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Le richieste

Omicidio Bonomelli, le difese: “Volevano rapinare, non uccidere. Non si aspettavano che morisse”

Gli avvocati di Matteo Gherardi e Omar Poretti hanno chiesto che l'imputazione venga riqualificata da omicidio volontario pluriaggravato a morte in conseguenza di altro reato

Entratico. “L’intenzione era quella di commettere una rapina usando il Rivotril, non era certo quella di uccidere”. È il giorno delle difese nell’aula della Corte d’Assise chiamata a giudicare Matteo Gherardi, suo padre Rodolfo, la sua compagna Jasmine Gervasoni e l’amico Omar Poretti. L’accusa mossa dalla procura è quella di omicidio volontario con dolo eventuale e rapina, reati aggravati dal nesso teleologico, ovvero aver ucciso per compiere la rapina, dalla somministrazione di sostanze venefiche e dai futili e abietti motivi.

I difensori contestano l’imputazione e chiedono di riqualificarla in morte in conseguenza di altro reato. L’avvocato Gianluca Quadri difende quello che è stato definito come “deus ex machina” rispetto ai fatti che hanno portato alla morte dell’imprenditore Angelo Bonomelli, 80 anni, abbandonato in auto dopo essere stato narcotizzato l’8 novembre 2022.

“Nessuno dei quattro imputati si aspettava il decesso del povero Bonomelli – dichiara il difensore -. Matteo aveva già usato il Rivotril per portare a termine altre rapine, sapeva quindi che l’anziano si sarebbe addormentato perché così era successo anche negli altri episodi. Ma non immaginava potesse morire”.

Secondo il consulente dell’accusa, nella tazzina di caffè che Omar Poretti, su indicazione di Gherardi, aveva portato all’imprenditore fuori dal bar Sintony di Entratico, era stato versato un intero boccettino di farmaco. Secondo l’avvocato Quadri e in base la versione offerta da Matteo, il complice ne avrebbe versate solo poche gocce. “Il mio assistito non ha acquistato il Rivotril apposta per commettere la rapina ma ne faceva un uso personale perché soffriva di crisi d’ansia. Quella confezione l’aveva comprata a settembre, due mesi prima, non era intera. E nella tasca del giubbotto di Poretti sono state trovate tracce di sostanza, il che significa che il contenitore non era vuoto”. Il difensore si è premurato di effettuare una prova empirica: “Il Rivotril è dotato di goccimetro, quindi non c’era il tempo materiale per svuotare l’intero boccettino nel caffè. Per far cadere 10 gocce servono circa 16 secondi, per versarne 750, ovvero l’intero contenuto, ce ne vogliono mille, all’incirca 20 minuti”.

Inoltre, secondo il legale, se effettivamente i quattro avessero voluto uccidere Bonomelli, lo avrebbero abbandonato in un campo o in un luogo isolato “non certo in un parcheggio accanto ad una strada trafficata. E lo avrebbero lasciato sul sedile del passeggero. Invece lo hanno spostato sul lato guida, prevedendo che quando l’imprenditore si fosse svegliato avrebbe così pensato di essere arrivato lì da solo. Gherardi non gli aveva preso il cellulare, cosa che ha invece fatto Poretti, perché così una volta ripresosi avrebbe potuto telefonare a casa ai suoi famigliari”.

Non sussiste nemmeno l’omissione di soccorso, in base al ragionamento dell’avvocato Quadri: “Il fatto che non abbiano allertato, nemmeno anonimamente, il 112 è indicativo del fatto che non pensavano potesse morire. Lo hanno lasciato che russava, sono tornati a controllare un paio d’ore più tardi e lo hanno trovato ancora addormentato, quindi non si sono allarmati. Solo la mattina dopo, quando i carabinieri sono andati a casa di Gherardi a chiedere notizie dell’80enne, dato che risultava scomparso, sono andati al parcheggio ed hanno scoperto che era morto. È in quel momento che hanno avuto la consapevolezza di quanto accaduto”.

“Certo, i quattro si sono approfittati della fiducia che Bonomelli riponeva in loro – prosegue Quadri -. Ma Matteo, che aveva il vizio del gioco, doveva ripagare un debito con uno strozzino che gli aveva prestato dei soldi. Aveva tentato già la mattina di rivendere una catenina ad un Compro oro, aveva provato a chiedere un prestito ad un conoscente e alla fine gli è venuto in mente di rapinare Bonomelli con la tecnica già sperimentata del Rivotril. È stata una decisione estemporanea, tanto più che Matteo aveva la prospettiva di continuare a frequentare l’imprenditore, dato che gli aveva promesso un lavoro a Villa Ortensie”.

Nel tratteggiare la condizione in cui Gherardi è cresciuto, con una madre affetta da patologia psichiatrica, con l’affidamento ai servizi sociali e periodi trascorsi in comunità, con il percorso al Cps “emerge un quadro di desolante emarginazione e difficoltà – conclude il difensore -. Matteo merita una pena equa, non la morte civile”.

Il pubblico ministero Chiara Monzio Compagnoni aveva chiesto 29 anni per Gherardi, 28 per Poretti e 24 per il padre e per la ragazza.

L’avvocato Luca Bosisio difende Omar Poretti e avanza subito un quesito: “Perché Gherardi ha chiamato Omar e non ha fatto tutto da solo come negli episodi precedenti? Perché Poretti era l’uomo di punta, al quale ha chiesto di versare il farmaco nel caffè. Gli serviva per portare Bonomelli incosciente al parcheggio, per mandarlo al Compro Oro a vendere l’orologio dell’imprenditore. Matteo doveva difendersi con Bonomelli e doveva riversare la colpa sull’amico. E questo ci fa capire che nessuno si aspettava la morte dell’80enne”.

Anche Poretti ha una storia difficile alle spalle: la madre è morta quando lui aveva solo 6 anni, poco dopo il padre è stato arrestato e condannato all’ergastolo per poi morire di Covid in carcere, “a 14 anni ha iniziato a drogarsi. Omar è un ragazzo semplice, che vive alla giornata”.

Per lui l’avvocato ha chiesto la riqualificazione del reato in morte in conseguenza di altro reato ed ha chiesto di escludere le aggravanti del nesso teleologico, i futili motivi e la recidiva “che farebbe aumentare la pena di un terzo creando in questo caso una grande sproporzione”.

Per quanto riguarda la parte civile l’avvocato Raffaella Sonzogni ha chiesto una provvisionale di 100mila euro e un risarcimento di 150mila euro per i due figli e per la moglie di Bonomelli, una provvisionale di 150mila euro e un risarcimento di 400mila euro per la figlia disabile dell’imprenditore.

Prossima udienza il 10 luglio.

 

omicidio bonomelli
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