• Abbonati
Ballando di architettura

Ho visto le nuvole da entrambi i lati

È uscito il nuovo disco di Martha J. & Francesco Chebat, in omaggio a Joni Mitchell

Tra i poeti della controcultura americana dei sixties, Joni Mitchell è forse l’unica a potersi contendere il titolo dei pesi massimi, insieme a Bob Dylan. Ma non solo, anche a livello musicale, il suo vocabolario è sterminato: dal folk al country, dal pop al rock, dalle accordature alternative agli strumenti appalachiani, dal jazz canonico alla fusion. Nessuno come lei è in grado di far convivere eleganza e immediatezza, in un perfetto connubio di nudità del suono e dell’anima.

“La più importante e influente cantautrice di fine Novecento”, parola di AllMusic, bibbia di ogni appassionato di musica.
Eppure, nonostante la fama, gli undici Grammy e l’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame, pochi si ricordano dei suoi album successivi a Blue, testamento hippie del 1971. Tra questi ci sono Martha J. & Francesco Chebat, due talenti affermati a livello nazionale e internazionale, i quali hanno da poco realizzato “Amelia”, loro personalissimo tributo alla cantautrice, poetessa e pittrice canadese.

Come nasce il vostro connubio artistico?

Ci siamo conosciuti nel 2003, grazie a collaborazioni dal vivo: ci esibivamo insieme in vari club e festival, con un repertorio di standard jazz. Suonavamo tantissimo, così ci siamo fatti le ossa ed abbiamo sviluppato un buon affiatamento.

Parlatemi della vostra produzione discografica.

Nel 2008 abbiamo registrato i nostri primi due album pescando da brani che già suonavamo dal vivo. Il primo si intitola “That’s It!”, in quartetto con Roberto Piccolo al contrabbasso e Stefano Bertoli alla batteria. Il secondo, registrato nella stessa sessione, in duo piano e voce, si intitola “No One But You”. In seguito abbiamo esplorato il jazz elettrico con l’album dei “The Soul Mutation”, insieme a Francesco Marzetti alla batteria, a cui hanno fatto seguito altri due dischi, uno dei quali con brani originali. Nel 2021 abbiamo pubblicato il primo lavoro a nome “Martha J. & Chebat Quartet”, insieme a Roberto Piccolo al contrabbasso e Gionata Giardina alla batteria, nel quale abbiamo riletto in chiave jazz alcuni brani dei Beatles.

Generico maggio 2024

Perché Joni Mitchell?

[Risponde Martha:] Joni Mitchell, come i Beatles, ha fatto parte della mia formazione musicale. Quando ero una teen-ager impazzivo per i Beatles. Appena un paio di anni dopo, ho scoperto la musica di Joni ed è scattata la stessa mania: pomeriggi passati a cantare e suonare le sue canzoni. È stata la mia porta d’ingresso al jazz, soprattutto grazie alle sue collaborazioni con Shorter, Pastorius, Mingus, Brecker, Metheny ed Hancock.

Come avete scelto le canzoni che sarebbero finite su “Amelia”?

Abbiamo attinto dagli album che Joni ha realizzato dal 1972 al 1982. Questi lavori vengono spesso trascurati in favore dei suoi primi album. I dischi successivi hanno virato verso un genere che potrebbe essere avvicinato al jazz-rock di quegli anni, mostrando un lato più terreno e allontanandosi dall’immaginario bucolico dei suoi precedenti lavori.

Avete pensato di rivisitare qualche pezzo della prima produzione di Joni?

Avevamo già registrato alcuni suoi classici in precedenza: “Both Sides Now”, “Chelsea Morning”, “Woodstock”, “Big Yellow Taxi” e “Let the Wind Carry Me”. L’esperienza ci ha insegnato che certi brani iconici sono molto difficili da riarrangiare, perché gli originali sono talmente perfetti che il risultato dell’intervento risulta spesso insoddisfacente: ormai nella nostra testa quelle canzoni sono fatte così e basta. Affrontando brani meno conosciuti ma ugualmente di valore, ci si può allontanare dall’originale, dimenticarsi l’arrangiamento e lavorare su uno scheletro musicale fatto di sola melodia e accordi. In questo modo è possibile inserire il proprio stile e la propria visione del brano, così come avviene con gli standard jazz.

Generico maggio 2024

Quale approccio avete utilizzato in fase di arrangiamento e di registrazione?

[Risponde Francesco]: Siamo partiti da un semplice spartito, abbiamo suonato ogni singolo brano in duo, piano e voce, esplorando varie possibilità, finché non abbiamo trovato quella che ci convinceva, anche in funzione dei musicisti che li avrebbero suonati con noi, ossia Giulio Corini (contrabbasso) e Maxx Furian (batteria) entrambi strumentisti di spessore, con collaborazioni in tutto il mondo e curriculum di grande caratura. La loro personalità emerge da ogni traccia dell’album. I due giorni di registrazione a Mantova, al Digitube Studio di Carlo Cantini, sono stati particolarmente sereni, la musica è fluita in maniera spontanea, in un clima di coesione che ha donato un ottimo feeling all’album.

Che rapporto avete con la vostra precedente produzione musicale?

Ogni album rappresenta per noi la fotografia di quello che siamo nel momento in cui lo registriamo. È chiaro che da un disco all’altro c’è sempre un’evoluzione, che rappresenta, da un lato, la mutazione del nostro approccio alla musica e dei nostri interessi musicali e, dall’altro, semplicemente un percorso di vita. Abbiamo la tendenza naturale a guardare avanti e a cercare nuove idee per lavori futuri. E come succede sempre, pensiamo che l’ultimo disco sia il migliore che abbiamo realizzato (ride).

Il vostro primo album è del 2008: com’è cambiata la scena musicale negli ultimi anni?

Molti locali storici non ci sono più, si suona di meno e i cachet non si sono aggiornati. Dall’altra parte il livello dei giovani musicisti è superiore, anche grazie all’apertura dei conservatori al jazz. Per quanto riguarda la musica registrata, negli ultimi quindici anni sono stati fatti passi da gigante dal punto di vista tecnologico: ora è possibile realizzare praticamente in casa produzioni anche di altissimo livello, con investimenti tutto sommato contenuti. Noi registriamo ancora in studio come si faceva una volta, tutti simultaneamente, per avere il massimo dell’interplay, ma ci appoggiamo al digitale in fase di pubblicazione. I musicisti indipendenti come noi oggi, infatti, hanno a disposizione delle piattaforme che consentono, seppur parzialmente, di sostenere la loro attività: ci riferiamo in particolare a bandcamp, dove si possono acquistare gli album direttamente dall’artista. Qui si trova anche “Amelia” alla pagina ‘marthajandchebat.bandcamp.com’.

Come sta andando la promozione del disco?

Siamo molto soddisfatti delle ottime recensioni e dell’attenzione dei media nazionali e stranieri. Il 29 giugno avremo il piacere di suonare dal vivo in diretta alla trasmissione “Piazza Verdi” di Rai Radio 3. Per gli amici di Bergamo, segnaliamo il concerto del 27 luglio al festival “Estate In” di Cene, col quartetto al completo. Altri concerti sono in via di definizione e verranno comunicati sui nostri social.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI