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Casirate d'adda

Maltratta e violenta la ex moglie: condannato a 11 anni dà in escandescenze in aula

Giancarlo Mastropasqua, 38 anni, era nella cella di sicurezza quando il giudice ha letto il dispositivo: lo hanno tenuto in 4 ma lui con un calcio ha spaccato una sedia

Casirate d’Adda. Ci sono voluti 4 agenti della polizia penitenziaria per cercare di contenerlo, mentre scalciava e cercava di divincolarsi dalla loro presa. Con una pedata ha scaraventato la sedia sulla quale si era accomodato, in attesa della sentenza contro il muro della cella di sicurezza, rompendo lo schienale.

A scatenare l’ira di Giancarlo Mastropasqua, 38 anni, accusato di maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale nei confronti della ex moglie, la condanna a 11 anni pronunciata dal presidente del collegio giudicante Patrizia Ingrascì. Che si va a sommare a quella di 8 anni emessa nei suoi confronti dal gup lo scorso 14 giugno per quattro rapine a mano armata alla sala slot Ca Rotonda di Brembate, al Green Bar di Treviglio e due alla sala slot Gold Cherry di Martinengo. In quel procedimento era imputata anche la ex moglie, estetista di 27 anni, vittima delle violenze.

Nel corso di tutte le udienze del processo che lo vede imputato come marito manesco, Mastropasqua ha sempre presenziato con fare posato, quasi serafico. Non si è scomposto nemmeno di fronte alla testimonianza e alle lacrime di lei, che raccontava di botte, pugni, soprusi, insulti, umiliazioni, violenze e minacce.

Ma quando il giudice ha letto il dispositivo con una condanna ancora più elevata rispetto a quella di 9 anni e 3 mesi chiesta dal pubblico ministero Paolo Mandurino, il 38enne non è riuscito a contenere la sua rabbia.

L’imputato è stato bloccato e riportato in carcere in via Gleno, la vittima è stata accompagnata fuori dall’aula da sua madre, spaventata da quella reazione che le ha ricordato il clima che era costretta a vivere in casa.

“Cerniera”, la chiamava lui, per via delle cicatrici che le segnavano il corpo in seguito ad un importante intervento chirurgico. Un anno di matrimonio che la donna aveva trascorso nel terrore di dire la cosa sbagliata, di urtarlo con comportamenti normalissimi ma che agli occhi di lui lei non doveva tenere, altrimenti erano botte.

Era arrivato, secondo il racconto della vittima, a legarla ad un albero in un luogo isolato e a pestarla a sangue, nonostante il suo stato di gravidanza. Era arrivato a violentarla, legandola al letto, minacciandola con un coltello e con una pistola. Lei aveva cercato di stare senza di lui, ma il loro era un rapporto fatto di allontanamenti e di riavvicinamenti, nessuno dei quali era però andato a buon fine. Lui faceva uso quotidiano di anabolizzanti, andava in palestra a praticare arti marziali miste, era una persona violenta e aggressiva, secondo la descrizione della 27enne.

Alla quale i giudici hanno creduto, infliggendo a Giancarlo Mastropasqua una pesante condanna. Le motivazioni, che solitamente arrivano dopo 30, 45 o 90 giorni in base al reato, sono state contestuali alla lettura del dispositivo.

 

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