Bergamo. La sua versione dei fatti non ha convinto il giudice, ma questa è una storia che va al di là di un ordinario processo per detenzione di droga ai fini di spaccio. È la storia di un campione, Emanuele Zenucchi, il cui presente non sembra brillare quanto il suo passato; quanto le medaglie d’oro che ha collezionato negli anni, facendo ciò che nella vita gli riusciva meglio: correre (nel suo invidiabile palmares figurano 41 vittorie, 30 secondi posti e 16 terzi posti su un totale di 131 maratone).
“Alcune di quelle medaglie le ho vendute”, ha rivelato martedì 15 maggio lo sportivo, comparso in tribunale a Bergamo. Le avrebbe vendute ricavandoci più o meno “420 euro”, dice lui.
Zenucchi, 53 anni, residente a Peia in Valle Seriana, ha parlato delle sue difficoltà, soprattutto economiche. Non avrebbe un lavoro stabile ormai dal ’94. “Faccio il personal trainer, ma ho pochi clienti. E sono presidente di un’associazione sportiva. Mi danno qualcosa, ma sono cifre irrisorie”. Quanto? “Qualche centinaio di euro”, risponde incalzato dal giudice Alberto Longobardi.
Gli agenti della Squadra Mobile lo hanno pizzicato lunedì sera in viale Trieste ad Azzano San Paolo, in una zona attenzionata perché considerata punto di spaccio. Nella sua Panda hanno trovato 10 grammi di eroina e tre e mezzo di cocaina, contanti per 220 euro e un bilancino di precisione. A casa, invece, le perquisizioni hanno dato esito negativo.
La droga? “Ne faccio uso solo quando mi sento giù di morale. Questa era per uso personale, ce l’avevo già in auto”, ha detto Zenucchi, processato per direttissima e difeso dall’avvocato Stefano Paganelli. Il 53enne, dunque, ha negato ogni addebito per spaccio. “Al massimo – ha specificato – la droga la regalo a qualche amico”.
Ma cosa ci faceva proprio lì, in un punto tenuto d’occhio dalle forze dell’ordine perché frequentato dai pusher? “Sono rimasto a piedi con l’auto in panne, poi sono andato a Orio da un meccanico a cambiare la batteria. Ho ancora lo scontrino”.
Il giudice, dopo essersi ritirato, ha convalidato l’arresto e disposto la misura cautelare richiesta dal pm, ovvero l’obbligo di presentazione quotidiana ai carabinieri di Gandino (competenti per territorio, ndr). A quanto pare, la ricostruzione dell’imputato non è parsa credibile e allo stato sembrano esserci elementi sufficienti a comprovare l’ipotesi accusatoria, ovvero la detenzione di droga ai fini di spaccio.
Si torna in aula il 12 luglio. Forse l’occasione per ricominciare da capo. E correre di nuovo, verso ben altri traguardi.
commenta