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Lunedì

Caso Yara, i legali di Bossetti dopo aver visto i reperti: “Altre 23 provette che si potrebbero analizzare” fotogallery video

Claudio Salvagni e Paolo Camporini, avvocati del carpentiere di Mapello condannato in via definitiva all'ergastolo hanno ottenuto ciò che volevano: vedere il materiale dell'indagine sull'omicidio della 13enne di Brembate Sopra

Bergamo. “Oltre alle 54 provette con dentro il Dna di “ignoto 1″, c’erano anche 23 ulteriori provette di diluizione che potrebbero essere analizzate”. Sono le parole di Claudio Salvagni e Paolo Camporini, avvocati di Massimo Bossetti, l’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, dopo aver ottenuto ciò che volevano: vedere i reperti dell’indagine sull’omicidio della 13enne di Brembate Sopra, scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata morta il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola.

Lunedì (13 maggio) alle 15 il pool difensivo del carpentiere di Mapello ha raggiunto il tribunale di Bergamo dove ha potuto visionare per la prima volta il materiale davanti alla Corte d’Assise di Bergamo presieduta dalla giudice Donatella Nava, in un’udienza a porte chiuse a cui il condannato – oggi 53enne – ha partecipato in video-collegamento dal carcere a Bollate. Presenti anche la pm titolare dell’inchiesta, Letizia Ruggeri, e la procuratrice facente funzioni Maria Cristina Rota, oltre ai legali della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta (che però ha lasciato dopo pochi minuti per un impegno elettorale).

L’autorizzazione a procedere in tal senso era arrivata il 27 novembre 2019 ma a questa è seguita una lunga battaglia in Cassazione, conclusasi lo scorso febbraio con il via libera alla visione che sarebbe finalizzata a individuare elementi nuovi che possano portare a una possibile richiesta di revisione. All’epoca dai leggins e dagli slip della ragazzina era stato estratto del Dna, da cui era poi stata individuata l’impronta genetica denominata ‘Ignoto 1′.

“Bisogna distinguere tra reperti e campioni – spiega l’avvocato Camporini -. Per quanto riguarda i reperti, lo stato di conservazione è quello che ci aspettavamo, che consentirà ai nostri consulenti, se gli sarà permesso, di effettuare gli accertamenti che ritengono. Per quanto riguarda i campioni, abbiamo constatato invece di persona quello che già temevamo, ossia che sono stati conservati a temperatura ambiente e quindi probabilmente si sono deteriorati, ma questo poi lo verificheremo”. Camporini aggiungere che erano “nel polistirolo, con l’apparecchio di plastica del ghiaccio che serve appunto per mantenere il gelo, ormai liquefatto”.

Gli fa eco il collega Salvagni, che segue Bossetti fin da poche settimane dopo il suo arresto, il 16 giugno 2014: “Oltre alle 54 provette, quelle con dentro il Dna di “ignoto 1″, c’erano anche 23 ulteriori provette di diluizione più o meno di tutti i campioni. Questo significa che la concentrazione era elevata tanto è vero che sono state fatte delle diluizioni. Si tratta di un elemento molto interessante, che c’erano ulteriori 23 provette di diluizione, quindi sempre di quel materiale biologico, che però a causa della conservazione a temperatura ambiente ci sarà da verificare che cosa ci potranno dire”.

 

Bocche cucite da parte della procura, mentre l’avvocato Pelillo ha espresso la posizione della famiglia della giovane vittima: “Fortunatamente la famiglia, forse anche come forma di difesa, si è sempre tenuta alla larga da tutte queste questioni e continua a farlo anche oggi”.

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