sull’aeroporto che non può certo diventare, come vorrebbe qualcuno, idoneo solo all’atterraggio di silenziosi alianti, magari gli Airspeed Horsa inglesi usati nei giorni dello sbarco di Normandia, ma che richiede politiche di alleanze e sinergie che al momento non si vedono.

Per l’Europa la conferma della “maggioranza Ursula” è molto condizionala dal voto di destra delle Francia. In questo contesto le aziende del territorio bergamasco sono divise, come in tutta Europa, sulla questione del protezionismo negli scambi commerciali. Da un lato i dazi sono richiesti a protezione di filiere industriali messe in crisi dalla competizione globale, dall’altro spaventano gli esportatori che vedono i rischi delle ritorsioni in settori che vivono di esportazione. Senza dire che l’export contribuisce ad oltre il 40% del Pil italiano.

I dazi possono avere senso in casi di dumping. Se un paese vende prodotti e macchine sottocosto è bene proteggersi. L’analisi dei fattori di produzione è complessa, le istruttorie sono pesanti, ma si colpisce direttamente dove le regole del commercio internazionale non sono rispettate. Un lavoro di bisturi e non di accetta, molto ben finalizzato.

Se i dazi si applicano a protezione di un settore industriale solo perché non si è competitivi, hanno senso solo se temporanei, intanto, come potrebbe essere nel caso delle auto elettriche, che il settore realizza impianti competitivi in settori in cui si ritiene che la politica industriale debba essere interventista con motivazioni forti. Appunto con investimenti pubblici e privati, consistenti, ad esempio per produrre batterie o componenti elettroniche, con attività di ricerca e innovazione che portino a ridurre i “rischi” (il de-risking invocato dalla presidente della Commissione Europea) anche in settori quali l’energia come abbiamo visto dalla crisi Ucraina in avanti.

L’importante è non iniziare una guerra dei dazi come bene dice in un’intervista il presidente bergamasco Paolo Zanetti di Assolatte, quando teme la perdita di 5 milardi di esportazione di prodotti caseari. Mentre è meno condivisibile l’ipotesi di tassare l’esportazione di rottame proposta dal presidente di Federacciai Gozzi, se i nostri settori industriali non sono in grado di assorbirli ai prezzi di mercato, perché innesterebbe una sfida sulle materie prime (se il rottame è una materia prima) che penalizzerebbe altri settori industriali. L’acciaio è importante ma non è tutto.

La guerra dei dazi divide le imprese e i paesi dell’Unione Europea, erode la coesione interna, apre a proposte sovraniste pericolose per la sicurezza militare dei singoli paesi. Uscire da questo impasse richiede finanza comune per sostenere la transizione energetica, aggregazioni industriali tra i diversi paesi europei, visione strategica e capacità di governo.

Il virus populista che colpisce la Francia dopo la Grecia (che ha faticato ad uscire dalla crisi), il Regno Unito (che sta ancora leccandosi le ferite della Brexit), l’Italia ( che ha regalato 200 miliardi di bonus alle classi abbienti) ci permetterà di avere un’ Europa protagonista in alternativa al bilateralismo USA-Cina?

Ecco allora che la negoziazione per le nomine nella Commissione Europea assume una caratura più importante, dove i Commissari all’industria, al Commercio internazionale, alla ricerca diventano figure decisive se competenti e in grado di far valere una leadership. Aspettiamo con preoccupazione.

 

Andrea Moltrasio

* Andrea Moltrasio, Industriale, già presidente di Confindustria Bergamo e del Consiglio di Sorveglianza di Ubi Banca

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI