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Arzago d'adda

Nessun furto né maltrattamento all’anziana che accudiva: assolta badante di 72 anni

La donna era accusata di aver picchiato l'84enne per la quale lavorava e di aver fatto sparire circa 40mila euro, circostanze smentite da date ed estratti conto

Arzago d’Adda. Quando il giudice ha pronunciato la sentenza di assoluzione, è scoppiata in lacrime. Lei, che nella sua deposizione ha sottolineato che “nella cultura tunisina le persone anziane sono molto rispettate. Non avrei mai potuto fare del male alla signora Carla, né rubare i suoi soldi”.

Ad accusarla di maltrattamenti, furto, minacce e indebito utilizzo del bancomat, è la nipote dell’anziana che l’imputata, A.B.A., 72 anni, tunisina residente in alta Val Seriana, aveva accudito per 11 mesi tra il 2016 e il 2017. Secondo i parenti la badante si sarebbe appropriata di circa 40mila euro.

I nipoti dell’84enne, ora deceduta, avevano deciso di assumere una badante in quanto la zia era fragile, depressa, trascurata ed era caduta più volte nell’appartamento dove viveva da sola. Nel momento in cui l’imputata aveva iniziato a prendersene cura, la situazione era nettamente migliorata. “La signora era lucida, le piaceva andare in giro, uscire e spendere. Ogni mercoledì la accompagnavo al centro anziani a giocare a tombola, ogni giovedì al mercato, tutti i sabati dalla parrucchiera a fare la piega, andavamo alle feste del paese – ha raccontato la 72enne -. Insieme siamo andate in vacanza ad Ardesio, facevamo delle belle passeggiate, andavamo al fiume, al ristorante. La tenevo a braccetto e lei si aiutava con un bastone o con il deambulatore”.

Secondo i parenti la badante faceva assumere alla zia una dose eccessiva di Minias, un farmaco sedativo, ma l’imputata ha negato: “Era lei che lo voleva prendere anche fuori dall’orario indicato dal medico. Io non glielo davo, così a volte discutevamo”.

Il contratto della badante prevedeva la presenza 54 ore settimanali “ma io facevo 24 ore su 24. Potevo riposare due ore al giorno e poi staccavo il sabato alle 13 e riprendevo la domenica alle 20. Spesso però la signora Carla mi permetteva di rientrare anche il lunedì mattina. A volte se serviva mi fermavo anche il fine settimana e percepivo 250 euro in più. Prendevo 965 euro in busta e 1250 euro in nero, in contanti”.

Secondo i racconti dell’imputata l’anziana era molto attenta ai soldi: “Quando facevo la spesa o veniva con me oppure mi preparava la lista e mi dava il bancomat. Al mio ritorno controllava tutto, sistemava i prodotti sul tavolo e con una lente di ingrandimento faceva passare lo scontrino. Lo stesso con gli estratti conto”.

Il nipote aveva fatto preparare un bancomat per la zia con un tetto massimo di 500 euro mensili necessari per fare la spesa, ma l’anziana non voleva essere controllata. Così si è fatta accompagnare in banca dalla badante, si è fatta tagliare la carta dall’impiegato e se ne è fatta preparare una nuova. Ed ha anche sbloccato una polizza da 50mila euro perché i soldi sul conto erano finiti: “Aveva comprato una tv, la lavatrice, la poltrona elettrica ed è perfino andata in Comune per acquistare un loculo”, ha raccontato l’imputata.

Il rapporto di lavoro è cessato il 19 giugno 2017: “Ero stata in malattia dal 3 al 18 giugno perché avevo un braccio steccato. Sono rientrata il 19 e lei mi ha cacciata. In quelle due settimane aveva chiamato un’altra donna e mi ha detto che si trovava bene con lei e che non mi voleva più. Ma lo ha fatto perché mi aveva chiesto se poteva pagarmi tutto in nero e io le avevo detto di no. Così le ho chiesto una lettera di licenziamento e lei l’ha scritta di suo pugno”.

È stato il pubblico ministero a chiedere per primo l’assoluzione per tutti i capi d’accusa: insufficienza di prove. L’avvocato Miriam Asperti si è associata: “Nessuno ha assistito ai presunti maltrattamenti, nessuno ha mai visto lividi o ematomi. Il medico curante ha smentito il fatto che la badante chiedesse con maggiore frequenza prescrizioni per il Minias ed ha definito l’anziana lucidissima. La signora Carla aveva un carattere particolare, come hanno raccontato anche i nipoti. Non è vero che la mia assistita non voleva che i parenti andassero a trovarla, sono loro che non ci andavano e non è vero nemmeno che non gliela passavano al telefono, erano loro che non la chiamavano. Prima e dopo la mia assistita, sono tante le badanti che si sono occupate dell’anziana: aveva problemi con tutti, incolpava tutti. Trovo che le accuse di furto siano state fatte in malafede, anche perché la nipote era l’erede universale della signora. Forse voleva rimpinguare il suo patrimonio?”.

Date alla mano, l’avvocato ha smontato le circostanze dell’esposto fatto dalla nipote.

Il giudice ha assolto la 72enne da tutti i capi di accusa.

 

Processo tribunale udienza sentenza
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