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Weekly market watch

Consigli per l’investitore: per ridurre i rischi diversificare il portafoglio anche in settori geografici

Ci sentiamo quindi di sostenere che la diversificazione geografica e settoriale del portafoglio, unita ad una gestione attiva, riducono fortemente il rischio specifico dell’investitore. Nonostante, come abbiamo visto, l’inflazione e la sua persistenza tendano ad essere globali

Settimana che ha visto i dati d’inflazione dell’Europa e di diversi paesi Europei mediamente più elevati rispetto alla media (soprattutto in Germania) e che hanno contribuito, insieme alle notizie poco rassicuranti provenienti dal mondo geopolitico, ad aumentare la volatilità dei mercati. Il FTSE MIB chiude sostanzialmente in pareggio, mentre l’indice dei titoli STAR lascia sul campo lo 0,2% e quelle delle small cap lo 0,5%. Settimana interlocutoria in attesa del meeting delle BCE (giovedì il 6 giugno) che dovrebbe vedere il primo taglio dei tassi.

Settimana che ha vosto che il Dow Jones Industrial Average scendere al minimo di quattro settimane, tra le preoccupazioni per l’inflazione persistente e le prospettive che i tassi di interesse possano rimanere elevati. Il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni americani è salito a poco meno del 4,64%, il massimo di quattro settimane. L’impennata dei rendimenti ha fatto seguito ad una domanda più debole del previsto per l’asta di titoli a 5 anni del Tesoro martedì scorso, che ha esacerbato le domande se l’inflazione scenderà abbastanza per i gusti della Fed.
In USA, le dinamiche push-pull tra un’economia forte e un’inflazione persistente, rimangono tutte. C’è l’idea che l’economia non sia abbastanza debole da portare l’inflazione su un percorso sostenibile verso l’obiettivo della Fed, ma allo stesso tempo non abbastanza forte da riaccendere significativamente l’inflazione.

Generico giugno 2024

I rendimenti obbligazionari e i prezzi delle azioni spesso si muovono in modo inverso l’uno rispetto all’altro. Ciò è in parte dovuto al fatto che tassi di interesse più elevati su obbligazioni praticamente prive di rischio riducono il premio che gli investitori possono aspettarsi da attività più rischiose come le azioni, rendendo meno attraente l’acquisto di queste ultime.
Diventa quindi importante cercare di definire la dinamica e soprattutto la persistenza dell’inflazione attuale.
A livello di titoli, notiamo come protagoniste della settimana siano state ancora le banche, anche se la miglior performance settimanale con il 6,6% spetta a Erg. Agli investitori continua a piacere il piano industriale, che ha l’obiettivo di raggiungere una capacità installata al 2026 di 4,5GW (con una proiezione al 2028 a 5GW), ovvero una crescita di 1,2GW nel triennio 2024/2026 di cui oltre il 50% garantita da progetti già finalizzati o in fase di costruzione. Secondo il management, questo target sarà perseguito con una strategia denominata “Value over Volume” ovvero attraverso obiettivi di ritorno sugli investimenti più sfidanti ma coerenti con le attuali condizioni di mercato.

Seguono poi quattro banche: Bper Banca (3,0%), Banca BPM (2,9%), Unipol (2,6%), Intesa San Paolo (2,5%). La discesa dei tassi di interesse, che dovrebbe tendenzialmente ridurre lo spread fra tassi attivi e passivi e per questa via il margine di interesse, è vista proseguire con molta lentezza. Motivo questo che, unito alla continua riduzione dei sosti di struttura, dovrebbe continuare a sostenere i risultati e quindi i dividendi.
Il titolo maggiormente negativo della settimana è Iveco (-4,4%). Gli investitori temono che lo stop di tre giorni dello stabilimento di Suzzara dovuto alla mancanza di componenti necessari per la produzione, possa estendersi anche ad altri siti produttivi con l’inevitabile contrazione di fatturato e margini reddituali.
Secondo peggior titolo Campari (-3,6%). A seguito dei risultati del 1Q24 comunicati alla metà di maggio, che hanno visto un aumento delle vendite organiche dello 0,2% e una crescita organica rettificata dell’EBIT diminuire del 2,3% (pur con un margine del 22,8%), gli investitori hanno cominciato ad alleggerire le posizioni sul titolo. Campari mantiene comunque le sue prospettive per l’anno in corso, prevedendo confronti più agevoli nel secondo semestre.
Negativa anche Tenaris, che lascia sul campo il 3%, nonostante l’acquisto di oltre 5,3 milioni di azioni proprie. La debolezza macroeconomica generale (sia negli Stati Uniti che in Europa) e il debole prezzo del petrolio, stanno penalizzando i titoli del settore.

