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L'intervista

Giorgio Gori e i suoi dieci anni da sindaco della città: “In Europa porto il modello della mia Bergamo”

Una tavola rotonda con il direttore e con la redazione di Bergamonews per raccontare i due mandati di governo del territorio, in attesa della sfida per Bruxelles

Bergamo. C’è l’idea che genera il sogno, ma anche la concretezza che produce il fare. C’è il particolare e c’è la minuteria, ma c’è anche la visione che fa il complessivo. E poi c’è il metodo, il suo, una firma visibile ovunque. C’è che questi dieci anni di governo del territorio, due mandati a fila, non li aveva mai fatti nessuno. E ora che manca meno di un mese dal termine, è tempo di tirare la riga, è tempo di bilanci. Giorgio Gori, primo cittadino di Bergamo, è arrivato al traguardo, consegnando a chi arriverà dopo di lui le chiavi delle città.

L’ha presa per mano nel 2014 e ora la lascia andare, nella consapevolezza, come ci racconta, di aver fatto tutto che aveva in mente di fare. La campanella è suonata. E’ partito, questa volta per davvero, l’ultimo giro di corsa, quello che lo vede lanciato, nello sprint finale, verso il traguardo con in mano il testimone. E non è certo un ultimo miglio in cui né lui né la sua Giunta, a cui riconosce molti meriti, se la sono presa comoda.

Niente passeggiate in scioltezza, ma correre, fino alla fine. Del resto il mantra è sempre stato quello di “lavorare fino all’ultimo giorno”. Lui per primo dà l’esempio. Lo si vede impegnato nel pomeriggio ad inaugurare un campo da calcio riqualificato, che il quartiere aspetta da tempo, con tanto di maglia che porta il suo nome, poco dopo impegnato a parlare d’Europa ad un convegno del suo partito, il Pd, e, a fine giornata, mangiare un pezzo di pizza in un bar della periferia milanese di ritorno da un appuntamento elettorale. Perché da Bergamo all’Europa, adesso, è un attimo. La sua storia politica è comunicata dentro le mura, le stesse che oggi aprono un ponte, in direzione Bruxelles.

Bergamo-Europa, andata-ritorno. Questo l’obiettivo di Gori, candidato per il Collegio Nord Ovest. Un desiderio politico cresciuto e maturato grazie all’esperienza di Palazzo Frizzoni, con i primi passi mossi proprio dopo aver scelto di abbandonare la carriera di manager per intraprendere un’avventura nuova, tornando anche alla sua antica passione, quella che aveva fin da quando era ragazzo, quando frequentava il liceo Sarpi, come racconta nel suo libro “Riscatto”.

E proprio dall’ufficio che affaccia su piazza Matteotti, dalla finestra dalla quale ha tenuto tutto sotto controllo mentre il centro piacentiniano veniva completamente rimesso a nuovo, ha maturato la consapevolezza che quanto di buono imparato nelle vesti di sindaco gli sarebbe tornato utile in una sfida con un orizzonte più ampio, quella oltralpe. Portando con sé i valori che hanno guidato il pensiero e il fare, la capacità di mettere in fila i progetti da portare avanti e facendolo con il coraggio e l’ambizione di chi non s’accontenta mai,  con l’audacia di chi vuole volare alto, accarezzando il sogno di portare Bergamo nel mondo.

La Capitale della Cultura, la spinta del turismo, la massimizzazione del concetto di cultura e la volontà di interpretare la città anche e soprattutto come polo delle arti, le relazioni con il territorio, le alleanze e i rapporti di partenariato con le grandi istituzioni cittadine, gli interventi di riqualificazione, le operazioni finanziarie come la vendita dello stadio, ma anche l’innovazione nel commercio, lo svecchiamento della macchina comunale e molto altro ancora, hanno consentito alla città di vivere la tensione, lo slancio che l’hanno portata ad essere quella che è oggi. Hanno alzato l’asticella, facendola respirare, a pieni polmoni, aria d’Europa.

“Un sindaco per l’Europa”, dunque, con Bergamo nel cuore e l’Europa nella mente.

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