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L'iniziativa

Quando un ambiente di vita positivo determina la conquista dell’autonomia

Il progetto della coop ‘Con-tatto e La bonne semence’ ha il contributo della Fondazione della Comunità Bergamasca. Il presidente Ranica: “Esempio di innovazione e sperimentazione”

“Il nostro progetto si rivolge a persone che vedono maggiormente compromessa la possibilità di ritornare a vivere nella società in piena autonomia. Sono segnate da uno stigma, perché hanno commesso reati, hanno una patologia psichiatrica, sono ricoverate in strutture residenziali ad hoc e per le quali è quasi impossibile pensare ad un rientro in famiglia”.

Giovanni Faggioli, direttore della cooperativa ‘Con-tatto e La bonne semence’(da quest’anno le due coop sono fuse) e referente del progetto ‘Fuori dalle strutture. De-istituzionalizzare fra benessere e complessità’, racconta la grande sfida posta da un gruppo. Perché, chiarisce, “i nostri non sono progetti di cura e di inclusione, ma progetti di comunità”. A cominciare dalla rete di soggetti che collaborano: la comunità psichiatrica, il CPS (Centro Psico-Sociale, un altro ente che conosce bene il paziente), il giudice (che decide sulla misura di sicurezza, cioè la sanzione penale che può essere irrogata a un soggetto riconosciuto incapace di intendere e di volere) e l’UEPE (Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna).

“Questa è un’iniziativa di rete molto solida, attraverso la quale cerchiamo di favorire il processo di dimissione dalla comunità, affinché i beneficiari del progetto possano trasferirsi in una fascia intermedia protetta, cioè nei nostri quattro appartamenti in cui abitano altrettante persone (una per monolocale o bilocale). Lì possiamo osservare cambiamenti, considerare l’autonomia del soggetto, creare le condizioni di sviluppo di competenze e abilità residue: tutti segnali che il giudice potrebbe valutare positivamente, fino a revocare la misura di sicurezza (accade quando viene meno il presupposto della sua applicazione, cioè la persona non è più considerata socialmente pericolosa, ndr)”. Attorno a questi appartamenti ruota un’équipe che collabora con il paziente, offrendo una presenza discreta, proponendo attività di gruppo una volta alla settimana.

Il passo successivo è “un housing più leggero, in un’ottica di un progetto più complessivo di inclusione sociale e di vita autonoma”.

 

progetto autonomia

 

Il percorso sperimentale, pensato inizialmente per due persone, oggi si rivolge a quattro. Tante le risorse in gioco: certamente la cura (attraverso CPS, psichiatra e assistente sociale), il lavoro – “anche nelle nostre cooperative o esternamente, se la persona ha autonomia e capacità”, spiega Faggioli – e, naturalmente, il controllo e il monitoraggio, “che mettiamo in atto noi, per tutelare la collettività e la persona. Nel momento in cui ravvisiamo segnali che ci insospettiscono, li comunichiamo immediatamente alle forze dell’ordine, con cui abbiamo un’ottima collaborazione. Potersi mettere alla prova in autonomia in un ambiente positivo può portare anche al recupero dei rapporti familiari, anche grazie alla mediazione dello psichiatra”, continua Faggioli.

‘Fuori dalle strutture’ si sviluppa in Valle Serina, che ospita una ventina di appartamenti dedicati.

 

progetto autonomia

 

Osvaldo Ranica, presidente della Fondazione della Comunità Bergamasca, dichiara: “Questo progetto è emblematico dello stile di una buona parte del terzo settore: l’innovazione, la disponibilità alla sperimentazione, la capacità di porsi obiettivi complessi. Qui i beneficiari sono tra gli ‘ultimi’, persone che forse si vorrebbe semplicemente relegare in una struttura, pensando che altre strade non siano praticabili. ‘Fuori dalle strutture’ dimostra, soprattutto, che un ambiente positivo può cambiare il percorso di vita di una persona”.

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