Tornando a quanto dicevamo prima, diventa importante cercare di definire la dinamica e soprattutto la persistenza dell’inflazione attuale.

La fine dell’emergenza da Covid-19, ha visto l’inflazione aumentare quasi contemporaneamente nella maggior parte delle economie di tutto il mondo. Dopo aver raggiunto il picco a metà del 2022, l’inflazione è poi diminuita, un calo che è stato altrettanto universale quanto l’aumento iniziale. Perché questo aumento generalizzato dell’inflazione per esempio in tutti i paesi OCSE? E venendo agli ultimi mesi, quanto è resistente il recente aumento dei prezzi? L’obiettivo è quindi stimare la persistenza e la dinamica dell’inflazione tra i paesi nell’economia globale post-pandemia. E quindi cercare di determinare se poi la diversificazione di portafoglio riduca effettivamente il rischio.

L’analisi è stata svolta dalla Fed di New York, che ha preso i dati mensili sull’inflazione relativi al periodo 1980-2023 per sedici paesi OCSE e ne ha costruito una misura (seguendo la pratica OCSE), che ha chiamato globale, anche se si riferisce solo a un sottoinsieme di economie. Quello che balza subito all’occhio dall’analisi è che sebbene il livello di inflazione possa differire da paese a paese (ad esempio, tende ad essere inferiore in Giappone rispetto al Regno Unito), i movimenti ciclici sono spesso sincronizzati. In un mondo diventato sempre più globale, anche la dinamica dei prezzi tende quindi a traferirsi da un paese all’altro o da un’area geografica all’altra.
Per rispondere alla domanda di quanto sia persistente la recente inflazione, la Fed di NY ha applicato una metodologia che è stata utilizzata con successo anche per studiare la persistenza dell’inflazione tra settori della stessa economia. Dall’analisi emergono due caratteristiche. La prima è che le misure delle tendenze globali non mostrano alcune delle oscillazioni estreme che si notano nei tassi di dodici mesi (vedi, ad esempio, la Grande Recessione e i periodi di pandemia di COVID-19).

La seconda caratteristica è che le stime tendenziali spesso anticipano le misure dell’inflazione globale. Inoltre, la recente evoluzione (per la quale la tendenza si colloca comunque al di sotto del tasso di dodici mesi) suggerisce che vi è spazio per un’ulteriore disinflazione nel breve termine sia nelle misure principali che in quelle dell’IPC core. E questo è un risultato importante per i mercati e gli investitori, perchè significa che la Fed potrebbe avere quello spazio che cerca per ridurre i tassi.

La conclusione dell’analisi ci dice che l’impennata e la successiva moderazione dell’inflazione globale verificatesi all’indomani della pandemia di Covid-19 riflettono un mix di fattori nazionali e internazionali, mentre la persistenza dell’inflazione globale è di più ampia portata. Ciò suggerisce per esempio che sia i grandi movimenti del prezzo internazionale del petrolio e di altre materie prime, sia la politica interna e i fattori della domanda, hanno svolto un ruolo importante nel recente episodio inflazionistico.

Quanto alla diversificazione di portafoglio al fine di ridurre il rischio complessivo dell’investimento, sappiamo che questo è di due tipi: quello sistematico e non diversificabile (l’inflazione, una guerra, il Covid, etc) che grava comunque sull’investitore. E quello specifico e diversificabile attraverso una gestione attiva del portafoglio. Ci sentiamo quindi di sostenere che la diversificazione geografica e settoriale del portafoglio, unita ad una gestione attiva, riducono fortemente il rischio specifico dell’investitore. Nonostante, come abbiamo visto, l’inflazione e la sua persistenza tendano ad essere globali.

 

Antonio Tognoli testina
Antonio Tognoli

Ho iniziato a lavorare come analista finanziario nel 1983, occupandomi di economia e politica economica e nel frattempo mi sono laureato in scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Oggi mi occupo di analisi macroeconomica all’interno di Corporate Family Office – CFO SIM. Giornalista pubblicista, docente ai corsi post laurea de “24Ore Business School” e dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria – AIAF e co-autore del libro Analisi Finanziaria e Valutazione Aziendale, a cura di Franco Pedriali.

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