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La situazione

Maltempo, api ridotte alla fame e apicoltori in difficoltà: “Mai vista un’annata così disastrosa”

A causa delle consistenti piogge gli allevatori bergamaschi sono stati costretti a spendere ingenti somme per salvare intere famiglie. Loffreda (Coldiretti): "Produzione di miele ridotta notevolmente"

Chi lavora nel settore assicura che un’annata così drammatica non si è mai vista negli ultimi quarant’anni. Una situazione estremamente critica denunciata da ormai diverse settimane dagli apicoltori: il maltempo che ha caratterizzato la primavera e l’inizio dell’estate nella Bergamasca ha ridotto le api alla fame e ha costretto gli allevatori a spendere ingenti somme per nutrirle con alimentazioni di emergenza.

Le copiose piogge che hanno interessato tutta la Lombardia negli ultimi mesi non hanno causato solo frane e problemi alla viabilità ma stanno influenzando pesantemente anche la vita e l’attività degli allevatori di api in provincia di Bergamo: secondo le ultime stime di Coldiretti Bergamo (su dati Bdn) il comparto apistico nel nostro territorio è composto da circa 1.450 apicoltori (23% nomadi e 76% stanziali), 1.200 dei quali producono miele per autoconsumo e 250 per la vendita; nella Bergamasca sono presenti complessivamente 3.200 apiari con 20.615 alveari.

“Sono un apicoltore di professione da più di quarant’anni e non ho mai visto un’annata così disastrosa – racconta Irvano Fortini, titolare dell’Apicoltura Fortini -. Gli ultimi due mesi sono stati drammatici, senza il nostro intervento le api sarebbero già morte di fame. In questi giorni è iniziata la stagione della montagna e stiamo portando le nostre api in quota per le fioriture del castagno, del tiglio e del rododendro”.

L’azienda di Fortini gestisce più di 1.000 alveari in provincia di Bergamo. Da settembre fino a metà aprile il titolare e i quattro dipendenti mantengono le api in pianura, sfruttando la fioritura del tarassaco: nella bella stagione, a partire dalla fioritura dell’acacia, inizia il nomadismo, con lo spostamento verso le aree montana, in particolare in Val Brembana e in Valle Imagna.

Anche il 2023 non era stato un anno felice per il settore, sempre per motivazioni legate al cambiamento climatico: ai primi mesi di siccità erano soprassedute inondazioni che avevano portato alla perdita dell’80% della produzione del miele di acacia, come riportato dall’Osservatorio Nazionale Miele.

“C’è molta preoccupazione per un intero settore che, con il clima piovoso e freddo di questa primavera, ha visto le api non uscire e gli apicoltori intervenire con alimentazioni di soccorso per tenerle in vita – dichiara Carlo Loffreda, direttore Coldiretti Bergamo -. Oltre a dover spendere soldi per nutrirle, gli insetti chiusi negli alveari non producono miele, riducendo notevolmente le produzioni delle diverse varietà. Da ormai diverse annate stiamo registrando grandi problemi e come associazione stiamo ricercando gli strumenti adatti per essere d’aiuto al settore in sinergia con le istituzioni territoriali”.

“Da sempre le piogge improvvise rovinano temporaneamente le fioriture: il problema di questa stagione è il continuo susseguirsi delle precipitazioni. Dal 15 aprile e fino a pochi giorni fa le api non sono mai riuscite ad uscire a raccogliere – ribadisce Fortini -. Abbiamo perso più del 90% della produzione primaverile di acacia, che solitamente rappresenta il nostro raccolto principale: ci sono rimaste solamente le briciole”.

 

Irvano Fortini apicoltore
Irvano Fortini

 

Quest’anno gli apicoltori – dopo aver esaurito le scorte di cibo presenti negli alveari – hanno dovuto spendere ingenti somme di denaro per mantenere le api in vita, acquistando prodotti appositi a base di fruttosio che hanno salvato intere famiglie. “Mio figlio lavora con me da ormai dieci anni ormai e non ha ancora visto un’annata decente – conclude l’apicoltore -. Il cambiamento climatico in atto non permette più la produzione di una volta: mi capita di chiedermi se portare avanti un’attività come la nostra sia ancora possibile”.

Come denuncia un’analisi di Coldiretti Lombardia su dati Istat, la situazione favorisce le importazioni di miele straniero, che in Italia sono aumentate del 23% solamente nel 2024. Tra gennaio e febbraio sono arrivati quasi 4,8 milioni di chilogrammi di prodotto straniero – spesso di qualità scadente e a basso prezzo -, che esercita una pressione al ribasso sulle quotazioni di quello italiano mettendo in ulteriore difficoltà i produttori nazionali.

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